E Giuseppe Garibaldi dopo averlo letto scriveva da Caprera: "Caro Rapisardi, "Ho divorato il vostro "Lucifero". L'opera grande! Voi avete scalzato l'idolo di tanti secoli e vi avete sostituito il vero. Se la metà degli italiani potessero leggerlo e comprenderlo l'Italia raggiungerebbe il suo terzo periodo d'incivilimento umano. Sulla classica terra d'Archimede voi avete sollevato un nuovo mondo. Coraggioso! All'avanguardia del progresso noi vi seguiremo e possa seguirvi la nazione intera nella grande opera di emancipazione morale da voi eroicamente iniziata. Accogliete un bacio fraterno dal vostro correligionario". "G. Garibaldi". E Cesare cantù gli scriveva: "I vostri versi sono tanto belli che mi fanno dispetto". Francesco De Sanctis il più grande filologo che vanti la letteratura moderna sentenziava: "Lo Zumbini, il Bovio e il Rapisardi sono i tre luminari della nostra letteratura". "Giobbe" è la terza opera. Il capolavoro! E' scienza e poesia: è epica è lirica alta e sincera. Dopo aver liberato l'umanità da ogni credenza religiosa, trasformando la scienza in fantasmi !d'arte il poeta viene ancora a cozzare col dolore dinanzi l'infinito, l'inscrutabile, l'inconoscibile, l'ignoto. E che mi giova Questo ver ch'acquistai! Vero! E tal sempre A' venturi apparrà! Vano miraggio Del mio vano pensier non è poi questo! Che sei tu! Che son iof Perchè si nasce! Donde si vienef Ove si va! Tu taci Taci e sorridi. O notte, o abisso, O mistero infinito, io mi profo,ido In te. Per questa imme,isa ombra in che vivo Fuor che iZ mio vano interrogar non odo. Ma lo studio delle teorie di Galilei, Newton, Lamark, Keplero, Lyell, Huxley, Darwin, lo esaltano e lo infiammano fino al punto da affermare con la parola di "Iside" il trionfo fatale della scienza. 10 Nel "Giobbe" poi, rilevasi non solo l'artefice di versi eletti, il letterato, il poeta, ma ciò che più suol mancare alla poesia nostra dell'oggi: l'uomo, il cittadino, il pensatore, il vate che rispecchia nell'occhio triste della tr~tezza dell'abisso, molta parte della scienza, e dell'essere urna.no moderno. Il cantor del divenire umano è sopratutto poeta lirico. Le "Ricordanze" racchiudono i suoi sogni giovanili d'amore. La soavità, la delicatezza del verso lo confondono quasi col Leopardi e con lo Shelley. Empedocle e l'Asceta rivelano la più alta fantasia del poeta, i sentimenti più squisiti della sua anima, la sua fine sensibilità, la sua grande bontà. L'"Atlantide" è la più ardente e splendida glorificazione dell' Ideale libertario; è il canto più sublime che palpiti !d'amore e di libertà, è un fremito della nuova fede, è l'auspicio generoso d'un radioso avvenire. "Giustizia" è una raccolta di canti in cui l'odio è terribile ed implacabile contro gli oppressori. Il poeta sprona la massa dei lavoratori, gridando loro di non più dormire sul giacigli della loro miseria e della loro schiavitù. Il Trezza defini i canti di "Giustizia" terribilmente stupendi. E Cesare Lombroso proclamava il Rapisardi un genio autentico: il Lucrezio, il Giovenale d'Italia. Mario Raplsardi fu professore orldinario dell'Università di Catania, e vi insegnò con intermittenza per alcuni anni. Ma poi, come tutte le grandi anime, senti forte 11 desiderio della solitudine e conservando costantemente acceso il suo ideale si ritrasse per sempre senza uscire più di casa. Quando mori erano quasi vent'anni che i suoi concittadini non Io vedevano. Dante, Shelley, Victor Hugo, furono i prediletti poeti. Tre grandi idealisti. Tre grandi eroi della letteratura mondiale. Più d'una, volta gli venne offerta la candidatura politica e la ricusò. Anzi ad un invito insistente del filosofo di Trani cosi rispose: CONTROCORRENTE
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