~DNTBO~O /une 1958 CarloRosse/li
I FRANOI I CONTROCORRENTE in Boston è in vendita presso la Farmacia Mondello angolo Hanover e Richmond Streets, oppu~e all'ufficio di pubblicazione, 157 Milk Street. • QUESTO NUMERO completa la prima annata della nuova serie di CONTROCORRENTE. Riconosciamo che avremmo potuto fare di meglio. Nell'insieme crediamo il nostro lavoro non 15iastato del tutto inutile. E' nei nostri propositi migliorarci nel futuro. • CONTROCORRENTE, giova ripeterlo, è una pubblicazione volontaria. E' espressione di un gruppo di uomini che si è dedicato alla lotta in difesa della libertà per convinzione e non per tornaconto. Nessuno di coloro che sono interessati nella sua pubblicazione percepisce un soldo di rimunerazione. E' fatta nei ritagli di tempo. La rivista conta - come sempre - sulla cooperazione volontaria degli uomini liberi che credono la sua opera efficace. • UNA PROPOSTA PRATICA per assicurare la vita a CONTROCORRENTE è quella fatta da compagno Luigi Quintiliano. La spediamo con questo numero. I compagni realizzeranno subito che questa è probabilmente la via sicura per mantenere in vita la pubblicazione. Cl auguriamo che questa proposta ottenga il risultato che si ;propone - risolvere il problema finanziario. Tutto sommato la rivista richiede una somma comple.siva di $3,000 per un anno. Ogni esortazione è superflua. • LA MIGLIORE maniera per ,rendere sicura la vita a Controcorrente è quella di abbonarsi. Una pubblicazione come la IIIOStra per essere efficace ha bisogno di lettori assidui. Noi vogliamo migliorarci. Ciò sarà possibile se i ll!ostrl amici ci aiuteranno a risolvere questo importante problema. • AI NOSTRI COLLABORATORI è accordata la ;più ampia libertà. E' superfluo aggiungere che gli articoli firmati non vincolano il pensiero della redazione. • COLORO che inviano contribuzioni e desiderano che il loro nome non appaia nelle liste della sottoscrizione faranno bene a oomunicarcelo. • DA DIVERSE PARTI D'ITALIA ci sono giunte richieste di collezioni di Controcorrente. Si cercano articoli di Salvemini e su Salvemini. Siamo dolenti di non avere disponibili volumi completi. Occorrerà del tempo per completarne alcuni. Coloro che ci hanno scritto pazientino. I COMPAGNI che non vedessero registrate le loro contribuzioni correttamente sono pregati di ,notificarne l'amministrazione . • COPIE DI SAGGIO sono state spedite anche nel Sud America e in Italia. Non sappiamo se l'indirizzo è corretto. Coloro che ricevono faranno bene a dirci se dobbiamo continuare a spedire. Non ricevendo nessun cenno sospenderemo. • COLORO che ricevono la rivista e non la desiderano sono pregati di notificarcelo. Questa cortesia ci metterà In condizione di eliminare dalle liste nomi superflui. • LE NUOVE disposizioni postali ,permettono un limitato numero di COPIE DI SAGGIO. Presto dovremo sospendere l'invio a coloro che non avranno inviato l'abbona.mento. Chi desidera ricevere regolarmente la rivista provveda. • COMPAGNO, ricordati che la rivista. ha bisogno. La maniera pratica per aiutarci è quella di fare sottoscrizioni e nuovi abbonati. Dacci una mano. • Mandaci un nuovo abbonato oggi stesso. • NEL NOTIFICARE il cambiamento di indirizzo sarà bene menzionare anche il vecchio per facilitare la correztone nelle liste di spedizione. Aggiungere sempre il numero della zona postale. • LETIERE, articoli, vaglia postali, checks ed ogni altra comunicazione riguardante la rivista, deb-ono essere indirizzati a Controcorre11,te, 157 Milk Street, Boston 9, Mass. CON VERO RAMMARICO registriamo la scomparsa di alcuni vecchi militanti, comunicataci dopo l'uscita dell'ultimo numero. Le loro attività nell'opera di seminagione per realizzare un migliore ordine sociale, saranno ricordate per lungo tempo. Erano quasi ,tutti lettori e sostenitori della rivista. Volendo evitare ripetizioni In eulogle superflue ci limitiamo ,alla menzione del nome e della data In cui 11decesso è avvenuto . * LUIGI MAZZACANE, a City of Hope. California, il 4 Aprile 1958. * JOE BRIGANTI, a Clairton, Pa., il 2 Aprile 1958. * NICK CORRADO, a Steubenville, Ohio, il 13 Aprile 1958. * DAVIDE MORO, a Haverhill, Mass. il 19 Maggio 1958. * CARMELA DE CHELIS, vedova del compagll'O Ostazio De Chelis, a Westfield, N. J., il 22 Maggio 1958. * LUIGI VELLA, a Westfield, il 7 Giugno 1958. · In questa triste circostanza Controcorrente esprime alle famiglie degli scomparsi i più vivi sensi di cordoglio.
RIVISTA DI CRITICA E DI BATTAGLIA Fondata nel 1938 - Direttore, Aldino Fellcani Indirizzo: CONTROCORRENTE, 157 Mllk Street, Boston 9, Mass. CONTROCORRENlTsEpublisllcdbi-monthly.Mali address: 157 Milk St., BostDIIA. ldiro Ftlicanl, Editor and Publlshtr•. Offict of publidation 157 Milk Strttt, Boston9, Mass.Secood•classR\1.llprivilegesauthoriztdal Boston,Mass. Subsaiption$3 a year. Voi. 14 (New Series) No.6 BOSTON, MASS. May-June, 1958 Ricordandi oRosselli diGaetanSoalvemini La banda di fascisti francesi che assassinò Carlo Rosselli a Bagnoles de l'Orne, in Francia il 9 giugno 1937, non aveva nessuna ragione di volere la morte di un italiano la cui anima era tutta tesa verso l'Italia e che non prendeva nessuna parte nelle lotte politiche francesi. L'organizzazione cui gli assassini appartenevano preparava un colpo di stato in Francia. Mussolini le forniva i fondi e le armi. Il mercato fu: io vi dò il denaro e le armi, voi datemi l'uomo. Non appena l'assassinio fu conosciuto, tutti senza esitazione ne fecero risalire la responsabilità a Mussolini. A quella certezza morale si aggiunsero presto le prove materiali. Carlo Rosse11i era uno dei pochi capi che fossero sorti dalla generazione del dopoguerra. Aveva guadagnato la sua autorità nel carcere e nelle molteplici attività illegali. Il suo nome significava per centinaia di giovani in Italia, coraggio e intransigenza morale. La sua agiatezza gli consentiva di dedicare tutta la sua energia alla lotta politica, e con il suo patrimonio egli contribuiva largamente alle spese per il movimento antifascista. Mussolini, facendolo assassinare sperava che 11 settimanale "Giustizia e Libertà", fondato e diretto da Carlo, avrebbe cessato di uscire quando l'opera e i contributi di Carlo fossero venuti meno. Poteva sperare che tutto il movimento che si era sviluppato intorno a lui in Italia si sfasciasse e che la sua morte seminasse il terrore fra gli antifascisti fuori d'Italia. Ordinando l'assassinio di Carlo Rosse1li, Mussolini intendeva schiacciare l'uomo che nel 1925, nell'ora del suo trionfo, lo aveva sfidato in Firenze insieme con Ernesto Rossi, pubblicando il "Non Mollare"; - l'uomo che nel 1926, insieme con Ferruccio Parri, aveva condotto Filippo Turati a salvamento fuori d'Italia; - l'uomo che nel 1927, nel processo che ne segui a Savona, si era trasformato da accusato in accusatore e aveva strappato una condanna che era trionfo morale; - l'uomo che nel 1929, insieme con Emilio Lussu e Fausto Nitti, gli era sgusciato fra le dita da Lipari, in un'evasione che è passata alla storia insieme con
quella di Felice Orsini e di Pietro Kropotkine; - l'uomo che, appena arrivato a Parigi, aveva ripreso contro di lui la lotta senza quartiere, forte solamente della volontà propria indomabile e della solidarietà devota e fraterna di pochi amici; - l'uomo che nel 1930 aveva scoperto in Bassanesi un giovane capace di montare un areoplano e, con poche ore di esercizio, partire dalla Svizzera e rimanere per mezz'ora nel cielo di Milano seminando manifesti antifascisti e sfidando la tanto strombazzata efficienza dell'aviazione fascista; - l'uomo che spargeva fermenti di rivolta nella gioventù universitaria italiana e cosl demoliva l'illusione che la gioventù educata nel clima fascista gli fosse tutta fedele. In Carlo Rosselli, Mussolini volle sopprimere l'uomo che fin dai giorni più remoti era stato fra i primi e più tenaci a denunciare la gravità del pericolo fascista e la sua natura mostruosa, e che aveva previsto che una crisi cosl profonda non poteva non sboccare nella guerra. Nei suoi scritti settimanali in "Giustizia e Libertà" e in tutta la sua attività battagliera, Garlo Rosse1li affermava costantemente che la pace in Europa era una finzione e la guerra la realtà. Quella voce che preannunziava Ja guerra con lucida coscienza e ne fissava in precedenza la responsabilità con logica implacabile, Mussolini volle far tacere per sempre. Facendo assassinare Carlo Rosselli, Mussolini volle infine, oltre che liberarsi dal suo più attivo e temuto nemico, vendicare sopratutto le difficoltà da lui incontrate in Spagna suJl'uomo che di quelle difficoltà era stato l'artefice primo. Interventi individuali a difesa della repubblica in Spagna si erano manifestati subito, prima che Carlo Rosselli prendesse l'iniziativa di un intervento collettivo. Ma quegli interventi individuali, pure essendo documento di generosità ammirevole, si disperdevano nel movimento generale della guerra civile spagnola e minacciavano di rimanere senza significato. Fu grande merito di Carlo Rosselli avere avuto immediatamente la visione chiara e netta della suprema importanza e dell'enorme significato, per la causa della libertà italiana, di un intervento collettivo antifascista con bandiera italiana nelJa guerra di Spagna. Fu suo merito l'aver compreso che quell'eroica lotta di popolo per la sua libertà non era, nè' doveva rimanere fatto nazionale della sola Spagna. Essa doveva dilagare al di là delle frontiere spagnole. Doveva esser portata in Italia, e dovunque esistesse un regime fascista. Doveva essere il principio deJla guerra civile europea - guerra civile che non doveva essere giustificata, bensl voluta ed esaltata come legittima e sacrosanta. Vincendo tutte le esitazioni, rompendo ogni indugio, con quella straordinaria vitalità che era la nota caratteristica della sua personalità, Carlo chiamò a raccolta gli antifascisti esuli e proscritti dall'Italia: battendosi valorosamente sul fronte di Huesca coi suoi compagni, come gruppo itaJiano, sollevò nella massa dell'emigrazione italiana un movimento di commozione e di entusiasmo che atti di eroismo individuale non avrebbero creato. Col suo gesto egli rese possibile, in un secondo tempo, la formazione di quella legione garibal(l.ina che in sei battaglie condusse alla vittoria di Guadalajara. Carlo Rosselli aveva gettato il grido di battaglia: "Oggi in Spagna, domani in Italta", Soltanto otto giorni dopo che CarJo era stato ucciso dai sicari di Mussolini, questi ammise il rovescio di Guadalajara sul "Popolo d'Italia". Ora che si era preso la rivincita poteva confessare la sconfitta. Insieme con Carlo, Mussolini fece assassinare suo fratello Nello. Quando fu preparato il delitto, Carlo era a Bagnoles de l'Ome, convaJescente di una flebite dovuta agli strapazzi della guerra di Spagna. Nello era anJdato a trovarlo in una delle sue visite furtive che gli faceva non appena poteva uscire fuori d'Italia per i suoi studi. 4 CONTROCORRENTE
Nello era anch'egli un antifascista convinto e lrreduciblle. Consigliato più volte dagli amici a stabilirsi fuori d'Italia, non aveva mai voluto: diceva che era necessario che qualcuno rimanesse in Italia e dare l'esempio di non cedere. Era suo dovere di faruo. Nello aveva saputo trovare forza e conforto negli studi. Il suo soggetto preferito era la storia del Risorgimento italiano. Egli pensava che la storia, investigata e raccontata con spirito di verità, compisse in Italia azione politica sia pure a lunga scadenza, come ogni opera di educazione morale e intellettuale. La storia italiana, specialmente quella del Risorgimento, era sistematicamente falsificata dai fascisti. C'è dunque in Italia ancora del lavoro per gli spiriti liberi: salvare dall'ondata delle fasificazioni fasciste il passato, per preparare J'avvenire. Nei suoi studi, Nello cercava di risolvere la contraddizione che tormentava la sua vita, fra il desiderio di servire Il suo paese e la impossibilità di servirlo in quelle condizioni. Si teneva in contatto con molti giovani ed esercitava su di essi un grande ascendente. La indignazione che l'atto infame compiuto su di lui produsse in Italia diede appunto la misura dell'infJuenza che egli vi esercitava. Gli uomini come Carlo, fuori d'Italia, squassarono la fiaccola ldella rivolta contro ogni vento ostile, in battaglie, che sembravano, ma non erano, disperate. Gli uomini come Nello, in Italia, tennero viva la fiaccola nascondendola sotto Il moggio. I due fratelli, associati neJ!a vita e nella morte, simbolizzano le due Italie antifasciste: quella che si preparava nel silenzio e quella che a;pertamente lottava. Nei suoi elementi più duri mai si arrese al fatti compiuti. Gaetano Salvemlnl TEMPO DI CRISI Due avvenimenti di queste ultime settimane, mi pare, hanno un significato molto importante. · Alludo al disastro francese ed al disgraziato giro delle nazioni sud-americane fatto dal vice ,presidente degli Stati Uniti. Sono due avvenimenti molto diversi nelle manifestazioni esterne, nelle immediate conseguenze, che pure mi sembra·no abbiano origine da un comune fattore. La crisi della Francia sorpassa di molto l'ambito dell'ambiente In cui esso •avviene. Malgrado le frequenti ricadute della Francia sotto governi militaristici ed autoritari, il significato della esistenza della repubblica francese era essenziale per l'intendimento delle .:orrentl di pensiero politico e morale della società 0<:cidentale. L'impeto delle idee pr0<:lamate dalla rivoluzione francese più di un secolo e mezzo fa era stato sfidato da nUJOveideologie, da nuove correnti di pensiero, da sviluppi nella struttura economica e sociale delle nazioni assolutamente imprevedibili nel 1789. Pur tuttavia a quelle idee lo spirito di ogni liberale si rivolgeva nella lotta continua ,per il proOIUONO, 1958 gresso. Esse eraoo Ispirazioni e sprone: esse rBJPpresentavano la mira a cui l'umanità tendeva. Anche <:hi negava i metodi e le vie indicate dalla Francia ,per la liberazione della società dai vincoli feudali, doveva porre come scopo finale della sua attività politica i grandi principi per l'emancLpazione degli uomini, per una migliore giustizia, per una vera fratellanza che furono ,proclamati dalla rivoluzione francese. Eù inevitabilmente la Francia appariva come la depositaria più naturale di questi principi: non che alcuno si naS<:ondesse le debolezze manifestate dalla struttura politica francese, o dimenticasse le ripetute avventure bonapartiste, i tradimenti dei Lavai e dei Petain. Però nel ,profondo delllO spirito francese permaneva l'impeto della rivoluzione di cento sessanta nove anni fa, la tendenza verso un miglioramento nella sorte degli uomini attraverso un processo di liberalizzazione. Gli avvenimenti francesi di questi ultimi tredici anni sono stati tali da mettere in dubbio la capacità della Francia ad adat5
tarsi ai nuovi tempi nello spirito della dichiarazione dei Diritti dell'Uomo. Dalla fine della guerva mondiale, da cui la Francia soltanto nominalmente emerse vittoriosa, quando in tutto il mondo gli ordinamenti sociali, economici e politici basati sull'asservimento coloniale .stavano crollando, Parigi ha del tutùo dimenticato che la famosa dichiarazoone non si applica solamente agli uomini di razza bianca. I francesi hanno condotto una lotta disperata per tenere insieme i resti di un impero coloniale le cui ragioni, malamente giustificabili quando ai popoli di colore si attribuiva una impreparazione tecnica e politica in confronto ai padroni bianchi, divenivano insostenibili In vista dello sviluppo educativo dei popoli fill'ora asserviti. Invece che cercare nuove vie per l'adattamento della propria struttura sociale ed economica In un mondo di libere nazioni, collaboranti per il beneficio di ognuna di esse e di tutte, la Francia sperperò le proprie energie in una lotta evidentemente perduta fin dall'inizi'O. Di fronte alla sfida del comunismo, che '!lSSerisce di essere l'araldo del futuro, il difensore della dignità dei popoli coloniali oppressi, la Francia non seppe trovare altro che la più feroce repressione come soluzione ai problemi di relazioni con territori che essa non aveva potuto più governare effettivamente durante la seconda guerra mondiale. La tragedia della Firancia, mi rpare, è imperniat·a su questo fatto: la incapacità di trovare ancora vitalità nei principi che avevano scosso il mondo alla fine del secolo decimottavo, di proclamarne la applicabilità non soltanto per i francesi, ma per tutJti. Oramai la crisi francese si risolverà probabilmente coll'espediente del "gove11no forte" di De Gaulle. Se da una parte si può ammettere che la costituzione francese, coll'affidare praticamente tutto il rpotere ipolitlco al parlamento, diviso in molte fazioni irreconciliabili, di forze quasi eguali, avesse reso impossibile un regolare funzionamentlo di governo, le incognite sollevate dall'Istituzione di un governo extra parlamentare, il cui unico rprogramma per ora è un vago progetto di rafforzamento del potere esecutivo, sono spaventose. Quali sono le forze o meglio quali sono le debolezze che hanno condottJo la Francia al punto di accettare un governo che richiede poteri tali da minacciare l'esistenza della repubblica, quale concepita dalla costituzione del 1946, 6 non soltanto, ma che, in mano di De Gaulle o di un qualsiasi altro suo successore, rpuò degenerare in una dittatura? Ciò, notiamo bene, non è avvenuto ,per un colpo di forza, come quello compiuto dai due Bonaparte: avvenne semplicemente per la disgregazi!one della idealità fondamentale della repubblica francese, per l'esasperazione provocata dalle contraddizioni della situazione. ' La Francia, serrata dal terrore di perdere gli ultimi residui di un impero coloniale condannato dai tempi nuovi, Incapace di riattaccarsi ai principi di universale fratellanza umana, rifiuta la sua tradizione di liberalismo. • • • Negli Stati Uniti una diversa crisi è stata ,provocata, in forme molto diverse, con portata del tutto non confrontabile colla gravità della situazione francese, dall'esperienza del viaggio del Vioe Presidente NiXIOn nell'America Latina. Malgrado la divergenza delle situazioni, mi sembra che l'errore basico commesso dall'amministrazione degli Stati Uniti sia da attribuirsi a cause non diverse da quelle che hanno condotto la Francia al limite del disastro. Anche gli Stati Uniti si sooo fatti una mentalità che li arresta in una situazione estremamente pericolosa, quando essi debbono trattare con popoli rpiù arretrati sulla via del progresso. Come la Francia tenta di giusti1ìcare la sua pretesa di reggere popoli coloniali con più o meno velate teorie di superiorità tecnica e politica insita in gmppl di uomini di pelle più bianca di altri, cosi pure la politica estera degli Stati Uniti si è !basata su uno strano moralismo. E' questa una attitudine mentale che divide il mondo in bianco ed in nero: da una rparte gli eletti, che non rpossono commettere Il male, la cui supremazia nelle direttive politiche non può essere messa in questione se non dai peccatori, dall'altra parte i discepoli del diavolo. Quanto agli eletti •appare buono, deve necessariamente arpparire altrettanto a chi non aderisce alla legione del dannati. Cosi può essere spiegata l'ingenuità dello State Department, e del suo servizio di lnforma2iloni, che permise ad uno dei più alti ufficiali degli Stati Uniti di subire le umiliazrone di Lima e di Caracas, e la evidente freddezza di molti altri paesi visitati o visitabili. Anche negli Stati Uniti l'impero della giovane repubblica si sta spegnendo. La mentalità popolare si adagia in uno stato di beata quietezza, che non vuole riconoscere che I tem'pl si muovono, che CONTROCORRENTE
nuovi stimoli attraggono l'attenzilone di popoli creduti felici in uno stato di semidipendenza o di passiva tolleranza per forme di governo sorpassate. ' L'errore commesso nell'organfazazione del viaggio di Nixon, veduto come ambasciatore degli interessi finanziari di gruppi americani da paesi che scorgono in nuove forme di ordinamento sociale la soluzione ai propri problemi, è soltanto stato ingigantito dalla minaccia contenuta nell'invio di forze militari verw il teatro delle dimostrazioni anti-americane. Rotranno gli Stati Uniti riguadagnare il terreno perduto? Come per la Francia, il ,problema non è uno di relazioni esterne: il problema sta nel convincere di nuovo il resto del mond-o che Io spirito che diede vita alle due repubbliche non ·è inaridito. Essenzialmente che entrambe possono affrontare nuovi tempi, nuovi equilibri Invadenza Un settimanale cattolico diocesano, uno dei tanti, avverte i suoi lettori che " ... oltre al pericolo comunista, vi sono altrt pericoli da cui debbono guardarsi e difendersi i cattolici, pericoli non meno gravi del prtmo perchè subdoli e più scaltri dello stesso marxismo. Vogliamo alludere al :principale Idi questi pericoli subdoli e latenti: al vecchio, ignobile e perfido anticlericalismo che molti credevano morto e sepolto e che invece è più vivo che mai e che continua implacabile contro la Chiesa, i sacerdoti e le cose sacre, nella folle speranza di poter riprendere il prestigio di un tempo irreparabilmente perduto e tramontato". A questo punto non so se conviene ammirare di più l'ingenuità del parrocchiani a cui il giornale si rtvolge, o la furberia di chi lo scrive. Il clero, dopo di aver ridotto l'Italia al rango di colonia del Vaticano, si scandalizza della reazione degli italiani, e si meraviglia che l'antlclertcalismo, da lui sepolto per continuare a fare indisturbato i suoi comoldi, sia più vivo che mai. Questa gente mi fa l'iill:I)ressione di quel tale, che dopo di essere stato GIUGNO, 1958 di popoli, senza tentare di imporre una soluzione intollerabile per chi chiede autonomia e libertà; che entrambe accettano nuovi concetti di ordinamento politico e sociale, come sono richiesti da nazioni uscenti da un più o meno chiaro stano di servaggio, anche se questa accettazione comporta la revisione di istituti di idee profondamente ingranati nel tessuto nazionale. Idealità molto prossime, in ultima analisi la riVIOlta contro sistemi politici .non confacenti ai problemi di sviluppo di entrambi i paesi, furono !':origine tanto della Francia moderna quanto degli Stati Uniti d'America. II modo con cui i due paesi riusciranno a risolvere Io stesso ,problema nei confronti di altri popoll, oppure con cui fallivanno, sarà la chiave del futuro della democrazia, come concepita quasi due secoli fa. Davide Jona clericale gentilmente ospitato, pretende finanche di andare a letto con ~a giovine moglie dell'ospite, per potersi poi atteggiare a vittima, se il padrone di casa, perduta la pazienza, lo caccia via. E non esagero affatto, perchè il clero in tutti i tempi e in tutte le latitudini, si è sempre in tal modo comportato, sia con i singoli individui, sia con gli Stati. L'intolleranza e l'invadenza è talmente inculcata nel clero, che la reazione di chi non vuole oltre passivamente subirlo, sinceramente lo meraviglia. Per comprendere questa sua mentalità è necessario osservare anzitutto l'educazione -che nei seminari si impartisce ai futuri sacerdoti. E' una educazione principalmente basata sull'intolleranza ,e sull'ipocrisia. A questa provvede il voto di castità, a quella la dottrina. Nei seminari, tutti, per tacito accordo, fingono di credere nella loro reciproca 'Purezza, pur sapendo nel loro intimo, per personale esperienza, che anche volendo il voto di castità non si può osservare, perchè contro certi diritti della natura non c'è voto che tenga. E se qualcuno effettivamente l'osserva, è perchè la natura, non per osservanza ai 7
dogmi, ma per disgraziato caso, l'ha reso eunuco. Chi non appartiene a quest'ultima categoria, non può negare che nei seminari esiste un problema sessuale, la cui soluzione innaturale è causa <ìi degenerazione morale. Prendete un adolescente, convincetelo che i suoi fremiti, il suo naturale umano istinto a creare, è vizio, peccato, ed otterrete, come unico risultato, di aver fatto di un individuo sano, un ipocrita. Fate entrare un ragazzo deale in un seminario, dopo alcuni anni, ve lo riconsegneranno completamente ipocrita. Se qualcuno non crede In quello che io affermo, e ne ha diritto, vada a consultare un qualsiasi testo di fisiologia, prima di giudicarmi non obiettivo. All'intolleranza, poi, provvede la stessa dottrina cattolica, che è sostanzialmente la dottrina dell'into1leranza, e lo dimostrano secoli di storia, e lo dimostra la cronaca di tutti i giorni. Chi parla di incontri, di Inopportunità dell'anticlericalismo, dovrebbe quindi, prima di commettere sl grave errore, approfondirsi nello studio della dottrina cattolica e nella storia del cattolicesimo, che è la coerente conseguenza della dottrina stessa. Alla domanda: ·•n diverso atteggiamento del clero rispetto all'aureo, per lui, periodo dell'inquisizione, delle imposizioni, delle conversioni forzate, delle persecuzioni, del terrore, è dovuto a questioni contingenti, oppure ad un cambiamento di mentalità?, iha già risposto lo stesso clero, dimostrando, senza alcun ritegno, che la mentalità non è affatto cambiata. Perciò non è onesto parlare di questione chiusa. Il conto è aperto, forse più di prima, e non per volontà degli italiani, ma per volontà del clero. Questo il nostro popolo do ha già cominciato a capire, e lo dimostra un risveglio che ci è di conforto e premio. Onestamente riconosciamo che il parroco del settimanale cattolico diocesano non si è affatto sbagliato nell'affermare che l'anticlericalismo è più vivo che mai, ma sono i suoi stessi insulti, che gli sgorgano spontanei, per la ripresa rabbia di non essere ancora in condizione di salvarci l'anima, bruciantloci vivi, che ne dimostrano la necessità. Ancora una volta saranno i laici, nell'interesse di tutti, anche degli stessi cattolici, ai quali ricordiamo che Savonarola e Giovanna d'Arco, bruciati vivi dal clero, non erano degli eretici, ma dei cattolici come loro; saranno i laici, dicevo, ad evitare 11 peggio. Probabilmente sarà proprio questo risveglio anticlericale a convincere i Vescovi che l'eccedere è un grave errore. Forse sarà questo nostro risveglio a convincere il Vaticano che id XX settembre del 1870 furono proprio gli italiani, con la breccia di Porta Pia, a segnare la fine del potere temporale del papato, e che è pericoloso, molto pericoloso, volere rientrare dalla finestra, quando si è già stati cacciato dalla porta. Alfredo Gullzla I PRETI VISTI DA VICTOR IIVGO "Voi vendete, o preti, il battesimo nel giorno della nascita. Voi vendete ai peccatori l'indulgenza. Voi vendete agli amanti il diritto di sposarsi. Voi vendete ai morenti ti diritto di agonizzare. Voi vendete ai defunti la messa funeraria. Voi vendete ai parenti l'ufftcio anniversario. Voi vendete orazioni, messe, comunioni. Nulla è sacro per voi, tutto per voi è mercanzia. Non st può fare un passo nella vostra chiesa senza pagare per pregare. Voi avete trasformato l'altare in una banca commerciale." 8 L'autore è Vtctor Hugo lo stesso che scrisse la massima lapidaria: "In ognt villaggio c'è una ftaccola accesa: il maestro. E una bocca che et soffta sopra per spegnerla: il prete", CONTROCORRENTE
V·n uomo crudele FULLER Il 30 aprile è morto Alvan T. Fuller. L'evento ha riportato il nome di Sacco e Vanzetti nelle prime pagine dei giornali metropolitani. Neanche la distanza di trent'anni dalla tragedia di Charlestown è riuscita a separare 11nome delle vittime da quello del Joro carnefice. Fuller fu l'uomo che decise di spingere i due innocenti sulla sedia elettrica, suscitando nel mondo civile un brivido di orrore. Egli avrebbe potuto salvarli. Le suppliche insistenti e commosse dell'umanità doJorante non ebbero nessun effetto su questo essere crudele. L'intervento delle più note personalità del mondo e di milloni di umili non prevalsero sulla inumanità di questo creso che la ricchezza e le vicende politiche avevano posto su un pledlsta!Jo di autorità inattaccabile. Egli sentiva di essere la legge. La legge non conosce umanità. La legge è insensibile ai singhiozzi, alle imprecazioni, alla ragione. Ed egli l'applicò con la freddezza e la crudeltà di chi ha smarrito ogni senso di decenza e d'onore. L'occasione della sua morte si presta a quaJche considerazione. Lo faremo senza reverenza. La nozione che di fronte alla morte tutto deve essere dimenticato è una ipocrisia che diminuisce e offende la personalità umana. Coloro che nella vita si sono distinti con manifestazioni di ferocia e di crudeltà non possono essere riguardati come campioni umanitari dopo morti. In questa occasione - come in mille altre -si è' assistito all'esaltazione delle doti morali deHo scomparso. Fuller è stato definito un modello di virtù, di tolleranza, di filantropia, di onestà. E' stata una gara di adulazione e di ipocrisia. Gli scribi hanno definito Fuller uomo di genio, filantropo, uomo giusto. Essi hanno voluto creare la leggenda che invariabilmente segue la fine di coloro che Jasciano dietro di sè milioni Idi dollari. Le immense fortune da lui accumulate sul sudore e sul sangue della gente del lavoro e con le solite manipolazioni che spiegano il successo e la ricchezza, aveva bisogno di quena copertura. Il rovescio della medaglia è diverso. Nessuno l'ha toccato. Nessuno ha ricordato la sua crudeltà ben nota. Lo faremo noi. Riandiamo con la mente all'epoca del suo governatorato. Fanno parte di quel periodo esecuzioni capitali che rivelarono l'inumanità dell'uomo. Mi riferisco a casi che precedettero J'esecuzione di Sacco e Vanzettl. Non è necessario entrare nel particolari delle esecuzioni di Baby Face Gleason e del venditore ambulante Desatnick. Di questi casi si occupò ldiffusamente la stampa di allora commuovendo l'opinione pubblica. Il cuore di questo tiranno briaco di potere e di gloria, non cedè mal. Durante la sua amministrazione nessuno potè mal usufruire di un atto di clemenza. Nei casi citati, in cui l'innocenza o la colpabiJità non avevano importanza vitale, rimase impassibile. Le esecuzioni non sono riuscite a commuoverlo. Le scene più orriblU di sofferenza umana non hanno toccato i suol nervi di ferro. GIUGNO, 1958 9
Coloro che hanno assistito alle scene pietose di mogli, di sorelle, di madri, di congiunti di sfortunati condannati alla pena capitale, imploranti, supplicanti perdono, sono rimasti sorpresi e meravigliati della sua freddezza e imperturbabilità. Voglio ricordare un episodio che dà un'idea del sadismo e della crudeltà di quest'uomo. Sacco e Vanzetti erano nella cella della morte a Charlestown. Alvan T. Fuller decise di fare loro una visita di sorpresa. Cioè, visitò Vanzetti. Sacco rifiutò di stringergli la mano e di conversare con lui. Per Sacco Fuller era il rappresentante della classe che perseguita e opprime. Sacco vedeva soltanto l'abisso che divide gli sfruttatori e gli sfruttati. Vanzetti, più riflessivo e sereno, l'accolse con la cortesia e la socievolezza che lo distinguevano. Conversarono per oltre un'ora. Visitai Vanzetti la mattina seguente. Era di buon umore. "Tutto andrà bene" - mi assicurò. - "Il governatore Fuller fu qui ieri. Mi parlò a lungo come un amico, come un fratello. Mi strinse la mano. Mi guardò negli occhi con simpatia e comprensione. Egli sa che io e Nicola non avremmo mai potuto commettere un delitto". Non dissi nulla. Non volevo essere io a distruggere quell'illusione e prolungare l'agonia. La natura saidistica di Fuller, più di una volta l'aveva indotto a visitare poveri cristi destinati a morire sulla sedia elettrica, facendo cosl sorgere nel loro cuore ottimismo e speranza. Egli possedeva la diabolica raffinatezza di Torquemada. Godeva nel torturare le sue vittime. L'intimo e ben nascosto senso di crudeltà non gli impediva di apparire cortese e gentile. Esibiva un quasi voluttuoso senso di soddisfazione e di gioia nei momenti in cui iJ dolore gli passava, davanti rotto, genuflesso, umiliato, incontenibile. Gli uomini e le donne che all'ultima ora si recavano da lui emozionati, imbarazzati, timidi, confusi, ad implorare, a chiedere la grazia di salvare la vita dei loro congiunti, lo trovavano sorridente, affabile, cortese. Quell'atteggiamento inspirava confidenza, metteva nel cuore speranza e riconoscenza. Quella visita dava sempre l'impressione di trattare con un gentiluomo dotato di nobili sentimenti umani. Il suo trattamento a Rosa Sacco e a Luigia Vanzetti, che lo visitavano un'ora prima dell'esecuzione dei due innocenti, fu una tipica dimostrazione di questa sua abilità di inspirare simpatia e confidenza. L'occasione di quella visita al suo ufficio, in un momento in cui tutta la città soffocava nell'emozione e il mondo intero tratteneva il respiro, sembrò considerarla una funzione sociale normalissima, senza speciaJe significato. Ascoltò con deferenza le due donne, come aveva ascoltato Vanzetti nella cella della morte qualche giorno prima. Strinse loro la mano con affabilità. Disse parole di simpatia come aveva fatto con Vanzetti. Il suo sorriso nascondeva come una maschera la crudeltà che nessun druore riuscl mai a penetrare o disarmare. All'avvocato Musmanno che aveva accompagnato le due donne e aveva supplicato a loro nome, Fuller diceva: "Quello che avete detto mi ha immensamente impressionato. Ma anche questo è niente in confronto alla eloquente presenza di queste donne". E si inchinò rispettosamente. Un'ora più tardi Sacco e Vanzetti venivano bruciati sulla sedia elettrica. Dal momento che questo crudele assassino aveva deciso di bruciare gli innocenti, se egli avesse posseduto un senso di decenza avrebbe rifiutato di prolungare Ja visita delle due donne o di riceverle addirittura. Ma non Fuller. Il sadista non voleva privarsi dell'occasione di prolun10 CONTROCORRENTE
gare il martirio e la tortura de! suoi simili. Questa era la natura dell'uomo. :{, :{, ;y. Si è detto e ripetuto che Fuller è stato un uomo di integrità e di coraggio. Se si deve giudicare da alcuni suoi atti ben conosciuti, queste qualità sono di molto esagerate se non inesistenti addirittura. Un esempio. Qualche settimana dopo J'esecuzione di Sacco e Vanzetti egli si recò a Parigi per la villeggiatura. Nella grande città francese non si era dimenticato quell'atroce delitto. La protesta echeggiava ancora nella stampa. A Fuller non mancava la protezione della polizia segreta. Le autorità americane sorvegliavano ogni mossa per garantirne l'incolumità. In quella occasione Fuller si nascose come un ladro e un fuggiasco. Si registrò all'Hotel ove rimase durante la sua permanenza, sotto un nome fittizio: PETER BOND. Nessuno seppe mai della visita dell'uomo che aveva fatto bruc.iare due innocenti. Nessuno, a Parigi, seppe che Alvan T. Fuller, l'uomo che aspirava alla vice presidenza degli Stati Uniti, si era nascosto sotto un falso nome, come un delinquente qualunque. Dunque, Alvan T. FulJer era divenuto Peter Bond! E voi, miserabili scribi della fogna giornalistica, chiamate questo un uomo di integrità e Idi coraggio? Di fronte a questo servilismo che degrada ci si sente confusi e smarriti. Ma è proprio cosi che deve essere scritta la storia? ;y. ;y. :{, Fortunatamente fra gli storici ve ne sono alcuni che non si lasciano facilmente abbagliare la vista dallo splendore dell'oro. E' significante davvero che mentre Fuller veniva sepolto come un mortale qualunque, la Columbia Broadcasting System produceva un programma televisivo di carattere nazionale - tramite Channel 5 -- che ricostruiva la tragedia Sacco e Vanzetti, dall'arresto alla conclusione, basata sulle evidenze processuali. Dobbiamo aggiungere che l'esecuzione del lavoro è stata onesta ed efficace anche se nelJa seconda parte non è stata quella· che avremmo desiderato. L'importante è che milioni di americani hanno visto forse per la prima volta la ricostruzione di quella tragedia. In questa produzione erano bene in1 dividuati i responsab!li del sacrificio di due umi!! lavoratori italiani vittime del pregiudizio di razza e di rappresaglia politica. Il commentario alla morte di Fuller non poteva essere più eloquente. Ciò dimostra anche che le distorsioni dei pennivendoli non arrestano la ricerca onesta e disinteressata dello storico la cui missione è quella di far conoscere la verità. Concludendo, non sarà inutile ripetere l'epigrafe da no! più volte pubblicata nel-la ricorrenza dell'anniversario della tragedia di Charlestown. Eccola: Questo giorno 23 Agosto 1927 - Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti - lavoratori e sognatori della fratellanza umana - che sperarono di trovare in America - furono trascinati a morte crudele dai figli di coloro che molto tempo fa trovarono asilo in questa terra - Le loro voci hanno penetrato tutte le terre e saranno ricordate con gratitudine e con lacrime, mentre i nomi di coloro che lt massacrarono - Giudici - Governatori - Educatori - saranno caduti nell'oblio - ricoperti da imperitura vergogna. Aldino Fellcanl OIUCNO, 1956 11
GIACOMOMATTEOTT Matteotti: ecco un nome che non si cancellerà giammai dal ' libro della storia! Scorreranno gli anni, gli avvenimenti si succederanno grandiosi, incalrenti, travolgenti, ma il nome di Matteotti rimarrà sempre fulgido al sommo dei ricordi. E quanck> l'oppressione peserà - triste 1)eso! - sulle spalle di chi lavora, il pensiero degli oppressi sarà sempre teso verso il nome del Martire che per la libertà seppe combattere, soffrire e morire; ed ogniqualvolta l'uma11ità, sospinta dal bisogno di giustizia, di pace e di luce, conquisterà una nuova balza della china che ascende verso il domani e. vi 1pianterà la bandiera della vittoria, il pensiero dei vittoriosi volerà al nome de} Precursore che additò le vie dell'ascesa e che col .suo martirio ne spianò Il cammino. A chi appartiene Giacomo Matteotti? Forse ad un partito? ad una scuola politica? ad una corrente d'idee? No! Giacomo Mattetti appartiene all'umanità ed all'avvenire e 1)erciò è un simblolo. Oh, sì! si tentò e si tenta ancora di stendere un velo d'oblio sull'orrenda tragedia che scosse le anime degli uomini liberi; si tentò e si tenta ancora, per gli inconfessabili fini d'una politica di corruzione, d'infamare quel nJOme che è puro. Ma è vana fatica, fatica che si riduce ad una triste manovra di bassi interessi e di paure. Gli uomini - quelli che stanno in alto e quelli che stanno in ·basso - che direttamente od indirettamente sono complici del misfatto, rportan'O oramai il marchio della loro condanna morale. Invano s'aggrappano alla "loro" legge ... ùa legge non conta: la legge potrà sofb-ticare, potrà scusare, giustificare, potrà diventare lo scoglio su cui arriveranno a salvarsi materialmente I macchiati dell'orrendo delitto ... Ma la legge è polvere. Ciò che conta è la realtà, è l'atto d'accusa che il '!)<>polo-, la folla an'Onima ed lnnumere che s'agita nella vita e che rproduce, che soffre e spera - ha lanciato come condanna. Vi sono rivolte m'Orali che lascia110 nella storia profondissimi solchi ricchi di me.«sl per l'indomani e che preparano ed affrertareo croJli insrperatl e resurrezioni grandiose. L'assassinio di Giacomo Matteotti ha segnato il principio di una fine. 12 Del corpo di Giacomo Matteotti non rimane che un mucchio d'ossame sepolto in una itomba di un cimitero del Polesine. Non sappiamo nemmeno se tutte quelle ossa scarnificate e sconnesse appartengono al corpo del Martire. ' Di suo, forse, non c'è che la testa, la •bella testa colla fronte am- ,pia, la testa in cui s'è agitato il pensiero. Ma del Suo spirito nulla è andato 1)erduto e tutto sopravvive alla morte ... La tomba del piccolo cimitero polesano è come un faro che manda fasci di Juoe e che nella tempesta chiama i naviganti sulla ·retta via. Quale ventata d'ideale fu il Suo martirio! E come questo Ideale assurse a valore di maggior bellezza quando, per una triste "ragione di Stato", si volle impedire l'apoteosi del Martire! Ci si ricorda ... : la bara trascinata di notte in corsa affannosa attraverso la Penisola addormentata ,perchè nessuno la salutasse e perchè nessuno potesse spargere fiori sul suo cammino ... ; i funerali silenziosi nel piccolo paese sperduto nella vasta pianura.. . Ma la folla c'era. ' C'erano i contadini - anime semplici e pietose - passati attraverso i minacciosi cordoni delle camicie nere, quei contadini che del fasciCONTROCORRENTE
smo han provato tutti gli orrori e tutte le umiliazioni. E c'erano fiori e cuori. Era la poesia del ma1:1tirio! E quando la bara fu vicina alla tomba per essere interrata nell'eterno r1poso, coloro che la portavano l'innalzarono alta sul mare della folla, nella piena luce del sole. Era il saluto della vita, il grido della speranza ed il palpito della fede. Era l'apoteosi che si svolgeva - attimo fuggente, ma illuminante l'eternità - malgrado ogni triste "ragion di Stato". Parleremo sempre di Giacomo Matteotti e di Lui vi sarà sempre qualcosa di nuovo da dire, ed in Lui e nel Suo martirio vi sarà sempre d'attingere alimento di co• raggio e di fede, sia nelle ore della tristezza che in quelle della vittoria. Parleremo sempre di Giacomo Matteotti perchè è un simbolo che emerge alto sugli avvenimenti di un periodo tempestoso della vita sociale italiana. Ricordando Giacomo Matteotti si ricordano gli altri, i molti e molti martiri che, come Lui, sono caduti sotto i colpi di una fosca reazione che non ha conosciuto e non conosce ritegni. Molti e molti martiri ... Riandando colla mente negli avvenimenti di quattro anni di vita italiana - 1921-24 - ci si trova in una selva di ricordi raccapriccianti ... Ed i nomi incalzano i nomi: città e •paesi terrorizzati, incendi, saccheggi, rapine. E morti, e morti! Tutti questi ricordi e tutti questi morti sì personificano in Lui e tutto il martirio che verrà ancora, sì assommano nel martirio Suo. Ogni flore deprosto sulla sua tomba è fiore deposto sulla tomba degli altri morti; ogni parola spesa per Lui è parola spesa per turti. ' Parleremo sempre di Giacomo Matteotti anche nei giorni della letizia. Perchè Egli, col suo martirio, ha dimostrato la crudele realtà della lotta: la via dell'avvenire è seminata dì rovi e per ,procedere bisogna avere il coraggio e la llorza di farsi lacerare le carni dalle spine. Questa realtà deve essere ricordata agli uomini che anelano ad un miglior domani. Il passato non si rassegna a morire; si spegne affondando gli artigli nel delitto. La felicità di domani è alimentata dal dolore dell'oggi. Parleremo sempre dì Giacomo Matteotti perchè il suo ricordo è luce e speme. Non più uomo, ma simbolo; non più materia, ma spirito infinito che si f:onde nell'uni~nso. E' la semente perita per generare la messe! Carlo Molaschl MEDITAZIONI SU UN LIBRO Anzi un libriccino. • Il frontespizio n'On reca il nome di un filosofo, di un grande novelliere o di un poeta alato. Chi scrisse quelle pagine mori a soli quindici anni e non sognava nemmeno lontanamente che quel suo diario di adolescente avrebbe scosso il mondo e sarebbe stato tradotto in diciannove lingue, compresa la tedesca, la lingua della bestia umana che causò la morte di quell'adlolescente - Anna Frank, il cui ultimo riposo è nella fossa di BergenBe!son, con altri ebrei trucidati dal nazi. Chi scrive queste note non ha potuto ascoltare la riduzione teatrale che Frances Goodrich e Albert Hackett han fatbo del "Diario di Anna Frank" rice~ndo il Premio Pulltzer per il teatro. Ma egli ha letto giomi fa, per la terza V'Olta, le pagine mirabili che ci danno un quadro dell'adolescenza, in cui sono ritratti oon assoluta sincerità i pensieri ed i sentimenti di una GIUGNO, 1958 giovanetta, le sue aspirazioni, la sua solitudine nella minuscola camera dell' "annesso" al piano superiore di una vecchia casa di Amsterdam, ove Anna, i suoi genitori e membri della famiglia Van Dean eran braccate. , In quel nascondiglio la piccola vittima scriveva: "Mi sento come un uccello canoro a cui siano state strappate brutal· mente le ali, e che sbatta nel buio più profondo contro le sbarre della sua gabbia." Ma quando la "gabbia" fu aper,ta, le due famiglie perirono, con eccezione del ,padre di Anna, il quale ad Auschwitz era riuscito miracolosamente a sopravvivere, per poi esser liberato dai Russi nel 1940. Egli ritornò ad Amsterdam liberata. Ci vollero molte settimane ad Ottlo Frank per leggere quelro che la sua bimba aveva scritto. Dopo poche pagine non reggeva più ... Anna era una ragazza di grande coraggio. Ad Auschwitz si mise a capo del suo picco!JO 13
gruppo di detenute. Quando non c'era da mangiare nell'infame campo, era lei che osava andare alle cucine per chiedere un po' di eibo. Una volta, scrive Louis de Iong, amico della famiglia Frank, Anna passò davanti a delle centinaia di bambini ebrei ungheresi che stavaillO i'1udl sotto la pioggia gelida, in attesa di essere avviati alle camere crematorie, incapaci di capire il perchè degli orrori che subivano nel mondo del grandi. "Oh, guarda, quei loro occhi ... " mormorò Anna. Più tardi nell'autunno fu trasferita con la sorella in un altro campo, tra Berlino e Amburgo, a Bergen-Belsen. Un amico di famiglia la vide là, "intirizzita e affamata, con la testa rasata, e il corpicino scheletrito che si perdeva nella ruvida uniforme a righe nel campo di concentramento". Le stupende parole con cui questa dolce e saggia ragazzetta ebrea si congeda dalla vita dovrebbero ridare un po' di ragionevolezza agli uomini politici del mondlo, i quali, nella loro furibonda -e micidiale gara del missili, stanno consapevolmente o inconsapevolmente forgiandJo gli strumenti della futura distruzione dell'umanità. "E cosa vi dice che l'umanità valga la pena di esser salvata?" chiese un giorno un giovane di temperamento polemico al giudice Felix Frankfurter della Corte Suprema degli Stati Uniti. "Ho letto il diario di Anna Frank" fu ia rLsposta. Risposta, questa, che ci rincuora e che ci fa pensare alle parole magnanime del padre di quella fanciulla, il quale crede di udire la voce fiduciosa di lei dire: "Nonostante tutto, credo ancora che gli uomini in fiondo al cuore siano buoni". Solitario Locrisieconomicpoeggioro Il paese continua ad andare alla deriva nella crisi economica. Le misure contemplate dai circoli governativi per risolverla, sono ancora al loro stato iniziale. Tutti si lagnano del tlisagio apportato dalla crisi, ma gli umori del popolo, nelle circostanze, sono desolantemente passivi. La disoccupazione è in aumento, cosi pure il costo della vita. Abbiamo già detto di non avere fiducia nelle misure e nei programmi del Governo. Tali misure e programmi hanno una buonaldose d'espedienza politica e in ciò è il loro gran difetto. Si tratta di un salvataggio forzato del capitalismo a spese dei contribuenti. Si vogliono puntellare i settori deboli o colpiti dell'economia col vasto e profondo potere dello Stato. In tutto questo la classe lavoratrice avrà le bricciole, dopo aver pagato ad usura, con lo sfruttamento capitalistico. La ripresa stagionale che si calcolava dovesse essere il punto di partenza per uno sforzo produttivo salutare, è stata effimera. Ciò vuol dire che non vi erano le condizioni per crearla. A metà di maggio Il New York Times riportava che la "rata di produzione 14 nazionale era declinata il 4 per cento dal vertice del 1957, nei primi 3 mesi del '58". Il magno organo della plutocrazia qualificava tale declino come il peggiore delle tre crisi che si sono avute nel dopo-guerra. Alcuni osservatori, ed anche degli economisti, hanno rilevato che ancora non si è raggiunto il fondo in questo travaglio. Dinanzi a questa situazione l'Amministrazione repubblicana trasuda un ottimismo fenomenale, simile a quello addimostrato dalJ' Amministrazione di Hoover nel crack borsistico del 1929. Si nega la grave portata della crisi, dissimulandola con belle parole. Intanto il Governo, spinto dai legislatori e dai politicanti, si accinge a spendere e spandere il danaro del tesoro pubblico, ma in cuor suo il dubbio dell'efficacia delle misure adottate gli avvelena il sangue. In ogni modo si dovrà aspettare ancora parecchio per veldere quale effetto le spese federali avranno sull'economia. Il pubblico, oggi come oggi, non ha danari, e tutti, lavoratori e professionisti, insieme alle classi impiegatizie, sono gravati da pesanti debiti, Incorsi quando Il capitalismo CONTROCORRENTE
era nel suo periodo di prosperità. Nessuno può smentire che la vita de1l'americano, di qualsiasi classe o ceto, è ipotecata sino alla morte da obbligazioni e per debiti. Il capitalismo ha saputo ben mettere al collo del (libero) cittadino la catena della più orrida schiavitù economica. Cade cosi il suggerimento di Eisenhower di comprare almeno il necessario per aiutare le industrie, dato che le gran'di masse hanno scarso potere d'acquisto. Ciò non solo è dimostrato dalla disoccupazione, ma anche dal fatto che nel paese si ha oggi un "mercato di venditori", il che vuol dire che il commercio trova difficile il piazzare tra i consumatori le sue scorte di magazzino. Molti uomini di affari hanno astutamente gli occhi sui 16bilioni di risparmi giacenti nelle banche, e con ogni mezzo propagandistico fanno pressioni sui risparmiatori per mettere quel danaro in circolazione. Essi pensano che ciò potrebbe creare il miracolo della ripresa. Ma essi non sanno che aJcuni di questi bilioni sono già in circolazione, in forma di prestiti, e poi, anche dato che quella fantastica somma potrebbe essere spesa nel modo che si vuole, l'economia sarebbe in più terribili guai che non ora. Si avrebbe un ciclo inflazionistico che nè gli Dei nè gli uomini potrebbero raffrenare o controllare. E allora? In regime capitalistico poco o niente c'è da fare in queste faccende. Per sua natura il capitalismo è un regime di crisi in permanenza. Certo, esso ha i suoi periodi alti e bassi: i quali non sono basati sui bisogni umani ma sulle possibilità del mercato. La cosidetta prosperità capitalistica è la prosperità della stravaganza e della dissipazione. Il capitalismo è un sistema economico dissipatore per eccellenza, e perciò anti-economico. Ma la prosperità capitalistica è un mito puro e semplice, che nasconde una immane miseria morale e materiaJe. L'intervento dello Stato nella economia, creando fonti artificiali di mezzi e di bisogni, è stato sempre un elemento perturbatore di grave im01 UONO, 1958 porto. Tuttavia vi è molta gente che ciecamente vuole questo intervento - tra la quale figurano quei socialisti di Stato, cioè parlamentari e politici, che hanno sempre fatto, in nome della classe lavoratrice, da lustrascarpe alla borghesia. Un esempio che si può ormai dire classico dell'intervento statale nell'economia è quello avutosi nelle quattro amministrazioni Idi Franklin D. Roosevelt. Tutte le riforme del New Deal non approdarono a nulla, dimostrandosi incapaci di risolvere la crisi del capitalismo, che perdurò fin sotto a1la Seconda Guerra mondiale. Solo la preparazione, e poi lo sforzo bellico, riusci ad eliminare in parte la disoccupazione. Il dispendio guerresco, mettendo in circolazione forti partite monetarie, diede al capitalismo l'apparenza della prosperità. Ben presto però, nel 1948-49 e poi nel '52, l'economia fu di nuovo in crisi. Da nove e dieci mesi siamo nuovamente deliziati !dall'odierno collasso. Il capitalismo vuol risolvere la crisi col falcidio dei salarti dei lavoratori. C'è chi propone una moratoria sui prezzi e sui salarli, e c'è chi vuole decurtare le mercedi, asserendo che gli alti prezzi delle merci, delle derrate, dei manufatti e dei servizi sono i responsabili de1la crisi. Gli alti salarii influiscono sugli alti prezzi come i proverbiali cavoli a merenda. Si sa che il capitale paga agli operai il minimo necessario per riprodurre la forza-lavoro consumata in un dato tempo nella produzione. Il costo di questa forza-lavoro è, in ogni caso, negligibile. LI capitale si piglia per se sempre la parte del leone. In un'economia basata sulle leggi del "mercato libero" i prezzi 'dovrebbero essere determinati dall'offerta e dalla domanda, e nel caso presente dovrebbero calare, iperchè vi è offerta e non domanda. Ma qui noi oggi abbiamo alti prezzi su tutta la linea, il che vuol dire che l'economia è sotto l'influenza, o agisce, secondo i dettami di un "mercato monopolistico". I capitalisti non vogliono ammettere questo, forse per non gettarsi la zappa sui piedi, ed accusano gli alti salarii 15
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