Controccorente - anno XIV - n. 3 - nov.-dic. 1957

propugnava l'abolizione del 1dazlosul grano e del premi concessi mediante le tariffe protettive ai baroni dell'acciaio e dello zucchero. Nè bisogna credere che l'esilio significò per Salvemini Il silenzio Infecondo. Al contrario, le sue energie si moltiplicarono, e la sua parola e i suol scritti ebbero una risonanza sempre più vasta in ambienti di lingua francese, inglese, spagnola. Salvemini continuò a fare scuola anche all'estero dalle cattedre delle grandi università americane di Yale e di Harvard, o mediante gli articoli di giornale e di rivista e i Jibri, tradotti In varie lingue. Chi scrive lo c-0nobbe negli S. U. nel 1940 ed appartiene quindi alla terza generazione dei suoi discepoli. Come ogni vero maestro Salvemini era socratico. Non imponeva mai agli altri le sue opinioni e Incitava i discepoli a trovare da se stessi la verità, pur guidandoli con pazienza ed amore nelle loro ricerche. Ascoltava attentamente anche Il discepolo più modesto e teneva conto del suo punto di vista e delle sue critiche e suggerimenti semprechè li ritenesse di buon senso e avanzati in buona fede. Credeva profondamente nei princlpii di libertà e democrazia e viveva quel principi! nei suoi rapporti con 1 discepoli. Rare volte cl è accaduto Idi trovare una persona cihe fosse altrettanto liberale, tollerante, aliena da qualsiasi dogmatismo. Madre Natura lo aveva dotato di. un temperamento focoso e impulsivo, ma egll riusciva a frenare 11 radicale e 11 ribelle che sonnecchiava in lui e ad essere rispettoso cli chiunque credesse come lui n'ella libertà di pensiero e di critica. Naturalmente contro 1 negatori dei suol princlpii, contro i totalitari di destra e di sinistra non transigeva. Quando conobbi Salvemini negli Stati Uniti avevo più di 30 anni, ed ero quinldi già formato da precedenti esperienze. Eppure, la consuetudine con Salveminl, con cui rimasi in quotidiano contatto per tre anni, tra il 1941 ed Il 1944, in qualità di suo assistente all'Università di Harvard, è sta.ta per me una esperienza decisiva. Quei tre a,nnll furono 1 più belli della mia vita, e 11lavorare per Salveminl e con Salvemini mi dette un senso di pienezza spirituale e di entusiasmo che non ho più sperimentato In eguale misura dopo di allora. E sono sicuro che moltissimi altri discepoli e collaboratori di Salvemini nelle altre battaglie in cui si impeginò a fondo direbbero la stessa cosa. Lavorando con sa1vemini si aveva il senso di partecipare al'.l. una eccitante avventura intellettuale. Il Maestro riusciva ad infondere nel discepolo Il suo entusiasmo per la ricerca della verità storica, ed il senso dell'importanza del lavoro che si stava facendo. Incitava al lavoro, mostrandosi riconoscente per qualsiasi risultato, per quanto modesto, accertato attraverso gli sforzi del collaboratore, per qualsiasi anche minuscolo frammento di verità ritrovato. La sua Illimitata devozione al lavoro e al dovere era contagiosa. Per lui si rinunziava volentieri alle domeniche e alle vacanze estive, dato che Il Maestro non conosceva vacanze. Soprattutto, si aveva il senso di dare una mano, di portare un contributo, sia pure piccolo, ad una causa che trascendeva 1 nostri interessi personali. In America Salvemin1 aveva impegnato una delle sue più belle battaglie: quella mirante ad muminare l'opinione pubblica del paesi anglosassoni sul problemi Interni ed internazionali italiani, per ottenere che l'Italia, che stava perdendo la guerra, non perdesse pure la pace, per fare in modo che Il suo territorio nazionale non fosse mutilato, che i vincitori distinguessero tra governanti fascisti colpevoli e popolo italiano rron responsabile delle malefatte del fascisti. Il Maestro aveva dedicato a questo com:plto le sue mlgllori energie. Alcuni di noi sentirono che bisognava aiutarlo, non lasciarlo solo. DICEMBRE 1957 11

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