suo pensiero. (L'ateismo di Salvemini, ad esempio, non gU impediva di avere 11 più grande rispetto per le persone religiose; ma, per essere religioso, bisognava dimostrarlo con tutta la vita; non solo biascicare giaculatorie in chiesa). Se 11 suo interlocutore accettava - anche solo come ipotesi provvisoria, come strumento di lavoro - di agganciare 11 primo anello de! sillogismi al suo medesimo arpione, er.a condotto alle sue conclusioni, dalla medesima necessità che porta chi accetta 1 postulati della geometria euclidea a consentire ,a tutti i teoremi che vengono da essi dedotti. L'insegnamento di Salvemin! non era mai dogmatico: sua preoccupazione era quella di formare lo spirito critico più che di accrescere le cognizioni nel cervell! dei discepoli. Voleva, come Socrate, essere solo l'ostetrico, che aiuta a mettere alla luce la verità: la verità che ognuno porta dentro di sè. Parlando con un giovane, non profittava mai della sua superiorità per chiudergli la bocca; cercava, invece, di trovare ne! suol discorsi quel che c'era di buono, da prendere sul serio. - Tu ha! voluto dir questo, non è vero? - domandava. Ed anche nella melma delle idee più confuse riusciva sempre a setacciare qualche pagliuzza d'oro. Il giovane riconosceva che quel1a pagliuzza era sua, ed acquistava fiducia in se stesso. A poco a poco imparava a non accogliere nessuna affermazione, venisse anche dal Padreterno, senza sottoporla al vaglio della propria ragione; imparava a domandarsi a cosa servono le consuetudini e le istituzioni esistenti, anche le più venerande; imparava a battere con le nocche sull'intonaco delle parole per sentire quel che c'è dietro: 11gesso, la pietra viva o 11vuoto; imparava ad impostare 1 problemi nei loro giusti termini, senza lasciarsi deviare dalla passione; imparava a definire 11significato dei vocaboli e a tenerlo fermo fino in fondo al discorso; imparav.a a non vergognarsi di ripetere mille volte che non capiva, 12 anche quando tutti assicuravano di aver capito. Imparava ad essere non conformista. Anche Salvemini sapeva che non è possibile far completamente a meno delle parole astratte e delle teorie generali; ma cercava di ridurre il più possibile il loro campo di applicazione. Non poteva sopportare I fabbricatori di sistemi, che volteggiano sul trapezio degli "universali", convinti di dire cose tanto più profonde quanto più riescono incomprensibili al volgo profano. Il prototipo di questi "filosofi" era, per lui, Giovanni Gentile. "Il suo cervello è come un filtro alla rovescia - ho trovato in suoi vecchi appunti -. Se ci versate dentro delle idee chiare ne escono torbide. · Se ponete a Gentile una domanda e lui vi risponde, non riuscite più neppure a capire la vostra domanda". Invece di presentare 11 Popolo, Il Progresso, la Democrazia, la Rivoluzione come protagonisti della Storia, Salvemini cercava di capire che cosa avevano pensato, che cosa avevano voluto, ! singoli personaggi: Tizio, Caio, Sempronio, figli di quei dati genitori, allevati in quel dato ambiente, che esercitavano quel dato mestiere. Piuttosto che parlare della Libertà con la "L" maiuscola, valida in tutti ! tempi e in tutto 11mondo, preferiva parlare delle singole libertà: la libertà di stampa, la libertà di associazione, la libertà di sciopero, in tale anno, in tale paese. Non contrapponeva mal il proletariato in blocco alla borghesia in blocco. Distingueva la borghesia in gruppi, a seconda della diversità degli interessi, della potenza, della funzione sociale. E, contro la concezione mitlc,a della "unità del proletariato", rilevava che i lavoratori settentrionali hanno interessi contrari a quel!! dei lavoratori meridionaU; i lavoratori delle campagne hanno interessi cont1:1aria quelli de! lavoratori delle città; gli operai delle grandi industrie parassitarie hanno interessi contrari a quelli degli operai che vivono fuori della zona del privilegio, e fanno anche causa comune con gli imprenditori e 1 capitalisti delle industrie in cui sono occupati, per meglio CONTROCORRENTE
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