Controcorrente - anno XIV - n. 5 - mar.-apr. 1958

SALVEMINI Continuiamo a raccogliere tribuiti e commenti scritti dopo la fine di Salvemini. Più che espressioni dt cordoglio questi scritti analizzano l'uomo e la sua opera. La scomparsa fisica dello storico e del combattente è incidentale. Salvemini vivrà nelle sue opere. La sua battaglia politica sarà ricordata come simbolo dt purezza e di coraggio. Noi vogliamo contribuire a tener vivo il suo nome,. Questt scritti dicono sopratutto quanto profonda sia l'ammirazione degli italiani che pensano per le battaglie combattute da lui in difesa del popolo e del suo paese. C'è ragione di essere orgogliosi e fieri di questa testimonianza per un combattente col quale abbiamo avuto la fortuna di lavorare in difesa della povera gente. Vogliamo che i lettori di CONTROCORRENTE - che hanno seguito ed ammirato il grande storico - seguano con noi questa superba espressione di rispetto e di ammirazione. COSE VISTE SAL VEMINI IN CARCERE Quando nel 1925, Gaetano Salvemini fu arrestato dal governo faroista, Ugo Ojetti, che era amico del Salvemfoi fino dal 1909 - l'aveva conosciuto in casa di Carlo Piacei - si affrettò a chiedere il permesso di visitarlo al carcere delle Murate. E dopo la visita scrisse una di quelle sue mirabili "Cose viste", che è restata inedita fino alla morte di Salvemini. Siamo lieti di pubblicarla. E' una pagi,1a, che ritorna a onore del letterato insigne, che non esitò a riaffermare una fedeltà all'amicizia, più forte dei rigori del regime dittatoriale. E' superfluo ricordare che Ugo Ojetti ·usava firmare le "Cose viste" con lo pseudonimo di "Tantalo". Firenze, 11 agosto 1925. Ho avuto dal Procuratore del Re il permesso di visitare Gaetano Salvemini. Non ero mai stato nel carcere delle Murate. Sotto il portone, donne e bambini aspettano il loro turno per visitare anch'essi i parenti e gli amici rinchiusi. - Lascia passare i'ssignore, oh nini. - Già, ma a metà dell'androne un cancello di ferro, foderato di lamiera, mi ferma. Cerco un campanello. - Vuol vedere come s'ha a fare? - n donnone azzimato che gentilmente mi sorride e consiglia dà con la mano inanellata due pugni sulla lamina, sonora. Doppio giro di chiave e il cancello s'apre. Entro il cancello 18 c/.lrticolodi Ugo Ojetti vien richiuso con altri due giri di chiave. Mostro il biglietto col bollo e il permesso. - S'accomodi. Appena viene una guardia, lei entra. - Mi seggo su una panca di legno lustra e sverniciata tra un serto d'agli o una pagnotta da soldato. Qui l'androne tra le due porte ferrate è dipinto di verde speranza, e col portinaio che è un leccese parliamo della piazza, laggiù, di Sant'Oronzo patrono di Lecce e miracoloso. Da uno sportellino quadrato e tagliato sul portone di là scorgo nel sole un cortile ben spazzato e contro un muro giallo quattro muse paradisiache adorne ai piedi d'un serto di gerani e di convolvoli. - Ci avete anche un giardiniere? - Caro signore, qui si trova di tutto. Finalmente s'apre un usciolino e mi lasciano entrare in un corridoio e dal corridoio in una stanza color (ii rosa sulla cui porta è stampato "Magistrati". Troppo onore. In un angolo vi sorge una gabbia larga tre palmi, alta due metri, fatta d'aste di ferro verniciato di nero fino all'altezza delle mani d'un uomo, e poi di bianco. Faccio per passare il tempo l'inventario: un sofà, una stufa, un lavamano, CONTROCORRENTE

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