Controcorrente - anno XIV - n. 2 - set.-ott. 1957

le persone influenti, anche fra i suoi amici sohietti, dicevano con aria pensierosa che il momento non era ancora maturo. Dicevano molto giusto: Salvemlni, al!lcor che ottantenne, era in vita. E flnchè fu in vita, vedi caso, gli rimasero chiuse le colonne della grande stampa, sia di destra che di sinistra. Eppure i suoi periodici li ,aveva saputi avere, in quanto se li fece da se. Il suo massimo contributo alla vita itaUana si riassume nei nomi di Unità e di Non Mollare. Finchè vigeva La libertà., Salvemini assistito da alcuni amici, come Antonio de Viti de Marco (altro meridionale non conformista, se pur da lui diverso, Luigi Einaudi, Edoardo Giretti e anche mio padre, dette vita a una polemica inflessibile contro gli abusi della classe detentrice dello Stato. La polemica svelava il sost11ato economico, il colonialismo del Nord nei riguardi del Mezzogiorno, ma era essenzialmente rivolta contro il costume retrivo e contro ogni vana ideologia atta a mascherarlo. Vengono da Salvemini tanto la revisione del socialismo iniziata da Carlo Rosselli quanto quella del liberalismo di Piero Gobetti; viene da lui, fuori ed entro la scuola italiana, lo spirito dell'educazione "laica" negli studi morali e nella vita pubblica; e una immagiiile di società. democratica in cui i diritti del popolo fossero difesi dai suoi rappresentanti nei termini stessi delle esigenze e degli interessi dei mandanti. Salvemini voleva che ci s'intendesse col "contadino pugliese", figura di un popolo oppresso e ingannato, su ciò che realmente pensava e voleva, che lo si ajutasse ad esprimerlo. Cosi, Salvemlini fu l'antiretorico. Diceva di aver potuto capire qualche cosa grazie a Euclide. Non voleva vedere se non problemi co~reti, analisi di fondo, costruzione pezzo a pezzo di un paese di cittadini. Anche Giolitti fu l'uomo dell'antiretorica, si è detto, e fu errore storico di Salvemini il non comprendere la sua funzione salutare in quell'epoca. Ma Salvemini, e non fu il solo, vedeva in lui il manipolatore delle maggioranze, il patrono delLa piccola borghesia burocratica diseducatrice, il responsabile dei "mazzieri" che dettav.ano elezioni nel Sud. Si portò candidato della sua gente contro le clientele giolittlane, perdette, descrisse quella campagna J.n un famoso pamphlet, "Il ministro della mala vita." Più tardi, eletto, continuò la sua campagna in Parlamento'. "L'on. Salvemini, diceva Giolitti bonariamente, non si rende conto di essere il mio migliore alleato. Quando si leva per attaccarmi, tutta la Camera si volta contro di lui, e dimentica la mia modesta persona". Il giudizio del grande uomo di Stato non è condanna ma definizione della parte che ebbe Salvemini nella vita nazionale. Era fuori del gioco del politici, quindi sommamenite pericoloso. La politica è arte del possibile, quella di Salvemini era scienza della ·responsabilità non evitabile, presenza della storia vera, quella che i dirigenti italiani hanno sempre avversato, e con ogni mezzo cercato di soan,sare. La sapienza di Giolitti stava nel menare avanti la barca, nel rinviare le scadenze perchè è verissimo che strada facendo molte cose si accomodano da se. Molte ma non tutte, e le sciadenze non affrontate cl hanno portato alla fine al regno del preti. In cui, come ha osservato un cardinale intelligente, qual'UIIlqueproblema si affronta in tre tempi: prima, lo si nega; secondo, lo &1,.rinm; terzo, quando si è alle strette, si fa ricorso al santi specializzat:!"."'L'Italia vive una parodi-a del giolittismo. Ricordo, verso il 1930 , Mario Ferrara in un breve momento di sconforto, quando gli sembrava veder vtenire il momento della inevitabile sottomissione al fascismo: "Potremo almeno dire, faceva, che non siamo mai stati giolittiani". Mi pare giusto soffermarsi su questi momenti vissuti, perchè oggi, a disfatta consumata, Giolitti è diventato OTTOBRE 1957 7

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