Cattolica, che vegetava in casa di un compagno. Non sapendo come ammazzare il tempo, me la prendevo con gli autori latini e greci, sui quali I pedagoghi ci facevano fare gli esercizi di grammatica e di sintassi, traducendo poche pagine In un anno. Traducevo da me. Ma quelle traduzioni, senza nessuna guida, non erano porte dischiuse verso l'antica civiltà. Virgilio ed Omero erano vissuti molti secoli prima di me, per scrivere libri, sui quali lo poi avrei dovuto fare gli esercizi di traduzione. Essi mi sfidavano col loro indovinelli. Io accettavo la sfida, e vincevo. Tutto finiva Il. Vivere su Indovinelli non è vita allegra. In una cesta di libri religiosi, proprietà dello zio prete, scoprii sei volumi della Bibbia In latino. Ne sono ben contento. In quel latino che presentava pochi indovinelli, non vidi nulla di quello che erano state la civiltà ebraica e la protocristlana. Ma i salmi, le lamentazioni, le profezie, il Vange:lo, con la loro potenza morale e bellezza poetica, dettero al mio pensiero un grande graffio che rimase, e mi aiutarono poi, molto, a suo tempo, negli studi di ~orla medioevale. Nè mi duole di avere macinato, anche, n'()lllso quanti volumi di dissertazioni sulla Sacra Bibbia - ml pare fossero trentadue - dovuti a non ricordo più chi. Da essi imparai, Ira l'altro, che Adamo ed Eva, nel paradiso terrestre, parlavano col Padreterno e fra loro, non in ebraico, nè in greco, ma in latino, e che Giosuè per portare a buon termine la disfatta dei filistei fermò davvero il sole. ' Durante i tre anni del liceo, cominciarono a circolare sotto maoo romanzi francesi tradotti In Italiano. Il professore di storia ci spiegava le cause e gli effetti, ma Alessandro Dumas, col Tre Moschettieri, Venti anni dopo e il Vi8Conte ài Bragel=ne ci faceva vivere nell'intimità di Rlchelieu e Mazarino, e alla corte di Luigi XIV. Poi venne il Conte ài Montecristo.. Poi I Misteri di Parigi e L'Ebreo Errante di Eugenio Sue. Altro che Manzoni, altro che i trecentisti e I clnquecentl:stl ! Lo stesso Dante con Farinata dalla cintola in su e con la bocca sollevò dal fiero pasto, sfigurava .. L'Ebreo errante lo lessi in condizioni che nessuno sospetterebbe. Ecco come andarono le cose. Dovevamo fare ogni anno, n fine quaresima, gli esercizi spirituali, che si conchiudevano con la confessione e la comunione. Io non avrei mal pensato a AGOSTO, 1958 scansare quei doveri. Ma ecco che, proprio mentre cominciavo gli esercizi, uno dei compagni che provvedevano al pane del mio spirito, mi offri L'Ebreo Ernrnte, avvertendomi onestamente che era un libro proibito, perchè diceva male del gesuiti. Proibito o lecito, gesuiti o non gesuiti, lo avevo fame disperata di libri, e specialmente di romanzi francesi. Decisi di leggere, pur commettendo peccato. Ma dovevo condurre a termine il peccato prima che finissero gli e'3erclzl spirituali, per poterlo confessare dopo averlo commesso intero. Tutte le ore libere, giorno e notte, le dedicai all'Ebreo E,·rante. Erano decine di piccoli volumi, in caratteri microscopici. Dovevano essere stati stampati per circolare clandestini prima del 1860, e dopo trent'anni di migrazioni erano arrivati fino a me nel 1888. I miei occhi sopravvissero a quella spietata prova. E potei conlerssarmi, essere assolto da un prete di buon senso, e comunicarmi, dopo aver imparato la swrla della campagna di Russia e presi In odio I gesuiti. Anni dopo, a Firenze, quando lessi Guerra e pace di Tolstoi, Eugenio Sue decadde assai nella mia estimazione. Ma flnchè l'ebreo errante di Eugenio Sue doveva concorrere con l'ebreo di Verona del Padre Bresciani, mi pare che meritassi le circostanze attenuanti se ammiravo il primo. Lessi in qu<lgli anni, sempre per la generosità dei compagni - chè non avevo denaro per acquistare i libri da me - moltissimi romanzi di Jules Verne. E ringrazio la mia fortuna <per quelle letture. I protagonisti di quei racconti avventurosi si trovavano sempre abbandonati colle so~ forze della loro intelligenza e del loro carattere contro una natura misteriosa e minacciosa; ma non si scoraggiavano mai, la a!!rontavano e la vincevano sempre. Jules Yerne fu maestro di buona educazione morale a me e a molti della mia generazione. La generazione, che succedette alla mia, lesse invece Salgari, cioè storie di oorsari che vanno in cerca di ricchezze, senza direzioni morali, col pugnale fra i denti. Jules Verne, 1880-1900; Salgari, 1900-1920. Quel nomi e quelle date spiegano molti avvenlmenti italiani. (continua) 13
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