Controccorente - anno XIV - n. 3 - nov.-dic. 1957

baule, tra le sue cooe, i balocchi dei suoi bambini periti nel terremoto di Messina; il Salvemini del dignitooissimo e povero esilio americano; il Salvemini degli amici e dei discepoli, sincero fino all'intolleranza, critico dei luoghi comuni e delle banalità fino all'esasperazione, polemico e aspro ma sempre scrupoloso e animato dal più onesto desiderio di capire, è una figura che difficilmente alcuno dimenticherà. Tutto in lui era esemplare, moralità, coerenza e limpidezza, soffuse - non è inutile dirlo - da un salone di poesia. Uno lettera dal carcere Pubblichiamo una lettera dal carcere di Gaetano Salvemini alla moglie Fernanda Luchaire. Salvemini fu arrestato a Firenze nel giugno 1925 in seguito alla denunzia del tipografo Pinzi al processo per il giornale clandestino "Non Mollare". Assolto alla prima udienza, i fascisti lo cercarono per ucciderlo . .Mia cara vecchia, spero che tu abbia ricevuto la lettera che ti scrissi mercoledi 10 giugno, da.Ile carceri di Regina Coel! di Roma. Non posso scrivere che una sola volta la settimana. E quindi tu non devi impen,sierirti dei miei lunghi silenzi. Ti scrissi da Roma che ero calmo, sereno, sicuro di me. Ti confermo la stessa informazione dopo questa settimana di esperienza. La mia vita materia;le non mi riesce quasi punto penosa. Ho una stanza pulitissima, esposta a settentrione, quindi fresca; vedo dalla finestrella un discreto rettangolo di cielo, animato da nuvole e da rondini e da passerotti. Vedo anche un cortile e un corridoio da cui passa continuamente della gente: occupazione tutt'altro che noiosa il vedere chi passa, riconoscere chi è già passato, prender nota dei nuovi venuti, ecc. La mattina, dalle 8,30 alle 10, ho la cosi detta "aria", vado cioè a prendere aria in un chiuso di 7 metri per uno e mezzo. Faccio 250 volte, su e giù lo spazio messo a m:ia disposizione, e cosi combino un chilometro e mezzo di passeggiata: assai più di quanto non fossi abituato a fare quando ero a piede libero. In fondo, noi studiosi siamo dei carcerati volontari: la clausura che deve essere atroce per un contadino avvezzo a vivere all'aria aperta, riesce punto grave per uno di noi. Essere in prigione, in fo~o, è come essere in un convento medioevale. Certo, questo posso dirlo perchè ho una cella a pagamento (due lire al giorno: non ti preoccupare per la spesa!). Se dovessi vivere in promiscuità con altre persone, la penserei - temo - diversamente. Il personale di guardia e di servizio del carcere è con me di una bontà e di una uman,ità che mi commuove e quasi mi rendono gradito questo soggiorno. La povera gente ha un gran'de ingenuo rispetto per i "signori"; se poi un "siginore" è un "professore" il rispetto diventa qualcosa di analogo a ciò che i credenti sentono pel sacerdote. Peccato che i sacerdoti, i signori e i professori siano, in generale, cosi poco degni di tanto rispetto. Insomma, cara la mia vecchia, fa conto che io stia non a Firenze, alle Murate, ma a Londra, in una stanza di DICEMBRE .1957 15

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