Controcorrente - anno XIV - n. 2 - set.-ott. 1957

GAETANO SALVEMINI t.

!FRANOII LA RINASCITA di C'ot1trocorre11te ha suscitato entusiasmo Imprevisto. Compagni lontani e vicini hanno espresso sentimenti vlv:i di compiacenza e di augurio. Nei prossimi numeri pubblicheremo alcurrl di questi consensi. Apprezziamo queste espressioni di augurio oltre ogni dire. Assicuriamo fin d'ora che faremo di tutto per giustificare la fiducia che I compagni hanno riposto In noi. • ABBIAMO SPEDITO centinala di copie del primo numero agli Indirizzi delle liste In nostro p05Sesso. Nol sappiamo se la rivista sia giunta a destinazione. Nel corso degli ultlml anni molta gente si è mossa. Chi è tornato in Italia, chi è andato In Florida o in California. , Saremo gratissimi a coloro che hanno avuto i primi numeri se si faranno vivi. Ci dicano se desiderano ricevere regolarmente. Ciò è assolutamente necessario. SI eviterà cosi spreco dJ tempo e denaro. • IMMEDIATAMENTE dopo la rioomparsa di Controcorrente diversi compagni di paesi vicini e lontani sono ve-nutl a trovarci. Abbiamo avuto Il piacere di stringere la mano e chiacchierare di cose nostre con Alfonso Di Carlo di Phlladelphla, Nicola Flore di South Boston, Fernando TarabelJI e Alessandro Bartoluccl di Somerville, Pietro DI Legami di Roxbury, Joe Moro e Giorgio Olivieri di Haverhill, E. Gerardl e Luigi Costantrlni di Lynn, Michele Palrnlerl di Framingham. Rivedere questi compagni ci ha fatto molto piacere. • I LA FINE DI SALVEMINI ha prodotto un senso di cordoglio generale fra i oompagnl che lo conoscevano e gli erano affezionati. Molte sono state le telefonate al nostro uftlc:lo e i messaggi di cordogUo. Esprimiamo a tutti I nostri ringraziamenti più senti!ti. • LA POST A cl ha ritornato dive11se copie della rivista Indirizzate a nomi che sono nelle liste da molti anni. Abbiamo sospeso a malincuore perchè si tratta di amici di vecchia data. Slamo certi che essi desiderano ricevere. Se qu!1cuno di questi amici ci leggerà si faccia vivo. • COPIE DI SAGGIO sono state spedite anche nel Sud America e In Italia. Non sappiamo se l'indirizzo è corretto. • Coloro che ricevono faranno bene a dirci se dobbiamo continuare a spedire. Non ricevendo nessun cenno sospenderemo. IL GRUPPO CARLO TRESCA di Phlladelphla cl ha fatto pervenire a mezzo del compagno Alfonso DI Carlo una bella dichiarazione di solidarietà e di augurio. SI promette di aiutarci come nel passato. Non dubitavamo che d compagni di quel gruppo sarebbero stati con noi. Ringraziamo senti1Jamente. • ALFONSO DI CARLO zato a rappresentare Philadelphia e fuori. potranno versare a lui trlbuzionl. • è sempre autorizCcmtroaorrente a I nostri compagni abbonamenti e conALCUNI LETTORI hanno espresso la loro sorpresa per non aver trovato nello scorso numero alcun cenno al nostalgici che conc:lonano alla Radio. E' ancora presto. Intendiamo occuparcene. I vecchi fascisti che ora fanno uso della maschera democratica, sappiano che non cl slamo dimenticati di loro. Tutt'altro! • L'ECO DELL'ANNIVERSARIO dell'assassinio di Sacoo e Vanzettl è giunto dappertutto. Era nostra Intenzione occuparcene diffusamente In questo numero. Cl manca lo spazio. Lo faremo nel prossimo. E' nostro proposito documentare Il più possibile. Intanto ringraziamo I compagni che hanno scritto manifestandoci Il loro entusiasmo e solidarietà. • APPRENDIAMO con vivo dolore che Il compagno Luigi De Santis di Worcester ha recentemente perduta la sua adorata compagna, Mariannlna. A lui e alla famiglia le nostre più sentite condoglianze. • COLORO che ricevono la rivista e non la desidera.no sono pregati di notificarcelo. Questa cortesia ci metterà in condizione di eliminare dalle liste nomi superflui. • RIMANGONO sul marmo altri tributi a Salvemlni. Fra questi vi sono quelli di Massimo Salvador!, Leo Vallani, Luigi Salvatorelli, "La Voce Repubbl•cana" ed altri. Appariranno nel prossimo numero. Intendiamo rendere questo tributo a Salvemini, Il più completo possibile. • LE NUOVE disposizioni postali permettono un limitato numero di COPIE DI SAGGIO. Presto dovremo sospendere l'invio a ooloro che non avranno lnvjato l'abbonamento. Chi desidera ricevere regolarmente la rivista provveda . • LETTERE, •articoli, vagLia postali, checks ed ogni altra comunicazione riguardante la rivista, devono essere indirizzali a Controcorretlte, 157 Milk Street, Boston 9, Mass.

RIVISTA DI CRITICA E DI BATTAGLIA Fondata nel 1938 - Direttore: Aldino Fellcanl Indirizzo: CONTROCORRENTE, 157 Mllk Street, Boston 9, Mass. CONTROCORRENTE ls Plll>llshodbl-monthly. Mali adchss: 157 Milk St., Boston. Aldino F•llcanl, Editor ond N>llsh<r.. Offa:• of ptlbllcatlon157 Mllk Sl., Boston9. Appllcallon far second,çfassmail prMlegosat Boston, 1s p<ndi119,Sub5aiptlon$3 a )<ar. Voi. XIV (New Serles) No.2 BOSTON, MASS. September-October, 1957 SALVEMINI Gaetano Salvemini - il nostro "vecchio" come lo chiamava,no qui coloro che gli erano veramente affezionati - ci ha lasciato·. Ha finito di lavorare e di lottare. La sua. è stata una vita articolata dal principio alla fine. Una vita di continuata battaglia in difesa delle cose più care nella esistenza della gente che vive di fatica. La sua giornata l'ha spesa co.sl, una battaglia dopo l'altra, perchè gli italia,ni potessero respirare in una atmosfera libera dall'oppressione delle forze dell'oscurantismo e della tirannide. Salvemini è stato uno storico insigne. E' stato un maestro che ha lasciato dietro di se una devozione ed un proselitismo che inspirano. Dello storico e del maestro parlano degnamente coloro che sono in condizioni di farlo con competenza e con giustizia. Noi vogliamo parlarei dell'uomo come ci è apparso negli anni in cui abbiamo avuto la fortuna di lavorare con lui. Un uomo di grande energia e coraggio. Un uomo di integrità a tutta prova. Un uomo di onestà cristallina. Sopratutto un uomo buono, di una generosità commovente, sempre pronto ad aiutare chi avesse bisogno di lui. Nelle nostre relazioni con lui, durante il corso di diversi anni, abbiamo avuto occasione di mettere al1a.prova la sua generosità. Più di una volta compagni sono venuti a noi con problemi relativi all'educazione dei loro figli. Non importa quale fosse la natura dei problemi, il nostro "vecchio" trovava sempre la maniera per risolverli. Uoo volta presentato il caso, Salvemini pensava lui a fare il resto. Diversi giovani possono testimoniare quanto grande fosse l'interessamento di Salvemlni per spianare la via a coloro che si rivolgevano a lui per avere accesso all'educazione desiderata. Ma la generosità di Salvemln1 non consisteva soltanto in questo. Sarebbe il caso di menzionare i casi di persone scaraventate, qui durante i giorni neri della. guerra. Coloro che fuggiaschi, soli e senza mezzi, si dirigevano a 8alvemin1, trovavano non solo la porta aperta, ma un uomo che non si dava pace fino a che non avesse risolto in qualche modo il problema del momento. Salvemini non parlava mai di queste cose. Agiva. Aiutava e dimenticava. • • • Quando Salvemiilli venne in America la delinquenza fascista aveva terrorizzato il nostro paese. I massacri, le devastazioni, le torture, le

l)ersecuzioni delle masnade nerocamiciate avevano trasformato l'Italia ln un inferno. Le prigioni erano piene di uomini che avevano indicato agli italiani la via della resistenza. Le violenze più insensate impedivano alla gente di respirare liberamente. Salvemini ,aveva lasciato l'Italia col cuore in tumulto. Il veder,e l'Italia sotto la sferza di bande selvaggie, accecate dall'odio, gavazzanti nel delitto e nel sangue, l'aveva spronato a varcare l'Oceano. Egli nutriva fiducia di trovare chi l'avrebbe aiutato nel compito di smascherare i delinquenti che avevano ricacciato l'Italia nena notte medievale. Con una energia formidabile Salvemini iniziò il suo lavoro di seminagione fra gli americani per far conoscere la vera f.accia del fascismo. Il denaro speso dal governo di Mussolini per guadagnare consensi in America aveva dato i suoi frutti. La Lega Fascista del North America, con a capo il conte Thaon de Revel, spendeva denaro e attività, per ottenere protezione e influenze nelle alte sfere. I facinorosi sostenitori del regime facevano chiasso. Gli elementi più torbidi del bassofondo nelle più grandi città, come Boston, Chicago, New York, Philadelphia, Pittsburgh, Detroit, s'erano costituiti in Fasci di Combattimento. La feccia composta dal prominentume coloniale che s'era servita fino allora del nome del Re per sfruttare l'emigrato con speculazioni patriottiche, partecipava alle parate con i gagliardetti in testa plaudendo ,a.I Duce. L'elemento italiano antifascista era attivo ed agguerrito. Si pubblicavano allora molti periodici italiani, unainimi nel denunciare la delinquenza nerocamiciata. L'opposizione al fascismo nel campo italiano era intensa ed efficace. Le fazioni politiche senza distinzione, con i loro organi di propaganda, concentrava.no sul nuovo flagello distruttore della vita civile italiana. Il cozzo fra le forze antifia.sciste e la delinquenza squadrista era inevitabile. Venne. In conseguenza di questi conflitti che ebbero ripercussioni tragiche in diverse città, la Lega Fascista del North America fu sciolta. Le autorità americane si convinsero che permettere ai fascisti di inscenare in America manifestazioni di carattere squadrista sarebbe significato portare la guerra civile nelle comunità italiane. * * * Il compito di Salvemini era quello di penetrare fra l'elemento americano. Occorrevano dei nomi di personalità che avessero del seguito. Fu cosi organizzato il gruppo degli "Americain Friends of Italian Freedom", composto di elementi liberali conosciuti e rispettati. 1 All'epoca io ed un gruppo di amici liberali americani, pubblicavamo LANTERNu,na rivista mensile in lingua inglese, esclusivamente dedicata all,a. battaglia contro il fascismo. Scopo precipuo di questa pubblicazione era quello di documentare la politica pazzesca di Mussolini e i suoi metodi terroristici di governo. Eravamo riusciti ad ottenere la collaborazione di scrittori abili e noti che erano in simpatia col nostro lavoro. Il pubblico americano era apatico ed indifferente. Si credeva il fascismo un prodotto esclusivamente italiano da non destare preoccupazione in America. Dopo qualche tempo il gruppo degli "American Friends of ltalian Freedom" pensò di fare uso della nostra rivista. Fu deciso di dedicare diverse pagine della rivista come "Sezione" del gruppo americano, per le documentazioni intese a smentire false asserzioni apparse nella stampa magna in f,a.voredel fascimo. LANTERNnon ebbe lunga vita. Sorta nello Ottobre 1927 sospese le pubblicazioni nell'Agosto del 1929. Dovemmo ripiegare per mancanza di mezzi. 4 CONTROCORRENTE

Intanto Salvemini aveva cominciato a penetrare Collegi e Università. Le sue conferenze si facevano più numerose. La continua denuncia del fascismo cominciava ad avere i suoi effetti. Queste ,attività avevano messo Salvemini in condizione di raccogliere simpatie per la causa antifascista. Non solo simpatie, ma a,nche mezzi per finanziare giornali e movimenti il cui scopo era di far penetrare in Italia e all'estero fogli di propaganda contro il regime. Non è mistero la parte avuta doalSalvemini nella fondazione del movimento di "Giustizia e Libertà" e di movimenti affini, attivi nelle imprese miranti ad affrettare la fine del regime. I risultati delle febbrili attività di Salvemini fecero perdere le staffe ai pennivendoli assoldati da Mussolini in America. Sono memorabili gli attacchi del "Corriere d'America", il quotidiano fondato e diretto da Luigi Barzini a New York. Citi•amo il nome di Barzini perchè egli era ritenuto un galantuomo, oltrechè un astro nel campo del giornalismo italiano. Il Barzini negli attacchi contro Salvemini si era rivelato un servo abbietto del regime, una prostituta morale, una carogna insorpassata. Nella sua campagna diabolica egli faceva appello agli istinti caratteristici nello squadrismo. Invocava la soppressione fisica di Salvemini. Solo l'invidia, la gelosia, la preoccupazione del salario potevano spiegare tanta furia e tanta follia. Altri pennivendoli fecero coro a Barzini. Si voleva rendere inefficace l'opera di Salvemini. Ma Barzini era tutta l'espressione di una diffamazione e di una vendetta assassina senza precedenti. Lo scopo di quelle campagne, condotte con metodo e perfidia insupevata, era quello di rendere la vita impossibile a Salvemini in America, come gli si era resa la vita impossibile in Italia. Queste campagne erano istig.ate dal governo di Roma. Gli agenti dell'Ambasciata e dei Consolati avevano l'incarico di discreditare Salvennm. Si mirava ad isolarlo e chiudergli la porta presso le istituzioni che potevano offrirgli l'opportunità di continuare la sua opera di storico e di educatore. Ma Salvemini non era uomo facile ad essere intimidito. Era stato fra i primi ad organizzare gruppi di resistenza al fascismo, e sapeva rendere pan per focaccia. Lo spirito del "Non Mollare" era la sua bandiera. Non si contano gli articoli contro il regime scritti per riviste americane che, forti delle loro tradizioni liberali, spalancavano volentieri la porta al profugo illustre, braccato dalla implacabile polizia di Mussolini. Le conferenze si susseguivano in ogni paese del continente americano. Non tenteremo di menzionare l'opera monumentale di Salvemini, prodotta negli anni di residenza in America - conferenze, articoli, opuscoli, libri. Negli ambienti politici e universitari Salvemini era ricercato e rispettato. Il suo nome corre tutt'ora su tutte le bocche come simbolo di rettitudine politica e morale. Il suo indomito spirito battagliero, sempre pronto, inspirava. Egli si considerava un democratico Jeffersoniano. Stimava le persone in buona fede anche quando il loro giudizio differiv.a dal suo. Non nascondeva le sue simpatie per uomini che all'anarchismo avevano dato i migliori palpiti del loro cuore. Ammirava Errico Malatesta. Era orgoglioso di avere avuto Camillo Berneri fra i suoi studenti. Quando Berneri fu ucciso in Spagna dai comunisti, ne fu colpito come si fosse trattato di un suo figlio. I nostri lettori conoscono le attività di Salvemini. La sua collaborazione a CONTROCORRENTE durata degli anni, ha suscitato molti entusiasmi. Il carattere polemico degli scritti di Salvemini è ricordato con nostalgia OTTOBRE 1957 5

da tutti noi. Egli non era abituato a fare uso di guanti quando si trattava di mettere alla gognia i nemici della libertà. La sua. penna stroncava. Era implacabile con i disonesti, non importa se vestissero la sottana del prete o la camicia rossa. Negli anni in cui abbiamo diviso questa tribuna, Salvemini non si è dato pose di superiorità. Modesto e semplice come tutti i grandi. Egli non ha mai avuto ragione a lagnarsi di noi. L'abbiamo considerato un fratello maggiore. La sua intransigenza era fonte di ispirazione. Serviva di spinta a fare. Se qualche volta risentiva il linguaggio follaiolo usato da qualcuno di noi, non gettava acqua sul fuoco. Gli piaceva stare in compagnia di persone che si muovevano anche se 11loro atteggiamento poteva sembrare esagerato. Quando cominciammo a denunciare la politioo di adattamento di alcuni dei leaders dell'antifascismo che erano ritornati in Italia come emissari del Dipartimento di Stato americano, egli consigliava moderazione. Quelli furono i soli casi in cui egli cercò di frenare la nostra impazienza. Una volta convinto che l,a nostra ribellione alle sudicerie dei politicanti istrioni era giustificata non ebbe più reticenze. Si mise lui in prima linea a sferrare l'attacco. La collezione di CONTROCORRENTE è piena dei suoi scritti poderosi, contenenti la sua rampogna contro i demagoghi di ogni risma. Noi siamo orgogliosi della nostra associa.zione con un uomo meraviglioso che la storia italiana riconoscerà come il più grande storico del suo tempo. Aldino Fellcanl Salvemienil demon di GIORGIO DE SANTILLANA E' scomparso l'ultimo grande Italia.no dei nostri tempi. Già si sente l'Italia cambiare aspetto. E' come se non vi fosse più metro per misurare la consistenza degli uomini e delle idee. Molti, in Europa, avranno sentito qualcosa di simile nell'anno della morte di Voltaire. Può sembrare strano un ravvicinamento fra l'occhietto aguzzo del signore di Ferney e lo sguardo candido, 11 sorriso espansivo dell'uomo di Molfetta ("Senti, quello che non puoi spiegare a un contadin,o pugliese, è inutile che tu provi a spiegarlo a me"), ma la somiglianza c'è: la ragione come una spada affilata sempre in atto a pro della chiarezza e della giustizi.a, una intransigenza intellettuale che nulla riesce a scalfire, 11dono della parola incisiva. Salvemini fu, anche lui, l'.anti-Rousseau, fu un autentico pamphlètatre dell'illuminismo; la sua molteplice figura non si organizza bene che attorno a un aspetto centrale, quello del massimo pubblicista italiano. Il maestro, 11 teorico politico, lo storico d.alla ferrea documentazione sono quasi aspetti sussidiari, perehè l'insieme delle sue capacità si forgiava e sfavillava giorno per giorno in risposta ai problemi dell'oggi. Tutto il suo studio del passata non si assestava in opere "definite" per le biblioteche universitarie, ma faceva capo alla formazione delle menti, a una rigorosa e polemica analisi del presente. Fu grande storico in quanto seppe essere uomo di parte (e questo si può dire di più d'uno fra i grandi storici, se pur le parti che presero furono meno ,apparenti). Ben le sentiva chi aveva da temerlo: in questi ultimi anni gli onori accademici non gli furono lesinati, ma quando si parlava di fargli avere un giornale, 6 CONTROCORRENTE

le persone influenti, anche fra i suoi amici sohietti, dicevano con aria pensierosa che il momento non era ancora maturo. Dicevano molto giusto: Salvemlni, al!lcor che ottantenne, era in vita. E flnchè fu in vita, vedi caso, gli rimasero chiuse le colonne della grande stampa, sia di destra che di sinistra. Eppure i suoi periodici li ,aveva saputi avere, in quanto se li fece da se. Il suo massimo contributo alla vita itaUana si riassume nei nomi di Unità e di Non Mollare. Finchè vigeva La libertà., Salvemini assistito da alcuni amici, come Antonio de Viti de Marco (altro meridionale non conformista, se pur da lui diverso, Luigi Einaudi, Edoardo Giretti e anche mio padre, dette vita a una polemica inflessibile contro gli abusi della classe detentrice dello Stato. La polemica svelava il sost11ato economico, il colonialismo del Nord nei riguardi del Mezzogiorno, ma era essenzialmente rivolta contro il costume retrivo e contro ogni vana ideologia atta a mascherarlo. Vengono da Salvemini tanto la revisione del socialismo iniziata da Carlo Rosselli quanto quella del liberalismo di Piero Gobetti; viene da lui, fuori ed entro la scuola italiana, lo spirito dell'educazione "laica" negli studi morali e nella vita pubblica; e una immagiiile di società. democratica in cui i diritti del popolo fossero difesi dai suoi rappresentanti nei termini stessi delle esigenze e degli interessi dei mandanti. Salvemini voleva che ci s'intendesse col "contadino pugliese", figura di un popolo oppresso e ingannato, su ciò che realmente pensava e voleva, che lo si ajutasse ad esprimerlo. Cosi, Salvemlini fu l'antiretorico. Diceva di aver potuto capire qualche cosa grazie a Euclide. Non voleva vedere se non problemi co~reti, analisi di fondo, costruzione pezzo a pezzo di un paese di cittadini. Anche Giolitti fu l'uomo dell'antiretorica, si è detto, e fu errore storico di Salvemini il non comprendere la sua funzione salutare in quell'epoca. Ma Salvemini, e non fu il solo, vedeva in lui il manipolatore delle maggioranze, il patrono delLa piccola borghesia burocratica diseducatrice, il responsabile dei "mazzieri" che dettav.ano elezioni nel Sud. Si portò candidato della sua gente contro le clientele giolittlane, perdette, descrisse quella campagna J.n un famoso pamphlet, "Il ministro della mala vita." Più tardi, eletto, continuò la sua campagna in Parlamento'. "L'on. Salvemini, diceva Giolitti bonariamente, non si rende conto di essere il mio migliore alleato. Quando si leva per attaccarmi, tutta la Camera si volta contro di lui, e dimentica la mia modesta persona". Il giudizio del grande uomo di Stato non è condanna ma definizione della parte che ebbe Salvemini nella vita nazionale. Era fuori del gioco del politici, quindi sommamenite pericoloso. La politica è arte del possibile, quella di Salvemini era scienza della ·responsabilità non evitabile, presenza della storia vera, quella che i dirigenti italiani hanno sempre avversato, e con ogni mezzo cercato di soan,sare. La sapienza di Giolitti stava nel menare avanti la barca, nel rinviare le scadenze perchè è verissimo che strada facendo molte cose si accomodano da se. Molte ma non tutte, e le sciadenze non affrontate cl hanno portato alla fine al regno del preti. In cui, come ha osservato un cardinale intelligente, qual'UIIlqueproblema si affronta in tre tempi: prima, lo si nega; secondo, lo &1,.rinm; terzo, quando si è alle strette, si fa ricorso al santi specializzat:!"."'L'Italia vive una parodi-a del giolittismo. Ricordo, verso il 1930 , Mario Ferrara in un breve momento di sconforto, quando gli sembrava veder vtenire il momento della inevitabile sottomissione al fascismo: "Potremo almeno dire, faceva, che non siamo mai stati giolittiani". Mi pare giusto soffermarsi su questi momenti vissuti, perchè oggi, a disfatta consumata, Giolitti è diventato OTTOBRE 1957 7

simbolo, anche per i comuniSti, del tempo felice. Non fu se non un episodio temporeggiatore. L'Italia rimaneva, come fu detto ,allora, un maso chiuso di trenta m!l1oni amm1nistrata da trecentomila per conto di trenùla, e ogni segno di democrazia si infrangeva con.tro quella realtà. Salvenùni conosceva il pensiero di quei tremila o più che fossero, come se se ll avesse f.atti; a questo serviva essere storico. Ricordava quel convegno di Sala Aragona nel 1894, nel quale i latifondisti avevano chiesto l'abolizione dell'istruzione elementare; e tante, infinite altre cose ancora, che la storia idealista dimentica. Sapeva le ragioni, non solo le parole, di Crtspi, Pelloux, Salandra o SOnnino. E quindi la sua dottrina, come quella di Jefferson, era di aggressiva, implacabile vigila,nza. Tanto ebbe ragione che si videro malgrado tutti i proprietari del paese, con infaticabile arte di bagatto, produrre nazionalismo, fascismo, qualunquismo, clericalismo, pagnottismo, gettando a mare via via tutto li "loro" Risorgimento pur di sventare la storia. Cosi fu che, quando ebbero alflne soppresso la Costituzione, Salvemini fondò il suo secondo giornale, creando le vie della stampa cl.andestina in Europa. Fu Non Mollare, da cui doveva formarsi l'ossatura della Resistenza. Passato all'es!l1o, continuò a documentare le scempiaggini dell'antifascismo. Venti arul,1 più tardi, tornato in patria, dove tutti erano diventati antifascisti, continuò a. documentare gli errori dell'antifascismo, proprio come quar.a.nt'anni prima aveva documentato gli errori del suo primo socialismo. Era cosa meravigliosa vedere come bastasse una sua domanda precisa e intempestiva, un richiamo ai fatti o alla logica, (non quella crociana) per port.are un biblico spiritus veritiginis nellw compagine cosi bene adagiata del pubblico cosiddetto colto. Andava per forza di contraggenio a tutti, ma non gli mancavano mai i giovani attorno, voglio dire quelli che contano. Era forse perchè questo greco d'Apulia, che di Democrito aveva la dura chiarezza, di Socrate il taglio e l'ironia, e certo la cura delle anime, possedeva anche quella gioventù dello spirito propria alla civiltà ellenica. Era sempre visitato, come Socrate, dal suo dio 1interiore, che gli diceva soprattutto di no, e ancora no (si diceva già a Sparta che i Persiani erano schiavi perchè nessuno sapeva pronunciare quella paroletta no), mentre è noto che agli dei variopinti degl'italioti, quali e quanti che siano, si richiede di dir di si, infaticabilmente di si, e di largir grazie a giumelle senza badare al merito della causa. n conflitto era inevitabile. Avrebbe dovuto vivere al tempo dei Comuni che aveva tanto studi.ato: anche la sua sensibilità artistica tendeva a rifiutare quel che viene dopo il primo Rinascimento, quello dell'Italia salvatrice. A contatto con la cl.asse mandarina dell'Italia di oggi, era un po' come il diavolo e l'acqua santa. Pagano in fondo anche lui, ma intrinsecamente religioso e morale, si trovava di fr&nte una coltura amorale, politeista, ritualista., ove la furbizia largamente dispiegata nasconde una vitalità animalesca e improvvida, quella che non vuole pensieri e viceversa si infogna sempre nei guai, che riesce a fare anche del Vicario di Cristo un dorato e gualdrappato idolone di fertilità. Come fare a inte~ersi? Credo che se Coluccio Salutati tornasse in vita, non si troverebbe più spaesato che non fosse Salvemini. L'italiano moderno m:fte una certa civetteria nell'inia.lberare un "ca' nisciuno è fesso" che ricopre poi una aredulltà da buon. figliuolo e un sincero a,nelito al conformismo. Salvemini aveva la civetteria inversa di nascondere la sottigliezza del suo spirito dietro giudizi squadrati e postazioni tutte in bianco e nero. Le sue grandi semplificazioni ("E' un generale? Basta") erano intese a sganciare la mente dalle costruzioni artefatte, dagli accomodamenti che nulla accomodano, e metterle di fronte 8 CONTROCORRENTE

alle responsabilità immediate. All'alterigia dei rappresentanti dello Stato Etico, all'autorità esperta e indiscussa dei Maestri di Confusione e dei Dottori d'Iniquità si risponde non col solito argomentare "comprensivo" di chi vuol mostrarsi culto e civile, ma col puntare i piedi e col dare a quella gente fermamente del buffone, titolo che si può ampiamente dimostrare meritato. Ai soprusi clericali non vedeva che una risposta ugualmente concreta del cittadino. "Bombe 1n Vaticano. Che vuol che altro capiscano? La paura con quelli fa novanta. Ma lo vedi che nessuno prende l'iniziativa .... " Per oor l'esem;plo, metteva petardi sotto agli arcivescovi e si prendeva le querele impassibile. I querelanti si affrettavano poi a rimetterle pur di non avere da affrontarlo, documenti alla mano. "Buffoni". Bisognav,a sentire Il gusto meridionale che metteva In quella parola. Se fosse vissuto ai tempi di Aristofane, avrebbe saputo farsi sentire nell'Agorà. Nella Roma dei papi, dove metteva I piedi il meno possibile, si sentiva una assurdità vivente. Dice bene Ernesto Rossi: la impopolarità che Salvemini raggiunse in certi momenti non è stata mai raggiunta da nessun altro uomo politico italiano. Dei tempi in cUi era stato conclamato e vituperato come iantiitaliano e v11erinunciatario per la sua politica della nazionalità, rimaneva = ,appiccicaticcio ricordo nella mente del pubblico, uso a sapere che tutto può andare a posto purchè cl siano i buon,i sentimenti. Quello Il, si vede che non era una buonia persona, ecco, eppoi gli mancava 11senso storico. "Ma che senso storico, commentava Salveminl con una delle sue risate, a me mi manca 11 senso comune". Era proprio il senso comune che gli dava forza di storico. Ricordo ancora quel giomo d'invernio del 1916 (ero ragazzino allora) in cui Saivernini giunse a casa nostra In licenza dal fronte. Si scrollò di dosso la mantellina di fanteria, s'impancò di fronte a un piatto di riso ial burro, e disse: "Adesso che c'è la rivoluzione in Russia, noialtri si può cominciare a dire di aver avuto ragion.e qu.ando si chiese la guerra. Ed era tempo". Era contento, sembrava sprizzasse contentezza anche la barbetta rossobrizzolata. Glielo ricordai molti anni dopo, ed ebbe un sorriso mesto: "Bimbo mio, vedi come si ragiona". Il ragionamento invece era chiaro, e di buon senso. Non fu tanto, come si dice, un sentimento miazziniano (Mazzini gli dava noia) che lo spinse ,a sostenere una politica delle nazionalità, fu la logica indicata dagli eventi. La retorica proterva del1a "italianità" si ipnotizzava sulle ali tarpate della Vittoria e su fette di Dalmazia, mentre nella realtà si delineava ovunque una nuov,a Europa con cui si trattav,a di venire a patti. Pensieri per la vecchia Europa? Ne ebbe anche lui, certo più di Sonnino e dei nazionalisti, che nè prima nè dopo pensarono a niente. Più tardi, quando si nominava Francesco Giuseppe, si alzava e faceva l'inchino con comica serietà: "L'ultimo grande gentiluomo, signori". Ma le nostalgie possono prendere consistenza nella mente di ambasciatori in ritiro, non in quella dello storico e del politico. Fu un pensiero di chiara politica nazionale quello che spinse Salvemini a chiedere un accordo con le nazioni nascenti, fu assenza totale di pensiero e autentico dispregio per Il paese, se non come oggetto di declamazione, che spinse i goffi dicitori a bollarlo "r~unciatario". E cosi gli si fece il personaggio, per non aver da ragionare contro di lui. Prima rinunciatario, :poi, si sa, rinnegato, sempre negatore, velenoso, antlpatriota, mentalità protestantica, incapace di quella comprensione, di quel manzoniano qualcosa da cui viene perdono e conforto. Sembra una caricatura, ma passava per giudizio maturo fra la gente cosiddetta per bene, anche quella che ha dimenticato le ubbie nazionaliste, che parla di storia e intende conformismo; su su fino al fllosofl, al fabbriOTTOBRE 1957 9

canti di nebbie, per i quali, come diceva Salvemini deridendoli, "tutto ciò che è reale è razionale e quindi va scappellato come prodotta della storia". Siccome Salvemini, invece, rifaceva i conti, cl si rifugiava nella oscura speranza che non potesse, In alcun modo, mai, aver ragione. Mi diceva un grande critico, e Intendo grande davvero, mente sagace e non illusa: •'Salveminl, lo vede, a ogni colpo fa padella, che vuol che conti?" Detta proprio ai tempi dell'Anschluss, era parola da far riflettere. Fu allora sotanto che capii come in Italia l'essere al potere, il rimanervi come che vadano le cose, significa aver fatto centro, perchè i disastri vanno da se, sono colpa della solita sorte jettata. Cosl chi predice non conta, a mena gramo. Mussolini per conto suo non era tanto sicuro, e pagava i suoi Barzlni per descrivere Salvemini come uno scritturato e un sinistro pennivendolo. Teneva lui, però, un esercito di stipendiati a fargli controbatteria all'estero, col risultato almeno di fargli sprecar tempo, perchè il vecchio, da buon cane da guardia, si perdeva a far bau bau appresso all'infima razzamaglia e minutaglia dell'italoamerlca, e no11i poteva fare quanto avrebbe voluto a difesa degl'interessi d'Italia. Tuonava Mussolini dallo storico balcone: "Il rinneg,ato Salvemini ... " La gente urlava Duce. Con durissima volontà, si andava armando la prora per salpare verso il mondo. Venne lo scontro, l'Italia si sfasciò come un barcone fatiscente, ma tutto .andò avanti come prima. Le triste faccie d'intrallazzatori che siedono a via Veneto e fanno legge al Parioli lasciavano cadere negligentemente che Salvemini era un astioso e un cattivo come tutti i falliti. E poi, dicevano, che ci sta ,a fare in America? Ci rimanga. Passava.no per le menti fugaci visioni di dollari, di quelli che non girano per Roma. In quel primo dopoguerra, con tanti corrispondenti esteri che cercavano di orientarsi nella selva politica, avevo suggerito ai miei .amici il "Salvemini test" per le interviste, una specie di reazione Wassermann che si dimostrò pratica ed efficace. Spiegavano i politici comecchè all'estero non si comprendeva l'Italia, si diffondevano in discorsi nobili, generosi e patetici, ma bastava far quel nome: da come reagivano si misurava subito quali e quante magagne avessero da occultare. Togliatti aveva capito, e cautamente lodava il vecchio maestro pur dicendolo "fuori della realtà". E poi, diceva anche lui, è stato troppo in America. E' ben vero che Salvemini rimase attaccato al suo eremo di Harvard più che a qualunque altro luogo. "Widener Library - diceva - gli ,amici, dodici ore di sonno filato, che vuoi di più? Sei in Paradiso". In quello s'intende che è il Terrestre, la perfezione della vita attiva. Quando s'impancava, anche li, di fronte a quelle enormi portate di riso al burro e formaggio che gli offrivano le sue vestali per confortarlo ("Sono tanto cari, qui, ma lo vedi che cosa si mangia? Sono ciechi nella bocca"), noialtri gli si diceva: "Salvemlni, via sia buono, pensi al dottore, un pò di livore rinunciatario ...". Ma lui rispondeva con una delle sue risate: "Non rinuncio. La Decima Musa regna in cucina". Era un gaudente delle cose semplici e della amicizia. C'era qualcosa di antico e di monastico nel modo in cui assaporava il lavoro e la pace dell'anima, come fini in se. La sua stanza, ovunque fosse, diventava una cella. La "documentazione" si ammonticchiava sul pavimento, disposta in ampi cerchi concentrici attorno alla sedia; erano quelle le rote magne in cul operando se ne stava contento. Gli studenti di Lowell House scorgevano a ogni ora nel vano della finestra quel cranio lucido chino su una scrivania nascosta, e dicevano In tono reverente: "Dig the Old Boy up there ... " Lo si era avvertito che se tornava a Firenze, in case mal riscaldate, 10 CONTROCORRENTE

la bronchite lo avrebbe portato via. E poi che cosa lo aspettava? Lo ha detto Panfilo Gentile nel Corriere della Sera, narrando il loro incontro con inaspettata compassione: "La miseria di una stanzetta, la vecchiaia e la solitudine". Ma appena gli fu restituita la, cattedra, tornò. "Senti, spiegava, quel che mi può capitare è ormai di ordinaria amministrazione. E se riesco a salvare quattro menti di giovani, sono pronto a crepare senz',altro, perché quei quattro, non c'è rimedio, diventano quattrocento e con quelli si può ancora salvare tutto". Secretosque pios, c:tantem jura Catonem . ... Tornava a mente alle volte il verso virgiliano, nel vederlo fra i suoi giovani. Ma era soprattutto per via del contrasto. Ero. cosi poco "romano" e catoniano. Non lo si può immaginare in quella Valletta dei Giusti in Eliso, fra giuristi e filosofi del diritto. Sfascierebbe tutto dalla noia. Conviene pensarlo nelle Isole dei Beati, con gli Argonauti, Palamede, Antigone, gli eroi eponimi della gioventù del mondo, gli uccisori di mostri, quelli che infransero divieti nefandi. "Quando tu pensi all'Italia - diceva - pensa che ha dato una volta tanto l'immoaMe di una gioventù eterna. Pensa a Guidarello, a Ilaria del Carretto. Più in là, non ci badare". Giorgio De Santlllana I I non conformista Quando, dopo vent'anni di esilio, Salvemini tornò fra noi, nel luglio del 1947, premisi all'articolo, in cui gli davo il benvenuto, le parole di Alcibiade su Socrate, nel Convito: "Egli è somigliantissimo a quei sileni che si vedono nelle botteghe degli scultori, che gli artisti atteggiano con zampogne o flauti, e se tu l'apri, dentro vedi i simulacri degli dei". Questo passo mi viene di nuovo in mente, ora che Salvemini ci ha lasciati. Salvemini, come Socrate, somigliava a un vecchio sileno: cranio grande, modellato con vigore; fronte ampia, resa più vasta dalle calvizie; occhi piccoli, in cui si leggeva la bontà e la intelligenza; naso camuse; zigomi pronunziati; bocca ampia, che nel sorriso scopriva una gran chiostra di denti sopra la barba a punta; spalle larghe; figura tozza; passo pesante. Un uomo che veniva dai campi; non dai salotti letterari. E, come Socrate, chi l'apriva trovava dentro i più preziosi simulacri degli dei. Con l'aiuto di una memoria prodiOTTOBRE 1957 di ERNESTO ROSSI giosa e sul fondamento di una vastissima cultura umanistica - di cui aveva fatto midollo delle sue ossa e sangue del suo sangue - Salvemini afferrava con straordinaria prontezza i rapporti fra le idee più lontane e ne deduceva le conseguenze implicite con un rigore logico che non lasciava alcuna incrinatura all'equivoco. Chiarezza equivaleva veramente per lui a onestà. Si dava sempre cura di mettere bene in luce i primi principii, i presupposti non logici, dei suoi ragionamenti. L'interlocutore li poteva anche rifiutare, dichiarando una diversa scala di valori. Salvemini era l'uomo più tollerante del mondo: ammetteva che altri guardasse gli avvenimenti da punti di vista anche opposti ai suoi. Ma non discuteva per il gusto di chiacchierare; discuteva per convincere, o per essere convinto, e sapeva che non è possibile intenderci se non si parla lo stesso linguaggio. A chi rifiutava le premesse del suo ragiona.mento chiedeva solo di prender coscienza di quel che significava tale rifiuto, e di trarne le conseguenze fin'in fondo, conformando l'azione al 11

suo pensiero. (L'ateismo di Salvemini, ad esempio, non gU impediva di avere 11 più grande rispetto per le persone religiose; ma, per essere religioso, bisognava dimostrarlo con tutta la vita; non solo biascicare giaculatorie in chiesa). Se 11 suo interlocutore accettava - anche solo come ipotesi provvisoria, come strumento di lavoro - di agganciare 11 primo anello de! sillogismi al suo medesimo arpione, er.a condotto alle sue conclusioni, dalla medesima necessità che porta chi accetta 1 postulati della geometria euclidea a consentire ,a tutti i teoremi che vengono da essi dedotti. L'insegnamento di Salvemin! non era mai dogmatico: sua preoccupazione era quella di formare lo spirito critico più che di accrescere le cognizioni nel cervell! dei discepoli. Voleva, come Socrate, essere solo l'ostetrico, che aiuta a mettere alla luce la verità: la verità che ognuno porta dentro di sè. Parlando con un giovane, non profittava mai della sua superiorità per chiudergli la bocca; cercava, invece, di trovare ne! suol discorsi quel che c'era di buono, da prendere sul serio. - Tu ha! voluto dir questo, non è vero? - domandava. Ed anche nella melma delle idee più confuse riusciva sempre a setacciare qualche pagliuzza d'oro. Il giovane riconosceva che quel1a pagliuzza era sua, ed acquistava fiducia in se stesso. A poco a poco imparava a non accogliere nessuna affermazione, venisse anche dal Padreterno, senza sottoporla al vaglio della propria ragione; imparava a domandarsi a cosa servono le consuetudini e le istituzioni esistenti, anche le più venerande; imparava a battere con le nocche sull'intonaco delle parole per sentire quel che c'è dietro: 11gesso, la pietra viva o 11vuoto; imparava ad impostare 1 problemi nei loro giusti termini, senza lasciarsi deviare dalla passione; imparava a definire 11significato dei vocaboli e a tenerlo fermo fino in fondo al discorso; imparav.a a non vergognarsi di ripetere mille volte che non capiva, 12 anche quando tutti assicuravano di aver capito. Imparava ad essere non conformista. Anche Salvemini sapeva che non è possibile far completamente a meno delle parole astratte e delle teorie generali; ma cercava di ridurre il più possibile il loro campo di applicazione. Non poteva sopportare I fabbricatori di sistemi, che volteggiano sul trapezio degli "universali", convinti di dire cose tanto più profonde quanto più riescono incomprensibili al volgo profano. Il prototipo di questi "filosofi" era, per lui, Giovanni Gentile. "Il suo cervello è come un filtro alla rovescia - ho trovato in suoi vecchi appunti -. Se ci versate dentro delle idee chiare ne escono torbide. · Se ponete a Gentile una domanda e lui vi risponde, non riuscite più neppure a capire la vostra domanda". Invece di presentare 11 Popolo, Il Progresso, la Democrazia, la Rivoluzione come protagonisti della Storia, Salvemini cercava di capire che cosa avevano pensato, che cosa avevano voluto, ! singoli personaggi: Tizio, Caio, Sempronio, figli di quei dati genitori, allevati in quel dato ambiente, che esercitavano quel dato mestiere. Piuttosto che parlare della Libertà con la "L" maiuscola, valida in tutti ! tempi e in tutto 11mondo, preferiva parlare delle singole libertà: la libertà di stampa, la libertà di associazione, la libertà di sciopero, in tale anno, in tale paese. Non contrapponeva mal il proletariato in blocco alla borghesia in blocco. Distingueva la borghesia in gruppi, a seconda della diversità degli interessi, della potenza, della funzione sociale. E, contro la concezione mitlc,a della "unità del proletariato", rilevava che i lavoratori settentrionali hanno interessi contrari a quel!! dei lavoratori meridionaU; i lavoratori delle campagne hanno interessi cont1:1aria quelli de! lavoratori delle città; gli operai delle grandi industrie parassitarie hanno interessi contrari a quelli degli operai che vivono fuori della zona del privilegio, e fanno anche causa comune con gli imprenditori e 1 capitalisti delle industrie in cui sono occupati, per meglio CONTROCORRENTE

sfruttare la popolazione rimanente. Alle teorie generali, ai "sistemi", preferiva lo studio dei problemi concreti, definiti in modo da poterli bene afferrare in tutti i particolari: suffragio universale, tariffa doganale, perequazione tributaria, edilizia scoJ.astica, indipendenza della magistratura. Quando, l'anno scorso, tenemmo a Roma un convegno degli "amici del Mondo" sul problema della scuo1a, criticò l'arnpiezza eccessiva del tema. Sarebbe stato meglio se avessimo messo in discussione la scelta degli insegnanti, oppure l'ordinamento degli esami, oppure il controllo sulle scuole private. Discutere sulla riforma della scuoJ.a in generale era come discutere sulla riforma sociale. Chi troppo abbraccia niente stringe. Il fatto poi che persone di diversa provenienza, arrivassero alle stesse conclusioni richiamandosi a teorie positivistiche o a teorie idealistiche, al liberismo a al soci,alismo, al cristianesimo o al laicismo, aveva per lui scarsa importanza. Importante era che si mettessero d'accordo su soluzioni pratiche da valere per qualche anno, su particolari problemi concreti. Nei primi tempi della nostra amicizloa, discutendo sul socialismo, un giorno gli dichiarai che non avrei mai potuto entrare nel partito socialista perchè ritenevo infondata la teoria del plusvalore, sulla quale Oarlo Marx aveva costruito tutto il suo sistema. - E che te ne importa del sistema? - replicò Salvemini. - Guarda se le camere del lavoro, le cooperative, i deputati socialisti hanno fatto e possono fare ancora qualcosa per migliorare le condizioni di vita della povera gente. Giudicalo su questo li socialismo; non sulle ideologie. Il Capitale l'hanno letto in Italia qualche diecina di persone, e ben pochi l'hanno capito, anche se migliaia di socialisti giurano nel verbo "scientifico" di Marx. Al sua rientro in patria dagli Stati Uniti, in un diario in cui ogni sera riassumeva le conversazioni avute durante il giorno, :per informarsi sulla OTTOBRE 1957 situazione politica italiana, in data 5 agosto 1947, annotava: "SI è discusso di socialismo, marxismo e generi simili. Io ho detto francamente che ormai credo solo In Critone di Platone e nel discorso della Montagna. Questo è il mio socialismo, e me lo tengo Inespresso nel mio pensiero, perchè a esprimerlo ml pare di profanarlo. Cerco di esprimerlo meglio che posso nelle opere. Affrontare problemi concreti Immediati, seguendo le direttive di marcia dettate dalla morale cristiana, e non perdere tempo In disquisizioni teoriche su che cosa è, che cosa dovrebbe essere, che cosa sarà la democrazia, il mar• xismo, Il socialismo, l'anarchia, Il liberalismo, che se ne vadano tutti quanti a casa del diavolo. Perdere Il tempo a pestare l'acqua nel mortaio delle astrazioni è vigliaccheria; è evadere al doveri dell'azione Immediata; è rendersi complici della conservazione deUo statu quo". Nell'Italia dell' "elmo di Scipio" e dell' "arma la prora e salpa verso il mondo", un rompiscatole come Salvemlni, che opponeva alle sagre le statistiche e voleva che gli scarsi mezzi disponibili, Invece che alle eroiche avventure, servissero a costruire strade, acquedotti, fogne, case popolari, a combattere l'analfabetismo, ad aiutare gli ultimi strati della popolazione a sollevarsi dalle loro condizioni di vita bestiale; un rompiscatole che dimostrava, con dati inoppugnab111, che la Libia non era una terra promessa, quale era decantata dai giornali del siderurgici e degli affaristi del Banco di Roma, ma uno "scatolone di sabbia", in cui non avrebbe potuto trovar lavoro la nostra mano d'opera esuberante; un rompiscatole che, sulla sua Unità, spiegava che l'annessione della Dalmazia, richiesta dai generali dello Stato Maggiore per accrescere gli organici, avrebbe reso molto più costosa e difficile la difesa del territorio nazionale ... era necessariamente un "rinunciatario"; anzi il "rinunciatario" per antonomasia. La impopolarità che Salvemini raggiunse in certi momenti - specie negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale - credo non sia mai stata raggiunta da nessun altro uomo politico italiano. La prima volta che notai per la strada la sua. strana figura (lndos13

sava allora un "pipistrello" nero, passato da parecchi am.ni di moda, che neppure i fiaccherai portavano più, e il cappellino a pan di zucchero dei contadini pugliesi) fu nel 1919, mentre mi trovavo in tramvai; un energumeno si sporse tutto dallo sportello della piattaforma per urlargli in faccia l'insulto: "Rinunciatario!" Con questo titolo Salvemini è stato conosciuto da tutta una generazione di "patrioti"; anche da quelli che non avevano mai letto il suo nome su Magnati e popolani in Firenze e sulla Storia della rivoluzione francese. Nonostante la severità dei suoi principi morali, che non ammettevano compromessi di alcun genere a vantaggio del suo "particulare" e ben poco spazio lasciavano al riposo ed agli svaghi, Salvemini era un compagno socievole, allegro, sem:pre pronto alla battuta scherzosa. Rideva di tutto cuore, come un bambino, quando gli raccontavano una buona barzelletta. Fra le poche lettere che ho salvate di lui, ne ho trovate due che mi scrisse nel 1923 dall'Inghilterra, dove si era ritrovato con Carlo Rosselli. "Rosselli ed io - scriveva il 23 agosto - abbiamo passato a Hindhead tre settimane incantevoli. Rosselli fece furore nel mondo femminile; ma credo che non sia arrivato mai al di là delle spese minute. Io, da quel povero vecchierello che sono, non mi lamento. Eravamo in concorrenza per la più bella signora della comunità: una irlandese giunonica, vedova di guerra, fra i 35 e i 40 anni, veramente bel.la e deliziosa pianista e cantatrice, che ...... ci serviva a tavola: perchè il servizio era fatto da studenti di Cambridge e di Oxford, da professori di scienze e lettere, artisti e altri simili ingredienti. Dunque, Rosselli ammirava quella signora very much: e io anche. Rosse Ili si lancia all'attacco COOl baldanza giovanile. Io zoppicavo alla retroguardia. L'ultima sera ci invitò entrambi a fare una passeggiata al chiaro di luna. Rosselli era aggressivo: io taciturno. , Alla fine la bella dichiarò che io le piacevo di più. Disastro irreparabile! Rooselli ci pianta e se ne va. Io rimango unico padrone delle acque. Quel che successe allora nella solitudine, in presenza della sola luna, non posso dirlo... perchè non successe niente. Le donne inglesi sono come l'Italia: non succede mai niente, e non dura mai niente". ·14 In una lettera successiva, dopo aver detto che "se non fosse stato suo fermo proposito di non lasciar l'Italia finchè non ci fosse stato costretto, e finchè non avesse potuto dire a se stesso - qualunque cosa accadesse - che ci era stato costretto", invece di tornare a Firenze, dove certo non avrebbe potuto riprendere la sua vita di studio e di insegnamento, sarebbe rimasto a Londra, magari "a fare il lustr,ascarpe o a suonare il clarinetto per le vie", continuava: "Tu mi direi: come faresti a suonare il clarinetto? - Niente paura, ùi rispondo. Qui puoi fare tutto quello che vuoi. Un clarinetto, peggio lo suoni e più la gente ha pietà cli te, come di un disgraziato incapace a guadagnarsi la vita, e H lascia un penny nel piattino". Qualche anno fa aveva scritto una lettera al Mondo, in cui proponeva, per la utilizzazione degli immobili già appartenenti alle organizzazioni fasciste, una soluzione antistatalista che trovavo irrealizzabile. - Mi sembra - osservai - una di quelle proposte che facevano spesso gli anarchici, miei com;pagni di carcere o di confino. Bravissima gente, che stimavo molto e di cui condividevo quasi tutti gli ideali, ma a cui rimproveravo di mancare di senso storico. Lo stesso non posso certo dire di te, che fai da tanto tempo lo storico di prOfessione. -A me - replicò pI'onto Salvemini - non manca il senso storico: manca il senso comune. Ridemmo insieme. Ma ora, a ripensarci, riconosco che, scherzando, diceva la verità, se per senso comune s'intende quello che in generale intendono i benpensanti: "tira a campare e pensa alla salute". Se avesse avuto un pò di questo senso comune, Salvemini non ,avrebbe combattuto tutta la vita le ingiustize e i privilegi; non se la sarebbe ripresa con i suoi compagni socialisti per i pateracchi che facevano col governo; non avrebbe rifiutato il se~gio alla Camera, quando scopri che i suoi elettori avevano fatto le pastette per combattere le pastette del candidato avversario; non avrebbe scritto Il ministro della CONTROCORRENTE

malavita, mentre Giolitti era al colmo della sua potenza: non avrebbe fatto, lui interventista, le violenti campagne che fece contro Sonnino per la sua politica nazionalistica, e contro D'Annunzio, al tempo della impresa di Fiume; non sarebbe andato in carcere per il Non mollare; non avrebbe dato le dimissioni dalla. cattedra della Università di Firenze, quando divenne impossibile insegnare liberamente; non sarebbe stato per tanti anni lontano dal suo paese, che tanto amava, per non riconoscere le benemerenze dell'Uomo della Provvidenza. Sino sul letto di morte, Salvemini ha conservato questo suo humor. AU.ametà di agosto {dopo lunghi mesi di malattia, non c'era più sperainza di salvarlo) sono andato a Sorrento, dove, da quattro anni, aveva trovato la più generosa e premurosa ospitalità in casa della dilettissima amica, donna Titina, figlia di Ferdinando Martin!. Desideravo discutere ancora con lui il programma per pubblicare le sue opere edite ed inedite. Al mio bacio si è destato con fatica dal pesante torpore prodottogli dall'avvelenamento del sangue. Non riusciva più a star seduto sul letto con l'appog,gio dei guanciali. Il volto, emaciato dal digiuno e dalla sofferenza sembrava di avorio. Parlava con ~n filo di voce, che appena appena intendevo avvicl~ndo un orecchio al suo labbro. - Questo cuore spietato, non vuol mollare - ml ha detto. - Con le loro cure i medici ml prolungano l'agonia; non la vita. Desidererei solo che mi facessero addormentare in modo da non svegliarmi mai più ... Gli ho esposto il piano di pubblicazione: metteremo Insieme - gli ho spiegato - una ventina di volumi. Ha lievemente sorriso, scuotendo il capo, e dicendo di no con la mano:_ non valeva la pena di ritirar fuori tanta roba. Gli ho chiesto se ricordava altri scritti per completare il mio elenco: - Ci ho pensato molto, sai, in questi ultimi tempi. Avrei avuto OTTOBRE 1957 bisogno di un prolungamento di altri tre mesi per rimettere tutto in ordine. Ricordava precisamente titoli, editori, date di sta111,Pa. - Credo tu dimentichi un lavoro - ho osservato. - Deve esserci una tua prolusione all'università di Messina, sul carattere e il significato della storia. Non la conosco; ma mi hanno detto che è importante. - No, no ... è un,a fesseria - ha risposto in un soffio. - Figurati ... allora credevo che 1a storia fosse una scienza. Quattro giorni prima della fine, Giuliana - la buona, la cara figlia di donna Titina che lo ha assistito per tanti mesi con devozione - mi ha telefonato che Gaetano era ,agli estremi. Sono tornato a riabbracciarlo ancora una volta. Nelle ultime due settimane si era nutrito solo con qualche sorso d'acqua. Era ancor più spossato e la sua voce era divenuta per me impercepibile. Stava con gli occhi chiusi ed ogni tanto si assopiva. Ma quando si risvegliava era lucidissimo. Maritza faceva da interprete, ripetendo più forte le sue parole. I suoi rapporti con gli amici, raggruppati attorno al suo letto, erano - come 11 solito - di completa sincerità. A nessuno veniva neppure in mente di fingere per consolarlo. Ha chiesto che cosa aveva detto il dottore: - Ha trovato che il tuo cuore è molto più debole - gli ha risposto Maritza. - Ormai le pulsazioni non si sentono più. - Questa è una buona notizia. Ha pregato che La sua bara venisse portata a spalla dai più giovami. amici. Si è ricordato anche di don Rosario, 11buon prete che era divenuto ,amico, ed a cui aveva già detto addio qualche giorno prima: - Se vuo I seguire 11 funerale venga pure, ma "vestito da uomo". Ha parlato anche di politica. - I socialisti della fine del secolo scorso erano buoni. Volevano dare un tozzo di pane alla povera gente. Turati era molto buono. I comunisti non sono buoni, sono del dogmatici. 15

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