L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 3 - 11 febbraio 1944

.. Anno XXXV (nuova serie) N. 3 Zurigo, 11 Febbraio 1944 LIBERARE E FEDERARE! QUINDICINALE SOCIALISTA Redazione e Ammin i strazi on e: CasellapostaleNo.213, Zurigo6; ContopostaleNo.VIII 26305; Tel. 3 70 87 - Abbonamenti: 24 numeriFr. 6.-, 12 numeriFr.3.-, unacopiaCent.30 Per gli Stati Uniti d'Europa La rivendicazione dell'unità europea esprime oggi l'aspirazione molto diffusa per un ordine tra le nazioni europee che sia veramente atto a garantire la pace, la libertà e la giustizia. Il dovere dei socialisti I socialisti devono diventare, per varie ragioni capitali, i sostenitori più tenaci e perseveranti di questa rivendicazione. A ben riflettere, non è esagerato dire che l'unificazione politica dell'Europa dipende soprattutto e in prima linea dai partiti operai dei maggiori paesi europei. Gli Stati Uniti d'Europa si faranno se dopo questa guerra i partiti operai impegneranno tutte le proprie forze nella loro realizzazione; se essi capiranno che l'unificazione politica dell'Europa assomma in sé tutte le altre questioni particolari; e se avranno coscienza che i destini del socialismo sono ormai strettamente legati a quelli dell'Europa. In un senso molto concreto, Europa e socialismo sono termini storici assai vicini. Il socialismo moderno infatti è nato in Europa, contemporaneamente all'Europa moderna. Le fasi di sviluppo del socialismo e le sue crisi sono coincise con lo sviluppo e le crisi dell'Europa moderna. Per verificare la precisione del legame storico tra il socialismo e l'Europa basta riflettere a questo fatto: ancora• oggi, non vi è socialismo politico fuori del continente europeo; non vi è alcun serio movimento politico socialista né in Asia, né in Africa, né nell'America del Nord. (L'America del Sud, dal punto di vista spirituale, è una semplice appendice dell'Europa.) Se leggete, o rileggete, il noto saggio di Werner Sombart, «Perchè non vi è un movimento politico socialista in America?», voi vi troverete la più esauriente dimostrazione del carattere europeo del socialismo e la prova indiscutibile della stretta parentela tra il socialismo e l'Europa. Vi troverete anche, e sarà divertente se voi siete rimasto un ortodosso, la confutazione dell'assioma che la politica socialista sia un prodotto spontaneo dei fatti empirici chiamati industria e proletariato. Nessuno può negare infatti che nell'America del Nord vi sia molta industria e molto proletariato, in proporzioni maggiori che in ogni altro paese del mondo, eppure vi manca un partito socialista di cui valga la pena di parlare, e le poche e scarsamente diffuse pubblicazioni socialiste sono per lo più redatte da europei immigrati di recente, o da una o due generazioni. Il che vuol dire che per far nascere un movimento socialista, oltre alla materia prima rappresentata dal proletariato, è indispensabile qualcos'altro; una certa tradizione, una certa atmosfera spirituale, un certo modo di concepire la politica, lo Stato, l'uomo nella società; insomma è indispensabile l'Europa. Non bisogna confondere la posizione del socialismo con quella del comunismo. La posizione del comunismo, che è la forma più antica del socialismo, la forma che precede la politica, è diversa. Il comunismo ( quello cristiano, ma anche quello leninista) può essere mondiale appunto per quei suoi elementi che sorpassano la sfera della politica. Il comunismo può essere mondiale, può essere ecumenico. Quando il comunismo non si accanisce nella politichetta realista a base di finte tattiche, furberie da strapazzo, manovre, restrizioni mentali, macchiavellismi a doppio taglio, quando il comunismo predica il millennio redentore può affratellare gli operai della FIAT coi negri del Senegal. Ma il comunismo, partito e manovra politico, il comunismo un tempo ala sinistra e ora ala destra della socialdemocrazia, è anch'esso un fatto strettamente europeo. I negri del Senegal in quel senso non lo capiranno certamente; e in America solo gli immigrati europei degli ultimi decenni. Parlando di socialismo vi inglobiamo dunque questa sottospecie di comunismo e pensiamo che non sia esagerato affermare : la salvezza dell'Europa dipende in buona parte dalla rigenerazione interna del socialismo. Non è affatto esagerato affermare che i problemi del socialismo sono oggi, in fin dei conti, i problemi del destino dell'Europa. Da questo punto di vista, la bigotteria di quei compagni i quali sono dell'opinione che la discussione dei problemi socialisti dovrebbe svolgersi a porte chiuse, si può definire grottesca. Cari compagni, i problemi interni del socialismo sono oggi i problemi di tutti. Sono, più di ogni altra cosa, i problemi dell'Europa. Ogni uomo sinceramente interessato nell'avvenire dell'Europa, dev'essere preoccupato di quello che può diventare il movimento socialista. Nessuno può disinteressarsi del pericolo che il movimento operaio stagni o regredisca nella fase del riformismo provinciale, oppure che esso diventi monopolio dei partiti comunisti. Quelli che ne pagherebbero le consequenze non sarebbero soltanto i socialisti, ma l'Europa intera. Gli interessi del socialismo e dell'Europa sono dunque legati. Il successo dell'uno è una condizione del successo dell'altro. I partiti democratici Vi sono certamente, anche fuori del socialismo, nei partiti democratici, spiriti lucidi e disinteressati i quali sentono e propugnano l'unità politica dell'Europa; ma la portata della loro azione è ristretta dal fatto che i partiti e i ceti sociali che essi rappresen tana sono forze prevalentemente nazionali, e talora neppure nazionali ma regionali. Il ceto medio ha finora fornito il personale politico degli stati nazionali. La piccola borghesia nella sua maggioranza è sedentaria e in ogni paese fa parte del folklore locale. Cosi si spiega l'assenza di contatti internazionali tra i partiti democratici dei vari BibliotecaGino Bianco paesi : sono partiti elettorali creati e organizzati soltanto per la conquista di seggi nel parlamento del proprio paese. Tra il partito radicale svizzero e il partito d'azione italiano, a mò d'esempio, non c'è nulla di comune. Neppure i partiti politici cattolici dei vari paesi europei hanno mai coordinato in qualche modo la propria azione politica, malgrado il comune denominatore confessionale. Il loro orizzonte politico è stato sempre nazionale o regionale. Al resto, si sa, pensa il nunzio; però il nunzio non è il rappresentante della cattolicità, ma dell'amministrazione pontificia. Lo spostamento psicologico dei ceti medi dal piano nazionale su quello europeo sarà il compito più duro dell'unificazione statale dell'Europa. I ceti medi sono sempre stati una preda relativamente facile dei miti nazionali. Queste constatazioni non devono ispirarci uno scetticismo eccessivo sul contributo che determinati gruppi democratici potranno apportare nella lotta per eli Stati Uniti d'Europa. Vi sono, nei partiti democratici e liberali, uomini di pensiero nei quali la visione storica e l'imperàtivo della coscienza possono prevalere sugli egoismi di classe o di casta. Ve ne sono molti altri i quali esprimono il distacco dei ceti medi dalla grande borghesia, la cui politica nazionalista è in completo fallimento. In quelli la vittoria dello spirito, in questi l'interesse sociale sono fattori che danno serietà alla loro adesione ad un ideale europeo. I socialisti hanno il compito di aiutarli ed incoraggiarli e di lavorare assieme ad essi con la più grande lealtà. Le premesse ecooomidte Per noi socialisti è un argomento decisivo il fatto che l'unità europea oggi non è solo un'esigenza della ragione e del sentimento. Tra l'aspirazione sentimentale dei popoli e la necessità storia esiste una concordanza perfetta. L'unificazione statale dell'Europa risponde ai bisogni urgenti della società europea della nostra epoca, allo stesso modo come l'unificazione nazionale corrispondeva ai bisogni dell'Italia, della Germania, della Polonia, dei popoli balcanici, ecc., nell'epoca precedente. Si L'ORDINE UMANO Gli aedi nuovi più grandi eroi sognano e gloria più alta che d'uccidere sul campo figli di madre e incendiar città. - E quale gloria sognano? - La vera! Il tempo dei liberi e dei saggi su quanto oscuro e prono e iniquo ancora opprime il mondo; il sorgere d'un tempo nuovo e ferace e a le vittorie inteso de lo spirito umano su la morta materia e su la torpida ignoranza. Il nuovo mondo che sorge senza ceppi e senza vincoli di muraglie e di frontiere, uno ed uguale per gli uguali, libero per liberi, che accerchia le diverse genti, sfatte dall'odio, in una sola azzurra patria, luminosa e immensa. (Da IC.A.RO, poema drammatico che LAURO DE BOSIS pubblicò nel 1930.) può affermare senza tema di cadere nel semplicismo unilaterale che, assieme alla questione sociale, l'unificazione europea è il compito politico fondamentale della nostra generazione. Se noi non assolviamo questo compito, la nostra generazione potrà considerarsi storicamente fallita. Ma è tempo che nella rivendicazione degli Stati Uniti d'Europa si abbandonino le frasi generiche e si passi all'esame concreto e differenziato delle condizioni per la loro realizzazione. La maggior parte dei problemi particolari che sorgono attorno al problema centrale dell'unità europea, prescindendo per ora da quelli che saranno imposti dalla immediata e transitoria congiuntura politica del trattato di pace, si sommano per noi socialisti in queste due domande fondamentali: P r i m o. E' possibile sopprimere, o almeno fortemente ridurre, la sovranità degli stati nazionali, lasciando intatta l'attuale struttura economica dei singoli paesi? Secondo. Quali sono i cambiamenti precisi da apportare nella struttura economica dei singoli paesi affinché l'unificazione politica dell'Europa sia possibile e, una volta realizzata, essa sia garantita contro il ritorno offensivo degli interessi capitalistici per i quali le autarchie nazionali sono un affare di vita o di morte? Ci spieghiamo subito con qualche esempio, cogliendolo dal paese la cui importanza nella vita europea supera quella di ogni altro. La Germania, quella di Guglielmo II, quella della Repubblica di Weimar e quella di Hitler, è dominata, dalla fine del secolo scorso, dal blocco della grande proprietà terriera, dell'industria pesante e dell'ufficialità prussiana. La potenza di questo formidabile blocco economico politico non è stata mai scossa negli ultimi cinquant'anni dalle vicende della politica interna tedesca, neppure nel 1918. Dal punto di vista economico la grande proprietà terriera tedesca era condannata al fallimento da quando lo sviluppo della coltivazione dei cereali nei paesi transoceanici e il ribasso dei trasporti marittimi resero non redditizia la coltivazione dei cereali in Germania. La grande proprietà terriera tedesca si è salvata dal fallimento con espedienti politici, costringendo lo stato tedesco ad una politica economica che

Una didtiarazione dei tre partiti di sinistra sentanti dei partiti. II Comitato Militare eserciterà collegialmente le sue funzioni di direzione e di controllo; là dove esso intenda affidare ad altri parte delle proprie funzioni di comando, questi deve essere in ogni caso una personalità politica, tale da riscuotere eguale fiducia e realizzare l'attiva collaborazione dei tre partiti di sinistra. Affidare il comando delle forze operanti ai generali badogliani, contraddicendo la linea politica dei tre partiti, disorienterebbe le forze in essi inquadrate e rischierebbe di estraniarle alla lotta. La seguente dichiarazione è stata firmala dai tre partiti di sinistra il 12 dicembre 1943 e costituisce un fatto di notevole importanza politica. Come è noto, il Comitato di Liberazione Nazionale raggruppa sei partiti politici (la Ricostruzione Liberale, i democratici cristiani, il partito d'azione, il partito socialista, il partito comunista e il gruppetto della Democrazia del Lavoro di Ivanoe Bonomi); accanto a questi è sorto un fronte unico repubblicano socialista al quale aderiscono il partito repubblicano di recente ricostituito, il movimento cristiano sociale e un gruppo socialista rivoluzionario d'incerta denominazione; infine si è in questi ultimi tempi affermato un nuovo Partito Comunista d'Italia in aperto contrasto con l'esistente Partito Comunista Italiano. E' probabile che lo schieramento dei partiti antifascisti subirà ancora molte oscillazioni; ma a nostro modo di vedere la dichiarazione del 12 dicembre firmata dal partito d'azione, dal partilo socialista e dal partito comunista italiano può avere una efficacia duratura perché i tre partiti si appoggiano sulle classi e i ceti la cui alleanza può servire di fondamento alla futura repubblica sociale italiana. E' infatti tempo di non considerare più gli accordi tra i partiti secondo l' antiquato angolo visuale del compromesso parlamentare, ma nella prospettiva rivoluzionaria clel nuovo Stato e della nuova società che bisognerà ricostruire dopo avere sbarazzato il terreno da ogni residuo fascista. Se l'accordo tra i partiti operai e il partito d'azione diventerà sempre più profondo e concreto, l'Italia potrà salvarsi da una nuova dittatura. In previsione della cessazione dei normali collegamenti tra Roma e il resto dell'Italia ancora occupata dai tedeschi, le Direzioni dei tre partiti ritengono opportuno fissare insieme alcune direttive fondamentali ai loro compagni che saranno fra poco chiamati a sostenere da soli il peso e la responsabilità sia dell'azione armata contro l'invasore sia della lotta politica : restando inteso che, per conservare unità di indirizzo e di azione, tutti i collegamenti e i rapporti che oggi gravitano su Roma, dovranno, dopo la liberazione della capitale, gravitare su Milano. 1 ° Cosi nella stampa di partito come nella condotta politica in seno ai locali C. N. L. deve essere mantenuta la più ferma e radicale intransigenza nei riguardi della monarchia e di Badoglio. La società. fascista è crollata non il 25 Luglio, ma, trascinando nella sua rovina il Paese, 1'8 settembre. Quel crollo deve essere irrevocabile; intorno ad istituzioni ed a uomini rappresentativi del passato non può costruirsi un avvenire. La collaborazione, ai fini della lotta contro i tedeschi, con le forze politiche e sociali espresse dai partiti di destra, si attua nella costituzione e nel funziona.mento dei C. N. L., ma non deve in alcun modo sconfinare in collaborazione con la monarchia e con Badoglio. Unione nazionale sotto l'insegna del C. N. L. si, unione nazionale sotto l'insegna della monarchia e di Badoglio no. Questa linea politica deve essere mantenuta con la maggiore fermezza: non devono consentirsi ordini del giorno di C. N. L. che possano nell'interpretazione non disinteressata delle forze di destra e di certa stampa internazionale, dar luogo ad equivoci. La battaglia politica che i tre partiti han condotto e si apprestano a condurre a Roma, non troverebbe altrimenti il necessario sostegno nell'azione degli organi periferici. Sia ben chiaro che nella vittoria contro la monarchia stà la premessa di quella trasformazione democratica della società italiana che i tre partiti di sinistra - ciascuno con la sua ideologia e con il suo programma - vogliono realizzare; e che se fosse consentito alla monarchia ed alle forze reazionarie di ricrearsi con il rovesciamento del fronte militare una verginità politica, la sorte delle forze democratiche in Italia sarebbe segnata. rendeva impossibile la concorrenza dei cereali d'oltre oceano. Per la grande proprietà terriera non c'era altra via di salvezza, poiché l'abbandono della coltivazione non redditizia dei cereali e la coltivazione di altri prodotti agricoli richiedenti una maggiore quantità di mano d'opera avrebbe imposto il frazionamento della grande proprietà. Contro le proteste dei consumatori tedeschi i grandi proprietari ricorsero sempre all'argomento patriottico: in caso di guerra la Germania deve poter contare sull'autarchia alimentare. II pericolo di guerra divenne cosi per la grande proprietà terriera tedesca un bisogno vitale. In un lavoro collettivo di un gruppo di socialisti tedeschi dedicato all'economia della nuova Europa tutto ciò è documentato in un linguaggio molto persuasivo, quello delle cifre. La documentazione non è meno ricca per ciò che riguarda le premesse economiche dell'orientamento imperialista dell'industria pesante tedesca. Si tratta 2° L'intervento delle grandi masse popolari nella guerra partigiana e nella resistenza attiva all'occupante è decisivo per assicurare alle forze democratiche la direzione della guerra di liberazione e la loro decisiva influenza nella vita politica italiana: grazie a questa direzione il popolo italiano parteciperà attivamente accanto alle forze alleate alla cacciata dei tedeschi. L'azione militare và quindi condotta con estrema energia e in tutte le sue forme contro i tedeschi come contro i fascisti. La possibilità di rappresaglie deve essere naturalmente tenuta in conto dai dirigenti locali che dovranno, caso per caso, proporzionare il rischio di una operazione al suo rendi.mento. Ma essa non deve paralizzare l'azione contro l'invasore. Nelle città occupate i tedeschi devono sentirsi in un'atmosfera non solo di ostilità, ma di agguato e di attuale pericolo. La tensione che ripetuti colpi di mano eseguiti contro le truppe ed i mezzi del nemico determineranno tra l'esercito occupante e la popolazione, isolerà moralmente ed individuerà i traditori: il collaborazionismo fra i fascisti e i tedeschi non può svilupparsi in un'atmosfera di guerra tra tedeschi e popolazione italiana. Lo sviluppo dell'azione armata contro i tedeschi ed i fascisti non richiede necessariamente, per le caratteristiche stesse di una lotta che non è fatta di attacchi frontali, ma di ardite operazioni di squadre, unità di comando operativo; ma richiede bensi coordinamento dei mezzi e delle iniziative, anche ai fini dell'impiego di forze non inquadrate nei partiti. Ora il coordinamento - ed a maggiore ragione il comando - deve essere sempre del C. N. L. che lo eserciterà per mezzo del proprio Comitato Militare composto anch'esso dei rappre3° La intesa politica tra i tre partiti non deve essere solo affermata, deve essere praticata. L'azione comune, politica e militare, deve svilupparsi attraverso il frequente e cordiale contatto personale tra i dirigenti locali dei tre partiti. Eventuali divergenze, quando non possano essere composte localmente con reciproca buona volontà, siano portate all'esame delle Direzioni dei tre partiti perché queste provvedano tra di loro a dirimerle. In particolare ogni riunione del C. N. L. cosi in sede politica, come in sede militare, sia preceduta da una riunione riservata fra i rappresentanti dei tre partiti di sinistra; cosi che questi presentino sempre alla riunione del C. N. L. una linea di condotta uniforme. Si ricordi sempre che ogni frizione tra i tre partiti di sinistra è un punto guadagnato dalle forze reazionarie, e che nella cooperazione tra i tre partiti di sinistra, non solo affermata, ripetesi, ma volonterosamente e concretamente pratica, è e sarà il fondamento della ricostruzione democratica dell'Italia. 11 dicembre 1943. Il Comitat.o esecutivo del Partit.o d'azione. Il Comitat.o esecutivo del Partit.o socialista cli unità proletaria. Il Comitat.o esecutivo del Partit.o comunista.. Sul significato del federalismo Riproduciamo dall'annuario 1944 «La Svizzera» della Nuova Società Elvetica, alcuni brani caratteristici di un saggio del Dr. Werner Kiigi, libero docente nell'università di Zurigo. I lettori vi troveranno un'esposizione intelligente del punto di vista democratico. Le riserve socialiste ad un tale punto di vista sono perciò le medesime che verso la democrazia formale. Soltanto approfondendo il concetto delle istituzioni politiche nella ricerca del loro concreto contenuto sociale, è possibile spiegarsi la loro vita storica, la loro~ nascita e la loro decadenza, come pure la diversa e spesso opposta portata della stessa forma politica nella misura in cui varia il suo contenuto. Allo stesso modo dunque come è legittimo parlare di una democrazia borghese o formale e di una democrazia socialista o vera, noi distinguiamo il federalismo dal cantonalismo il federalismo misoneista e conservatore dal federalismo rivoluzionario che è l'organizzazione dell'autogoverno locale come conclusione di un' avvenuta rivoluzione. Su questi concetti, che sono alla base della nostra concezione del socialismo e della democrazia, avremo spesso occasione di tornare. «La Svizzera sarà federalista o non sarà.~ I nostri più profondi pensatori e più grandi statisti, hanno sempre sottolineato questa legge fondamentale immutata del nostro sistema statale. Ai suoi tempi molto si parlò di questa "costante,,, ma la pratica quotidiana si acconciò di rado con la teoria. Certamente ci è stata sempre una vigilante opposizione federalista e a più riprese la maggioranza popolare ha dovuto mantenere nei giusti limiti l'impeto di un centralismo invadente. Ma la posizione negativa riguardò piuttosto la misura che la tendenza di questi tentativi. E cosi queste decisioni popolari non rappresentarono delle dighe, che imprimono al fiume una nuova direzione, ma piuttosto delle chiuse che rallentano e moderano si il corso della corrente, ma al tempo stesso la indfrizzano, con più sicurezza, nel letto prestabilito, verso lo sbocco. Per l'ottimistico credo progressista, che influenzò grandemente anche il nostro sviluppo politico, questo sbocco, in modo aperto o nascosto, non era che lo Stato unitario. Norma e misura di tutta la politica costituzionale fu però la "razionalizzazione,, che per molti è l'equivalente di "unitarismo,, e centralismo. Le potenti accentrazioni verificatesi nella maggior parte degli stati europei, sembravano confermare la ripetuta tesi della ineluttabilità di questo sviluppo. Cosi la politica costituzionale svizzera fu per lunghi decenni fortemente influenzata da questa concezione. Si è più volte, anche nel nostro paese, esaltato questo sviluppo verso il centralismo e l'unitarismo. Questa tendenza si palesa va in modo chiaro in tutte queste rappresentazioni. Questa la constatazione che dobbiano fare anche prescindendo dal valore che le si voglia attribuire. Ma in un'epoca in cui si riconosceva abbastanza di buona voglia "la forza normativa del reale,, questa tendenza di ieri diveniva norma del domani, nonché direttiva della politica costituzionale. Ci si inchinava davanti a quanto si considerava inderogabile. Si considerava, anche da noi, lo Stato Federalista come una semplice tappa di transizione verso lo Stato Unitario. Ma al tempo stesso ci furono, in ogni tempo, dei federalisti che restarono fedeli al significato permanente del federalismo, ed anche nel popolo restò, malgrado tutto, viva la concezione che lo stato federalista da noi non rappresentasse una forma transitoria e barattabile, sibbene una forma di vita predestinataci. Oggi ci si presenta di nuovo il problema del federalismo. Non solo ci necessita un chiaro orientamento per liquidare il centralismo impostoci dalla guerra - tale "smobilitazione,, solo in ben pochi dei casi significa un puro e semplice ritorno al passato -, ma anche per i grandi compiti nuovi che ci porrà il dopoguerra e per i quali dobbiamo saper trovare soluzioni nel senso e nello spirito dello Stato Federalista. * II nostra federalismo s'è svegliato a nuova vita proprio in un momento in cui, di fronte allo sviluppo antitetico in Europa verso la potenza centralizzata, sembrava non gli dovesse esser riservato alcun avvenire. La Svizzera venne a trovarsi quasi arretrata, in mezzo di fatti conosciuti, ma siccome sono spesso dimenticati, bisogna pure ogni tanto rievocarli. Ad ogni modo è impossibile trascurarli proprio quando si parla di smantellamento delle sovranità nazionali e di unità europea. I nazionalismi stanno conducendo l'Europa e il mondo alla rovina, essi sono all'origine delle guerre e della miseria; ma vi sono dei gruppi di privilegiati i quali s'impinguano in tanto orrore. TI nazionalismo non è una malattia mentale, o, per essere più precisi, non è solo una malattia mentale; dietro di esso ci sono interessi formidabili che considerano l'unità europea, nel quadro di un'organizzazione internazionale dei popoli, come la loro condanna a morte. Se vogliamo uscire dalle frasi generiche e affrontare i problemi del dopoguerra nella loro concretezza, è lempo di esaminare queste premesse elementari. Qui può verificarsi il primo contributo efficace dei socialisti alla discussione sull'unità europea. 1 agli Stati unitari centralizzati. Anzi dallo scoppio della guerra il nostro piccolo stato federalistico sembrò rappresentare un vero anacronismo in mezzo alla rigidezza dell'ordinamento nuovo del grande spazio. In questo periodo che fu per noi periodo di conservazione - e lo è ancora! - abbiamo ricercato una comprensione più approfondita delle idee federalistiche. Questa conoscenza ci ha, da una parte, dimostrato chiaramente come il federalismo sia per davvero la costituzione data e richiesta dalla natura per la Svizzera e significhi la "costante,, Bib1oteca inoBianco inderogabile della nostra politica statale. Ed abbiamo potuto anche constatare come la centralizzazione e l'unitarietà da noi, anche lasciando da parte quanto ci è stato imposto dalla guerra, abbia raggiunto una proporzione minacciosa: Questa conoscenza ci ha ricondotti, d'altra parte, più vicino aJ significato ed al valore eticamente più profondo della comunità federalistica. II federalismo è di più ed altra cosa che il mero riconosci.mento di una essenza naturale. II federalismo è anche qualche cosa di differente che uno speciale modo di spartizione delle attribuzioni generali nello stato federale, ed il federalismo infine è anche tutt'altra cosa che semplice negazione e critica del centralismo e dell'unitarismo, quale potè sembrare nel periodo della centralizzazione progressiva. II federalismo è un principio fondamentale di comunità libera, significa il riconoscimento del multiforme entro i confini dell'unità. La politica federalista è una politica che cerca di ricondurre alla misura umana le comunità statali. II federalismo, e non l'individualismo, rappresenta la vera antitesi del collettivismo. II federalismo è, nel suo spirito ideale, non individualista ma personalista. Dietro il suo riconosci.mento dei diritti delle comunità ristrette, stà non solo la condanna dell'onnipotenza del collettivo, ma anche il riconosci.mento del diritto e della dignità della personalità umana. Il federalismo è la grande protesta contro l'eliminazione dell'uomo e della comunità ristretta per opera del "mostro,, rappresentato dallo stato centralizzato e totalitario. La unità. massiccia dello Stato di Leviatan, la brutale statizzazione dell'uomo non sono che l'unità della coercizione. L'unità federalista deve essere invece un'unità della libera unione sul terreno del diritto. * Non solo la vita individuale e il diritto dell'autodecisione dei membri, ma anche il diritto dei singoli, trovano nello stato federalista un asilo più sicuro che nello stato unitario centralizzato. Ed anche questo è più che provato. TI grande stato che all'esterno persegue la politica della grande potenza deve foggiare anche la politica interna in questo senso e aumenta cosi il rischio che i singoli diventino semplici mezzi per un fine. Di più bisogna tener conto del grave fenomeno del livellamento dovuto alla centralizzazione, traverso la limitazione e lo scioglimento delle federazioni intermedie - cioè nel senso più lato delle istituzioni federaliste. - E sono queste esistenze sradicate che si lasciarono strappare quasi senza resistenza la libertà e i diritti, come è accaduto qua e là in quest'ultimi anni. La linfa vitale del piccolo stato è la libertà : da una parte la libertà del cittadino nei confronti dello stato, e cioè la libertà individuale, e dall'altra la libertà del cittadino nello stato, cioè le. libertà civica. Questa libertà dei cittadini trova nel campo più ristretto, che vien fornito dalla forma federalista, un terreno più solido. I rapporti sono concepibili per i cittadini ed è più verosimile che ciascuno conosca i concittadini che deve eleggere. Il significato della libertà e il suo corollario indispensabile, il senso della responsabilità, resterà più vivo quando la comunità è più ristretta e più concreta. Una politica costituzionale lungimirante non deve ignorare quanto sopra, anzi averlo sempre presente ad ogni nuova centralizzazione. E' fuori dubbio che l'uomo in un ambiente più ristretto, nel quale si trova faccia a faccia col suo concittadino, debba acquistare maggiormente il senso della responsabilità che negli stati più estesi, centralizzati, dove tutto diviene anonimo. L'esperienza comprova infine che in una comunità, cui tocca trovare i mezzi necessari, sia più regolata l'economia delle spese, che là dove le finanze vengano attinte a grandi fonti centrali. Nella corsa alle sovvenzioni dalla cassa centrale finisce col divenire quasi una virtù il reclamare maggiori necessità. II piccolo spazio federalistico non è solamente il vero elemento vitale per la libertà, ma nella struttura federale risiede anche una garanzia fattiva di protezione legale. Ciò diviene ancor più evidente se ricorriamo ad esempi contrapposti. Fu solo perchè mancarono le dighe federaliste che il potere autoritario riuscì cosi facilmente a prender piede nella sfera giuridica dei singoli e fu solo perchè erano stati eliminati i contrappesi federalisti che il cittadino potè cosi facilmente essere privato dai suoi diritti politici. L'unità federativa non è solamente una garanzia contro l'arbitrio dei membri - dittatori in sedicesimo fecero la loro apparizione anche sul suolo elvetico - ma anche un mezzo decisivo per la moderazione dei poteri centrali. La suddivisione federalistica dei poteri rappresenta un controllo e una remora del potere federale e con ciò una protezione non solo del diritto dei cantoni, ma anche dei diritti dei singoli cittadini. Il fatto che la garanzia costituzionale ha trovato più salda radice negli stati federativi, comprova la affinità tra il federalismo e lo stato del diritto.

L'importanza della democrazia classe operaia per la politica Lo Stato e le classi L'errore fondamentale di quei che vorrebbero interpretare il pensiero di Marx in senso a n t i d e m o c r a t i c o è di credere di potere applicare gli argomenti marxisti a una critica della democrazia fatta su piano politico, cioè proprio sul piano dove, secondo Marx, la Democrazia resta inattaccabile. In altre parole, mentre Marx critica la Democrazia non perché essa sia democratica, ma perché è solamente politica, si viene a criticarla in quello che essa ha di democratico. E' solamente in funzione di un programma più vasto d'emancipazione umana che Marx critica il sistema di libertà s o 1a m e n te politiche. Non si sogna di opporre, per esempio, al regime della libertà politica una dittatura benefica, bensi reclama a 1 d i 1à della libertà del cittadino una libertà più totale, più vera, dell'uomo. La critica di Marx condanna le catene che la libertà politica lascia sussistere, non già la somma delle libertà conquistate colla «dichiarazione dei diritti». Dovremo ancora esaminare il problema essenziale che ha posto il marxismo: in che modo potrà l'umanità superare l'attuale dico t o - m i a tra il cittadino e l'uomo con un passaggio dialettico dall'emancipazione del cittadino all'emancipazione integrale· dell'uomo? Si falserebbe il senso stesso di questa dialettica, se il punto di vista iniziale, col quale Marx esamina la critica dell'attuale Democrazia, fosse interpretato in senso errato. Bisogna fissare nettamente che se nella sua Lotta di Classe il proletario deve porsi come compito «il superamento» dei regimi democratici attuali, questo risultato potrà essere raggiunto, non con la soppressione della Democrazia, ma colla soppressioni delle classi. Fin quando la società resterà divisa in classi, l'unico regime politico favorevole all'emancipazione umana non potrà essere che quello dove gli antagonismi sociali non vengano «compressi superficialmente ed artificiosamente colla forza.» * Un problema sorge ora : come accordare l'affermazione che emana da tutta l'analisi marxista e secondo la quale la Democrazia è lo Stato nel quale ciascun uomo diviene cittadino «cioè persona morale», e l'altra tesi che dimostra come lo Stato non possa essere altro che l'organo di dominazione di una classe sulle altre? Se lo Stato significa oppressione e soggezione, come possono gli oppressi essere al tempo stesso cittadini? E come si può sostenere che siano «emancipati» solo politicamente? La soluzione di questa difficoltà da parte dei teorici comunisti è d'una estrema semplicità : ogni Stato è uno Stato di classe; di conseguenza, quello che si suole chiamare «emancipazione politica» non è in realtà che una forma inventata dalla borghesia per meglio consolidare il suo dominio. La Democrazia politica significa realmente la dittatura della borghesia. Se il regime che emancipa il cittadino implica la dittatura borghese, il governo operaio non potrà sopprimere questa senza sopprimere quello; egli schiaccerà la tirannide sociale del proprietario abolendo le libertà politiche e la dittatura del proletariato s'affermerà sotto la forma d'autocrazia. Se vogliono essere coerenti, i comunisti debbono dunque sostenere che una emancipazione politica, nel senso d'una uguaglianza reale di tutti i cittadini di fronte allo Stato, non si potrà mai realizzare : essa è illusoria in regime borghese nel quale serve di camuffamento alla dittatura dei possidenti; lo Stato proletario la vitupera come un residuo del vecchio regime. Non se ne parlerà più quando le classi saranno effettivamente abolite, perché lo Stato non avrà allora più ragione di essere e con esso sarà sparita ogni questione p o 1i t i c a. L'equivoco di questo ragionamento risiede in una forma tipica di sillogismo : si comincia col criticare la Democrazia Politica nella forma nella quale viene svisata e falsata dalla Società attuale, la Società fondata sulla proprietà privata, e nella conclusione si sostituisce a questa forma imperfetta della Democrazia la Democrazia pura e semplice. Cosicché le obbiezioni contro ciò che v'è di borghese e nel tempo stesso di democratico si appuntano in un modo arbitrario contro ciò che è democratico e per nulla borghese. Differente la posizione marxista. Non si potrebbe infatti spiegare l'analisi, spinta talmente a fondo, delle contraddizioni che lo Stato moderno accumula opponendo il cittadino all'uomo, se Marx avesse semplicemente identificato l'emancipazione politica colla dittatura della Borghe.sia. In realtà, Marx ammette la possibilità dell'esistenza d'un organo politico che, invece di servire come mezzo di oppressione nelle mani di una classe dominante, verrebbe utilizzato a scopi di liberazione da parte di una classe che troverebbe la sua ragione d'essere nella emancipazione umana. L'errore riformista Esaminiamo ora il punta di vista del riformista. Quest'ultimo eluderà la difficoltà in una maniera opposta a quella del comunista. Dei due termini della contraddizione apparente: l'emancipazione politica e lo Stato organo di una classe, il comunista sopprime il primo termine e il riformista il secondo. Agli occhi del riformista, là dove trionfa l'emancipazione politica, lo Stato cessa d'essere lo strumento d'una dominazione di classe per diventare l'organo politico di tutti gl'individui che fanno parte di una comunità nazionale. Ne consegue che lo Stato Democratico non è più lo «Stato Borghese» ; ma può invece - nella stessa Società borghese - regnare «al di sopra)) delle classi. Il proletariato potrà dunque aver fiducia nel funzionamento automatico della «macchina» Statale ed assumere la direzione una volta che il suffraggio universale gli avrà procurata la maggioranza. Tutti gli errori dei riformisti derivano da questa illusione : di credere che una vera Democrazia possa esistere in una Società nella quale la proprietà privata determina i rapporti tra i «singoli». Si nega implicitamente che esista una differenza essenziale fra la Democrazia borghese e la Democrazia operaia; ne risulta che non si vede la ragione per la quale la trasmissione dei poteri da parte dei partiti borghesi al partito del proletariato debba determinare maggiore imbarazzo di una volgare crisi di gabinetto. In una concezione cosi ingenua ed euforica, esula ogni traccia della idea marxista rivoluzionaria, concernente la conquista del potere da parte del proletariato socialmente oppresso. Mentre il punto di vista comunista fa tabula rasa della emancipazione politica in quanto tappa necessaria nell'evoluzione della Società verso la sua emancipazione integrale, il punto di vista riformista sopprime la realtà tragica di questo problema dell'emancipazione umana e, attraverso un rispetto troppo facile delle forme «legali» della Democrazia, finisce col rinnegare il nerbo di quest'ultima che consiste precisamente nello spirito insurrezionale. * Ogni Stato è uno Stato di Classe. Anche vigendo una costituzione democratica, lo Stato nel quale la borghesia predomina socialmente non può essere che ùno Stato di Classe. Ciò non esclude che possa sussistere uno Stato nel quale il potere sia in parte detenuto dal proletariato, ciò che implicherebbe da parte della borghesia una rinuncia parziale al monopolio della coercizione. Non vogliamo negare a priori la possibilità pratica di un simile e q u i - 1i b rio tra classi opposte nel quale K. Kautsky ha creduto trovare una soluzione del paradosso marxista. Ciò non impedisce che in ogni stato nel quale sussistano le prerogative della proprietà privata non sia palese la dominazione di classe e l'emancipazione del cittadino nulla tenente vi sia precaria e spesso anzi illusoria. Evidentemente si possono concepire delle situazioni nelle quali la forza organizzata del proletariato riuscì a «controbilanciare» la effettiva potenza del «muro d'argento» ed allora la Democrazia apparirà «sospesa» tra la dominazione di classe e un regime di eguaglianza sociale. Ciò è, del resto, un effetto dell'antinomia inerente ali' «epoca borghese» che si distingue dai regimi precedenti della Società pel fatto che gli antagonismi di classe si sono semplificati all'estremo e che <<il campo di battaglia» è sbarazzato da tutte le limitazioni non necessarie, da tutte le «sottostrutture illusorie», di modo che i due gruppi avversi possono prendere chiaramente e visibilmente le loro posizioni. La borghesia ha dovuto spezzare tutti i sistemi gerarchici «che erano come compartimenti stagno tra il popolo e la comunità politica» ; le toccò «instaurare lo Stato politico per gli affari generali» e cosi «fare degli affari dello Stato gli affari del popolo», perché «solo in nome dei diritti generali della Società una classe può rivendicare la supremazia totale». Ma la decadenza del regime borghese si palesa precisamente nell'incompatibilità sempre più evidente del suo predominio sociale coi «diritti generali:,; e gli interessi dei più. E' ciò che provoca la svolta decisiva nella quale la borghesia si eleva contro questo stesso principio BibliotecaGino Bianco della Democrazia che per l'avanti fu il suo mezzo più efficace per arrivare. Tutti gli sforzi . dellaclasse possidente tenderannod'ora in poi a falsare o a ricorrere agli espedienti del sistema democratico. Puntellandosi su tutto il peso delle sue risorse economiche essa cercherà di frenare e di pervertire, di snervare e di abbassare il giogo delle istituzioni popolari. Disponendo del monopolio della grande stampa, essa dominerà o stroncherà l'opinione pubblica organizzando quello che è stato chiamato «lo imbonimento dei crani». Avendo a sua mercé l'opinione pubblica, non esiterà a far passare come i responsabili dei peggiori mali del capitalismo proprio quelli che sono le vittime. Lo sforzo più teso si dirigerà sovrattutto a fomentare discordie speciose tra contadini e operai, tra proletari e piccoli borghesi, perché un «fronte popolare» unito è il pericolo mortale che la plutocrazia teme a piena ragione. Ma per fronteggiare questa suprema minaccia, la borghesia tiene in riserva ben altre risorse. Esiste una analogia profonda tra il diritto di proprietà e il diritto dello Stato alla coercizione incondizionata sui suoi membri (quest'ultimi non possono uscire liberamente dallo Stato, né sfuggire alle sue sanzioni) : sono i due diritti i più a s s o l u ti che si riscontrano nella vita collettiva, le due ultime istanze, i due poli verso i quali convergono tutti i problemi fondamentali dell'organizzazione sociale. La borghesia è onnipotente finché possiede e tutti i vantaggi della proprietà e tutte le leve di comando che regolano l'azione dello Stato. Il parlamentarismo, la burocra.zia, l'esercito permanente sono i principali ingranaggi di questa macchina in regime di democrazia borghese. La divisione dei poteri era stata concepita come una garanzia di libertà affinché all'interno stesso dello Stato «il potere frenasse il potere» (Montesquieu). Ma quando gli interessi della proprietà non concordano più colle libertà •e colla legalità del sistema democratico, questa stessa suddivisione delle funzioni sovrane tra il potere legislativo, l'esecutivo ed il giudiziario diviene una pericolosa finzione, perché una sola e medesima volontà - quella delle «potenze del denaro» coalizzate - tiene i fili dei differenti «congegni» : influenze parlamentari, giudici compiacenti, polizia, forze armate, organi dell'opinione. Manovrando dietro le quinte, si falsa sufficientemente il gioco di questi ingranaggi per permettere che si riaffaccino negli interstizi tutte le forme i 11 e gal i dell'oppressione: leggi inoperanti o contradditorie, magistratura asservita agli interessi d'una classe (o di una consorteria), investitura delle «feudalità finanziarie», carta bianca rilasciata alle bande mercenarie d'una polizia sempre più invadente, ingerenza degli Stati Maggiori in combutta coi «mercanti di morte violente», dittature occulte o sanzionate dal voto dei «pieni poteri». Il «gigantesco colpo di scopa della Rivoluzione Francese» aveva cominciàto col fare sparire «ogni sorta di anticaglie» mediovali : diritti signorili, privilegi locali, monopoli delle città e delle corporazioni, costituzioni provinciali», ostacoli tutti alla costituzione dello Stato moderno. Questo Stato moderno, «centralizzato, coi suoi organi dovunque presenti : esercito perm~nente, polizia, burocrazia, magistratura», fu edificato in parte dal Comitato di Salute Pubblica per i bisogni della resistenza contro l'opposizione interna e contro «la coalizione della vecchia Europa semifeudale», poi consolidata in senso autoritario sotto il Consolato e l'Impero. Nei differenti paesi capitalistici, questo sistema dell'anno VIII fu poi imitato e adattato alle tradizioni locali e sottoposto, del tutto o in parte, «al controllo parlamentare, cioè al diretto controllo delle classi possidenti. Divenne, da una parte, vivaio di enormi debiti nazionali e di imposte schiaccianti, grazie agli allettamenti irresistibili derivati dalla sua autorità, dalle sue rendite, dai suoi favori, e divenne il pomo della discordia tra le frazioni concorrenti e gli avventurieri delle classi dominanti; dall'altra, a misura che il progresso dell'industria moderna approfondiva l'antagonismo tra il capitale ed il lavoro, il potere dello Stato assumeva sempre più il carattere di una forza coercitiva destinata ad asservire la classe operaia, di ordigno di dispotismo di classe.:,; (La guerra civile in Francia, 1871.) E' per questo che «la classe operaia non può limitarsi a prendere possesso del meccanismo dello Stato per farlo funzionare a suo profitto». E in una lettera a Kugelmann del 12 aprile 1871 Marx precisava il suo pensiero: «se rileggi l'ultimo capitolo del mio XVill Brumaio, vedrai che sostengo che la Rivoluzione in Francia deve anzittutto cercare, non di far passare come pel passato la macchina burocratica e militare in altre mani, ma di spezzarla». La democrazia socialista Quale sarà l'organismo politico che il proletariato vittorioso metterà al posto dello Stato borghese che avrà demolito? E' evidente che l'ordine e la sicurezza garantiti da un Governo operaio emaneranno ancora dalla dominazione d'una classe e precisamente• della classe la più numerosa della società. Cessando di essere una massa di salariati, essa dominerà e c o s t r i n g e r à alla eguaglianza non solo di diritto ma anche di fatto la minoranza degli ex proprietari. Ma dato che la sua ragione di essera sarà l'abolizione delle classi sociali e non il mantenimento della loro gerarchia, lo Stato proletario sarà necessariamente uno s t r u m e n t o s p e c i f i c o d' e m a n - c i p a z i on e al posto d'essere, come lo Stato borghese (e tutte le forme di Stato che lo hanno preceduto) 1.illO s t rum e n t o d' oppressione. Ora chi dice emancipazione dice libertà politica e la nozione di libertà politica è inseparabile da quella di «Governo del Popolo da parte di esso stesso» cioè, della Democrazia. E' certo che «l'essenza della Democrazia è infinitamente più complessa, più sintetica di quello che lo farebbero credere certe formole correnti» e che «nella definizione della Democrazia bisogna tener conto di tutto un complesso e di tutta una gamma di elementi» (Giorgio Curvitch). Si prenda, difatti, tanto la supremazia della maggioranza sulla minoranza (definizione della Democrazia presso gli antichi), o il principio di uguaglianza sul quale si è insistito particolarmente nel 1793, o l'affermazione della Libertà individuale messa in prima linea da tutte le «dichiarazioni dei diritti» democratiche, sia la sovranità inalienabile del popolo interpretata in svariati modi da Marsilio da Padova fino a Rousseau, infine, il principio del «relativismo politico» il quale a detta di Kelsen, ammette la «coesistenza pacifica di molteplici sistemi ideologici nel seno della medesima Società», nessuno di questi motivi fu sufficiente per determinare l'essenza della Democrazia e fu solo traverso il loro incrociamento che nacque - verso la fine del XVTII secolo - una concezione concreta della Democrazia politica : essa si radicò negli spiriti come una sintesi complessa, come un equilibrio semimovente tra l'aspirazione alla Libertà e !'esigenze della eguaglianza colla sovranità del popolo per base. L'emancipazione dell'uomo, se vuole superare l'emancipazione formale del cittadino, deve basarsi su un'approfondimento considerevole delle nozioni di eguaglianza, di libertà e di sovranità del popolo: la libertà si concepisce in una maniera più immediata, come la manifestazione, sia pure parziale, del carattere originale di ciascun individuo; l'eguaglianza diviene una nozione qualitativa, non più l'eguaglianza formale, ma l'eguaglianza materiale, «l'eguaglianza delle possibilità:,;; e la sovranità del popolo non verrà più concepita come una «volontà generale» acquisita e determinata a priori, ma come una forza vivente che agisce in ogni istante ed «imbeve in qualche modo le istituzioni dello Stato», gli organi di quest'ultimo dovendo essere costruiti in maniera da «restare accessibili a tutte le fluttuazioni dello spirito popolare». L'organizzazione del potere e la garanzia d e i d i r i t t i formano per la Democrazia un unico e medesimo problema. Quando Lassalle esclamava in uno dei suoi celebri discorsi : «la Democrazia - e ciò forma il suo vanto - ha essa sola il diritto di parlare del diritto; è solamente in un regime di Democrazia che il diritto regna dovunque» (Opere, in tedesco, Ed. 1923, I, p. 550), marcava giustamente il fatto che al di fuori della Democrazia non vi sia nessun modo d'inserire il diritto ( cioè i rapporti giusti e liberamente consentiti tra individui) nel tessuto della organizzazione sociale. Mentre una «Democrazia» falsata dalla dominazione effettiva di una oligarchia di proprietari annulla di fatto la libertà, l'uguaglianza, la sovranità popolare che continua ad affermare in diritto, in una democrazia il cui principio animatore sia la soppressione dell~ classi, i diritti re al i sono garantiti a tutti compreso agli stessi ex borghesi che si hanno spossessati. La critica marxista della Democrazia attuale, non ha senso se non in vista di questa Democrazia superiore che abolirà nello stesso tempo le classi e lo Stato. Ciò che Marx raccomanda alla classe operaia non è la distruzione del sistema democratico per sopprimere le classi sociali, bensi la soppressione delle classi allo scopo di spezzare le pastoie politiche che mutilano e falsano oggi la Democrazia. GIUSEPPE SARAGAT. Dal vol. «L'Humanisme Marxiste», stampato a Marsiglia nel 1936 in lingua francese presso la casa editrice E. 8. I. L. '

I problemi della democrazia • ID Riproduciamo altri documenti arrivatici dall'Italia sul pensiero dei socialisti perché li consideriamo un notevole contributo alla chiarificazione del problema politico del dopo- • guerra. L'esigenza di un ripensamento profondo e spregiudicato di tutte le premesse del programma socialista tradizionale sembra molto diffusa nelle file del Partito Socialista di Unità Proletaria; essa è chiesta anzittutto dai giovani, dagli elementi ex repubblicani ed ex comunisti; non è eccessivo affermare che l'avvenire del socialismo è strettamente legato alla realizzazione di questa esigenza. Ripetiamo quello che abbiamo già dichiarato nel numero precedente, e cioè: ufficialmente il P. S. U. P. non ha ancora avuto la possibilità materiale di pronunziarsi in materia a causa dell'illegalità in cui è tuttavia costretto. L'essenza rivoluzionaria del socialismo «Noi consideriamo di trovarci storicamente dinnanzi al compito diretto della costruzione del socialismo. Non perché l'immediato domani debba proprio costituire per l'Italia necessariamente una congiuntura rivoluzionaria, ma perché, la dove è rovinata l'economia liberale ed è stata cosi profondamente compromessa la struttura sociale dello stato, incombe di promuovere oramai le no s tre soluzioni fondata sulla gestione collettiva delle attività produttive. In questo senso noi riteniamo impossibile a sostenere le posizioni riformistiche e gradualiste d'un tempo. • L'evoluzione dell'ultimo quarto di secolo ha recato il socialismo sul terreno delle realizzazioni ed è cosi che noi consideriamo che la rivoluzione sia oggi all'ordine del giorno. Non perché si debba insorgere a tutte le ore, ma perché i prodromi immediati della rivoluzione sono già nel tumultuoso rivolgimento che si compie nel mondo ed ha per sue manifestazioni crisi economiche, lotte civili, guerre senza precedenti per la loro portata. In questo senso sentiamo il bisogno di riaffermare l'essenza rivoluzionaria del socialismo. A fondo di questo rivolgimento, pur nella complicazione che presenta, noi ritroviamo le chiare determinanti di una lotta di classe che si sviluppa fuori delle proporzioni conosciute nel passato e fuori dell'ambito nazionale, arrivando alla sua fase storica finale. Essa affaccia alla rivoluzione non più come causa esclusiva del proletariato, ma come a problema di sopravvivenza per la civiltà. Cessa la rivoluzione di incorporare interessi particolari di classe, per presentarsi come supremo interesse della comunità. La politica rivoluzionaria tende di conseguenza a formule mature e integrali di libertà. Ma fino al compimento della rivoluzione, fino a che non si trovi abbattuto l'ultimo ostacolo e vinta l'ultima resistenza, fino a quel momento la forza viva nel moto che ci porta innanzi sarà la classe che sola ha nella propria condizione di esistenza la ragione imperativa e ineliminabile della lotta, il proletario, che subisce lo sfruttamento capitalistico senza mediazioni che possano disporlo a transazioni di sorta. In questo senso intendiamo di confermare l'essenza classista del socialismo. Ciò che ci induce a promuovere una azione socialista indipendente accanto al comunismo militante non è una pregiudiziale democratica come la pongono i "democratici,,. Noi lo riconosciamo apertamente. La critica marxista alle libertà borghesi rimane fondamentale, ed acquista attualità nuova dinnanzi alla irreparabile decadenza del parlamentarismo. Nessuno più pensa che possano essere espressive della volontà popolare forme di suffragio che vogliono spiccare il cittadino sotto profilo politico in una purezza che è ingannevole ed irreale. La libertà è per noi condizione civile d'esistenza, ossia valorizzazione delle capacità e garanzia data alla loro esplicazione sotto forma fondamentalmente di autonomia. Rifiutiamo la critica liberale, secondo la quale sarebbe radicato nel sistema socialista e manifestazione necessaria di esso lo statalismo burocratico e il centralismo autoritario. Li consideriamo al contrario deviazioni di una fase di passaggio, di una esperienza che non è pervenuta ancor'a a maturità, eredità morta del sistema borghese. E' insito infatti in una economia sottratta a interessi particolaristici e gestita nell'interesse della collettività il criterio di elevare al massimo il rendimento individuale, e questo può ottenersi solo promuovendo la selezione, favorendo l'iniziativa, potenziando al massimo le autonomie.» Smobilitazione dello Stato «La rivoluzione, come i socialisti l'intendono, non consisterà nel sostituire i gerarchi fascisti con dei compagni o degli antifascisti. La nostra rivoluzione non è riassunta dalla famosa formula: "levati du di lì, che ci voglio star io.,, La nostra avversione allo stato totalitario fascista si fondava sulla constatazione ch'esso soffocava la società italiana; le stato italiano resterebbe uno stato reazionario se la nostra rivoluzione lo conservasse qual'è oggi, limitandosi a sostituire il personale in camicia nera con un personale in camicia rossa. Noi vogliamo invece una radicale smobilitazione dello stato, per poter distruggere fino all'ultimo residuo le funzioni ed i poteri totalitari ed "autarchici,, e per distruggere la macchina del regime e del partito fascista. Il che significa nello stesso tempo: assicurare le basi di un regime libero, cioè interamente e positivamente democratico e quanto più si possa conforme alle esigenze della giustizia sociale. Il nuovo statuto politico ed economico dell'Italia sarà naturalmente elaborato e promulgato da rappresentanti regolarmente eletti da suffragio universale, esteso più tardi anche alle donne. Ma fin d'ora i socialisti devono definire alcuni tratti dominanti del nuovo ordine di cose che essi cercheranno di fare approvare dalla maggioranza attiva della nazione. Un'Italia libera e sicura non può esistere che nel quadro di un'Europa essa pure pacificata e tutta ordinata secondo i principi della più larga democr~zia. L'unità dell'Europa, sotto forma di salda federazione, è ormai riconosciuta indispensabile, e non solo dai socialisti, per poco che si vogliano impedire nuove stragi come le due guerre mondiali di questo secolo. E neppure la ricostruzione economica, il ritorno a condizioni civili di esistenza, la scomparsa delle rovine morali e materiali dei flagelli accumulati dalle tirannidi totalitarie e poi dalla guerra si possono immaginare senza una stretta cooperazione durevole di tutti gli abitanti del nostro continente, compresa la Russia. L'attiva partecipazione a questa unione dei popoli europei e quindi la creazione di un comune governo superiore agli Stati nazionali dev'essere la principale direttiva della politica estera dell'Italia liberata. E dev'essere una direttiva da proclamare subito, rivolgendoci fin da ora ai popoli europei oppressi e ai popoli delle Nazioni Unite; una direttiva sulla quale dovrà strenuamente battersi la delegazione italiana alla conferenza della pace. Non dovrà essere un mo"tivo retorico per l'eloquenza dei banchetti democratici; ma una direttiva che determini tutto l'orientamento della politica quotidiana dell'antifascismo. Liquidare la sovranità nazionale assoluta e l'autarchia si può solo sul piano europeo. La democrazia, dopo l'esperienza dei colpi di stato totalitari, non potrà riaffermarsi se non a patto che i diritti dell'uomo e del cittadino siano garantiti in modo molto più reale di quanto sembrasse sufficiente nelle costituzioni di tipo tradizionale. Il principale pericolo che possa minacciare la libertà degli uomini e la pace, proviene dall'accentramento di mezzi potenti di costrizione, e quindi di oppressione, sia nelle mani di una oligarchia economica, sia in quelle della burocrazia statale. La classe dei grossi capitalisti e finanzieri - massima paladina e massima profittatrice dello Stato fascista - dovrà essere soppressa e la sua ricostituzione dovrà essere impedita. Ma ciò non basta. Occorre che alla potenza dello Stato moderno vengano posti limiti non solo iscritti nei testi costituzionali, ma materialmente efficienti. Di qui l' esigenza di una seconda, duplice smobilit a z i o n e d e 11 ' a p p a r a t o s t a t a 1e nei rapporti internazionali e nei rapporti interni. Le ripetizioni giovano: 1° I mezzi di schiacciare l'individuo e le libere associazioni di individui devono essere tolti. Ciò significa che gli attributi della "sovranità,, non dovranno più essere esclusivo monopolio dello Stato nazionale. Al disopra di esso si dovrà erigere una organizzazione sovranazionale - per es. l'assemblea e gli organi esecutivi della federazione europea - e questa istituzione dovrà disporre di forze adeguate per esercitare sanzioni immediate, e non di pura forma, contro uno Stato che mettesse in pericolo la pace e introducesse un regime incompatibile con la libertà e l'eguaglianza di tutti gli uomini. 2° Un secondo limite alla strapotenza dello Stato dovrà essere assicurato all'interno, mediante il rafforzamento di tutti gli enti autonomi, le associazioni di ogni genere (politiche, BibliotecaGino Bianco economiche, sindacali, cooperative, mutualistiche, culturali, ecc.), gli enti e gruppi locali, ai quali saranno deferite e trasferite molte funzioni di utilità sociali. Il generale disarmo toglierà allo Stato la disposizione delle enormi somme sprecate per la fabbricazione di armi e la possibilità pure di usare degli uomini sottoposti alla disciplina della caserma per opprimere i cittadini. I servizi di polizia dovranno essere ridotti al minimo indispensabile e quanto più possibile decentrati e controllati da magistrati e consigli eletti dal popolo. La libertà assoluta, non solo di circolazione, ma di immigrazione e di emigrazione, come pure il riconoscimento agli stranieri degli stessi diritti di cui fruiranno gli italiani, sono norme la cui necessità nel futuro Stato democratico s'intende da sè. La massima libertà di coscienza e di espressione pubblica del pensiero sotto tutte le forme è un diritto essenziale sul quale non è pensabile che vi possa essere discussione. Ma sarà lecita - soprattutto nei primi tempi - una distinzione fra la libertà di emettere e diffondere opinioni e certe forme di propaganda le quali, anzi che fare appello alla ragione, tentono a corrompere ed a istupidire l'uomo con malsane suggestioni. Cosi come generalmente sono bandite certe pratiche superstiziose nocive alla salute fisica e mentale dell'uomo, e viene represso lo spaccio di stupefacenti, dovranno essere proibiti i tentativi di ripristinare "sagre,, e "riti,, fascisti o qualsiasi manifestazione che imitasse, per esaltarne il significato feroce, le marcie e manovre di squadre e di formazioni militari in genere. Conseguentemente, sanzioni punitive non solo contro chiunque intralci l'esercizio del diritto di espressione del pensiero, ma altresi contro chi tenti di prevalersene a danno delle libertà. Dal concetto stesso della democrazia come abbiamo cercato illustrarlo deriva anche la rigida laicità dello Stato italiano di domani, nel senso di una separazione assoluta di esso da qualsiasi istituzione confessionale. Parimenti l'insegnamento di tutti i gradi dovrà essere impartito ad esclusione di qualsiasi dogma religioso e propaganda di parte e servire la verità della scienza strumento di nuove conquiste dell'intelligenza e di costante eleva-· zione umana.» Consultazione popolare «La futura consultazione popolare sembra diventata per molti il tocca-sana di tutti i nostri mali. Ad ogni problema, ad ogni discussione, essi rispondono candidamente: A questo provvederà la futura consultazione popolare. La Costituente è in questo caso ridotta a panacea. In realtà, la futura consultazione popolare può essere una cosa molto seria o un inganno, l'inizio di una nuova epoca o la continuazione dell'antica camorra, secondo come essa sarà preparata e affrontata dai partiti popolari. Il noto piano politico di Badoglio ("partiti antifascisti e i loro giornali saranno proibiti fino al termine della guerra e le nuove elezioni saranno indette tre mesi dopo la fine delle ostilità,,) nella sua ingenuità tradiva il proposito dei conservatori italiani di condurre il popolo alle urne elettorali senza dar tempo ai partiti di sinistra di riorganizzarsi e di svolgere il necessario lavoro di chiarificazione politica. In quelle condizioni la consultazione popolare sarebbe cosi sincera come i famosi plebisciti fascisti. La Costituente, come noi la concepiamo, è un avvenimento politico del tutto diverso. Affinché la Costituente sia libera, è indispensabile ch'essa sia l'espressione di un popolo libero. La libertà non è dunque un regalo da chiedere alla Costituente, ma la Costituente è un regalo della libertà. Affinché la futura consultazione popolare non sia un inganno, è indispensabile che siano realizzate p r e v e n - t i v a m e n t e un certo numero di conquiste rivoluzionari.e liberatrici dell'opinione publica; è indispensabile che la stampa, la radio, la letteratura, il cinema, il teatro, siano sottratti all'influenza reazionaria e trasformati in strumenti efficaci d'educazione libertaria del popolo; è indispensabile che le banche, i monopoli privati, la grande proprietà fondiaria siano già sotto il controllo delle organizzazioni proletarie; è indispensabile che l'apparato di repressione dello stato (la polizia politica, l'esercito, la magistratura) sia epurato dagli elementi fascisti. Le p aro 1e democratiche e socialiste avranno una presa molto superficiale sulla coscienza del popolo, se i f a t ti re a 1i che determinano la sua coscienza, che la frenano, che la deformano (la miseria, la paura del licenziamento, il regime di fabrica, i debiti, le ipoteche, ecc.) restano quelli di prima. Una Costituente è un fatto progressivo se è nominata da un popolo in marcia.» Italia Contro i liquidatori «E' indispensabile smentire nel modo più energico le voci secondo le quali Tizio o Caio stia preparando la fusione del partito socialista col partito comunista. Anche se queste voci avessero un qualche fondamento, il fattaccio si ridurrebbe alla liquidazione sollecita cli Tizio o di Caio e alla loro entrata individuale nel movimento comunista. La grande maggioranza dei socialisti italiani è per un'azione unitaria coi comunisti e col partito d'azione, ma è fieramente avversa ad ogni fusione. Dai comunisti ci separa la concezione del socialismo, il modo di concepire la tattica del partito proletario, la struttura interna del partito, e quel che più conta: il costume politico. I comunisti si sono dichiarati per la democrazia, per l'unità nazionale, per la collaborazione antifascista, quando ne hanno ricevuto l'ordine perentorio; essi saranno nuovamente per la dittatura, per la teoria del social-fascismo, per la scissione, ecc. quando riceveranno l'ordine contrario. Ci fa piacere che essi siano ora cosi arrendevoli e fervidi fautori della collaborazione, ma la nostra soddisfazione sarebbe ben superiore se essi vi fossero arrivati per convinzione. Noi non possiamo legare il nostro atteggiamente futuro alle vicende imprevedibili della politica estera russa. L'atteggiamento del partito socialista italiano è un affare che riguarda soltanto i socialisti ·e i lavoratori italiani, e nessun altro. Se dunque nel nostro partito, approfittando della confusione creatasi dopo il 25 luglio, si è infiltrato qualche comÙnista mascherato da socialista, noi lo consigliamo, in nome della coerenza e dell'onestà, di andarsene individualmente là dove le sue preferenze lo attirano. Nel partito socialista non c'è posto che per i socialisti. Liquidato questo equivoco, i nostri rapporti coi comunisti potranno essere ottimi.» Lettere «Cari compagni della Redazione, il tono generale del vostro primo numero mi ha sorpreso e fortemente interessato. Finalmente si esce fuori dall'antifascismo generico e si affrontano i problemi con mentalità fresca e spregiudicata ... Vostro L. F. (Lugano).» «Ho letto i due opuscoli (Gorni e Rosselli) e non so dirvi con quanto profitto. Perfino nella veste esteriore c'è quell'accuratezza e gusto che dimostrano che nel movimento socialista non è più di moda la sguaiataggine. Insomma si può essere proletari e puliti. In quanto al contenuto ho una quantità di spiegazioni, chiarimenti, informazioni da chiedervi, ma lo farò a voce. Gorni e Rosselli sono morti? Essi sono più vivi e vivificanti di molti ciarlatani che si credono vivi perché mangiano e digeriscono, ma che spiritualmente non sono ancora nati ... Tuo P. G. (Bellinzona).» «Quello che più mi soddisfa nei vostri stampati è la sintesi di socialismo e libertà. Devo dirti la verità? Se avessi letto in Italia scritti simili avrei aderito al partito socialista; ma da noi, almeno nella mia provincia, si aveva l'impressione che i socialisti fossero al rimorchio degli stalinisti, e allora, capirai, mi decisi per il partito d'azione ... Vostro A. F. (Campo).» «Dopo aver letto le tue cose nessuno ha più il diritto di stabilire una equazione: socialismo è uguale centralismo, statalismo, burocratismo. Mi meraviglia che uno che firma un Italiano abbia ripetuto questa sciocchezza in un articolo, d'altre parte interessante, apparso nell'ultimo numero della rivista Aufbau di Zurigo. Il socialismo statolatra è un m a n n e q u i n molto comodo per quelli che vogliono spiegare la loro diserzione dal movimento operaio. Ad ogni modo, andate avanti sulla via che avete preso! Anche per il nostro partito vale il dilemma: rinnovarsi o perire ... Tuo compagno F. T. (Dal Campo).» e AI COLLABORATORI Invitiamo gli amici che desiderano collaborare al nostro quindicinale di attenersi ai Cemi: origine e natura di questa guerra ricostruzione dell'Internazionale, unità eu~opea, auto-governo popolare nell'economia e nella politica (federalismo). La periodicità del nostro giornale e la limitazione impostaci nel numero delle pagine ci impediscono di occuparci di molte altre questioni pure importanti. I primi numeri, come i lettori constateranno hanno un carattere strettamente programmatic~ e documentario; da ciò alcune ripetizioni e forse una certa monotonia, ma non è del tutto superfluo che certi chiodi siano battuti e ribattuti. Redattori: Dr. WERNERSTOCKER,Zurigo; PIERRE GRABERL, ausanne;ELMOPATOCCHI,Bellinzona Druck: GENOSSENSCHAFTSDRUCKEREI Z0RICH

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