Controcorrente - anno XIV - n. 6 - mag.-giu. 1958

inciso sulla cultura contemporanea questa formidabile tempra di maestro e di suscitatore di energie. Oggi, possiamo ricoroare soltanto, con commozione profonda, la grande lezione che tutti abbiamo ricevuto da Gaetano Salvemini, per poco che abbiamo potuto accostarci alla sua cattedra, e che tutti conserveremo sino a che ci duri la vita. Non tanto e non solo una lezione di metodo: a.nche se nessuno di noi scorderà più il suo virile richiamo alla concretezza dei fatti o l'inimitabile vivacità delle sue polemiche contro la retorica,, i luoghi comuni, le grosse parole generiche che sembrano dire tutto e non vogliono dir nulla: anche se qualcosa del suo implacabile humour o del suo amor di ricerca, per cui sino agli ultimi giorni sentiva il bisogno di ritornare sopra ai suoi propri lavori con incontentabile ed inesauribile spirito critico, ci resteranno a fianco, impedendoci di addormentarci su vanità soddisfatte e dogmatismi presuntuosi. Ma prima di tutto e sopratutto una lezione di vita, per cui abbiamo appreso che anche il nostro mestiere di storici non è un divertimento ozioso di eruditi, destinato a svolgersi entro una piccola cerchia di iniziati, ma è atto di vita morale e testimonianza di fede, resa in pubblico, rivolta al nostro prossimo ed in funzione del prossimo nostro. Il problema storico Salvemini non si affronta misurando la sua opera come quella di uno studioso qualsiasi: misurando, ad esempio, quanta parte dell'indagine erudita di Magnati e Popolani resista dopo ulteriori ricerche documentarie o quale materiale bibliografico indichino le note a piè di pagina di altri volumi. E non si affronta nemmeno rilevando puntualmente le successive influenze ideologiche, specie provenienti dalla sociologia contemporanea, che di volta in volta possano comparire nelle sue pagine: rinchiudere questa straordinaria figura di cercatore cosl pieno di umile inquietudine entro uno schema ideologico rigido sarebbe veramente rendere il peggiore servizio immaginabile alla memoria di Gaeta20 no Salvemini. Si affronta soltanto cercando di chiarire quello che fu il nocciolo essenziale della sua personalità in ogni momento e quindi anche nel momento della attività storiografica: la sua profonda fede morale. Gaetano Salvemini non è stato tanto un discepolo della scuola socialista o del pensiero del Cattaneo o della sociologia del Mosca e via discorrendo quanto un credente in un suo incrollabile credo interiore, che lo accompagnò in ogni fase della sua evoluzione intellettuale e della sua operosità politica e culturale. I ,primi giovanili entusiasmi per il verbo socialista poterono cedere ad una più critica riflessione: queste o quelle asserzioni poterono essere di volta in volta da lui rivedute e magari abbandonate: quel nucleo centrale di fede restò intatto ed immutabile. Di definire in spiegato discorso tale fede egli non si curò in alcuna opera particolare: e non se ne curò probabilmente, perchè la viveva con tale intensità e certezza interiore da non sentirla come problema. Nè tracciame il contorno in sede storica sarà certo facile assunto per il biografo e l'esegeta di domani: nessuno storico riuscirà mai a fermare sulla carta il senso palpitante 'della vita. Ma quella fede che sentivamo irradiare dalla sua persona, quando era vivente, le sue pagine continuano ad irradiare e continuera.nno anche in avvenire. E come nessuno di noi, che in qualche modo abbiamo potuto avvicinarlp, ha potuto restare indifferente a quella irradiazione, cosi anche coloro che dopo di noi leggeranno le sue pagine continueranno a sentirsene colpiti ed avvivati. I lavori degli eruditi invecchiano e praticamente si annullano col progredire degli studi ed il passare del tempo: gli schemi !degli ideologi si mummificano o cadono a pezzi con l'avanzare di nuovi interessi e l'aprirsi di nuovi orizzonti spirituali. Di là dalla tomba, lJ nostro indimenticabile professore continua a farci lezione. Wf , CONTROCORRENTE

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