Controcorrente - anno XIV - n. 2 - set.-ott. 1957

simbolo, anche per i comuniSti, del tempo felice. Non fu se non un episodio temporeggiatore. L'Italia rimaneva, come fu detto ,allora, un maso chiuso di trenta m!l1oni amm1nistrata da trecentomila per conto di trenùla, e ogni segno di democrazia si infrangeva con.tro quella realtà. Salvenùni conosceva il pensiero di quei tremila o più che fossero, come se se ll avesse f.atti; a questo serviva essere storico. Ricordava quel convegno di Sala Aragona nel 1894, nel quale i latifondisti avevano chiesto l'abolizione dell'istruzione elementare; e tante, infinite altre cose ancora, che la storia idealista dimentica. Sapeva le ragioni, non solo le parole, di Crtspi, Pelloux, Salandra o SOnnino. E quindi la sua dottrina, come quella di Jefferson, era di aggressiva, implacabile vigila,nza. Tanto ebbe ragione che si videro malgrado tutti i proprietari del paese, con infaticabile arte di bagatto, produrre nazionalismo, fascismo, qualunquismo, clericalismo, pagnottismo, gettando a mare via via tutto li "loro" Risorgimento pur di sventare la storia. Cosi fu che, quando ebbero alflne soppresso la Costituzione, Salvemini fondò il suo secondo giornale, creando le vie della stampa cl.andestina in Europa. Fu Non Mollare, da cui doveva formarsi l'ossatura della Resistenza. Passato all'es!l1o, continuò a documentare le scempiaggini dell'antifascismo. Venti arul,1 più tardi, tornato in patria, dove tutti erano diventati antifascisti, continuò a. documentare gli errori dell'antifascismo, proprio come quar.a.nt'anni prima aveva documentato gli errori del suo primo socialismo. Era cosa meravigliosa vedere come bastasse una sua domanda precisa e intempestiva, un richiamo ai fatti o alla logica, (non quella crociana) per port.are un biblico spiritus veritiginis nellw compagine cosi bene adagiata del pubblico cosiddetto colto. Andava per forza di contraggenio a tutti, ma non gli mancavano mai i giovani attorno, voglio dire quelli che contano. Era forse perchè questo greco d'Apulia, che di Democrito aveva la dura chiarezza, di Socrate il taglio e l'ironia, e certo la cura delle anime, possedeva anche quella gioventù dello spirito propria alla civiltà ellenica. Era sempre visitato, come Socrate, dal suo dio 1interiore, che gli diceva soprattutto di no, e ancora no (si diceva già a Sparta che i Persiani erano schiavi perchè nessuno sapeva pronunciare quella paroletta no), mentre è noto che agli dei variopinti degl'italioti, quali e quanti che siano, si richiede di dir di si, infaticabilmente di si, e di largir grazie a giumelle senza badare al merito della causa. n conflitto era inevitabile. Avrebbe dovuto vivere al tempo dei Comuni che aveva tanto studi.ato: anche la sua sensibilità artistica tendeva a rifiutare quel che viene dopo il primo Rinascimento, quello dell'Italia salvatrice. A contatto con la cl.asse mandarina dell'Italia di oggi, era un po' come il diavolo e l'acqua santa. Pagano in fondo anche lui, ma intrinsecamente religioso e morale, si trovava di fr&nte una coltura amorale, politeista, ritualista., ove la furbizia largamente dispiegata nasconde una vitalità animalesca e improvvida, quella che non vuole pensieri e viceversa si infogna sempre nei guai, che riesce a fare anche del Vicario di Cristo un dorato e gualdrappato idolone di fertilità. Come fare a inte~ersi? Credo che se Coluccio Salutati tornasse in vita, non si troverebbe più spaesato che non fosse Salvemini. L'italiano moderno m:fte una certa civetteria nell'inia.lberare un "ca' nisciuno è fesso" che ricopre poi una aredulltà da buon. figliuolo e un sincero a,nelito al conformismo. Salvemini aveva la civetteria inversa di nascondere la sottigliezza del suo spirito dietro giudizi squadrati e postazioni tutte in bianco e nero. Le sue grandi semplificazioni ("E' un generale? Basta") erano intese a sganciare la mente dalle costruzioni artefatte, dagli accomodamenti che nulla accomodano, e metterle di fronte 8 CONTROCORRENTE

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