Acpol notizie - Anno II - n. 4 - Febbraio 1970

crescita della classe operaia italiana attraverso le sue lotte .ha approvato e impo"sto. Due grandi fatti materiali sono determinati per definire la natura e la probabile direzione futura di questo complesso di fenomeni. C'è innanzi tutto, un mutamento di peso della classe verso l'esterno: non solo per il dato sociologico della sua crescita oggettiva, ma per la forte carica soggettiva indotta dentro la situazione sociale del paese dalla accelerata dinamica delle lotte, che ha coinvolto in · cerchi concentrici sempre più vasti strati e categorie di lavoratori tradizionalmente poco presenti nello scontro (dagli studenti agli impiegati ai tecnici), · trasmettendo' loro metodi e contenuti di lotta. In secondo luogo, c'è un mutamento massiccio nella composizione interna della classe: sia nell'equilibrio fra settore e settore, sia del')tro la stessa fabbrica o lo stesso settore, - con un venire in primo piano di un tipo nuovo in Italia di operaio moderno di massa, i cui rapporti con l'organizzazione politica o sindacale non passano più attraverso la gerarchia della profes- . sionalizzazione e del mestiere·. ""'entre, dunque, si moltiplicano le condizioni oggettive per una estensione dell'egemonia della classe operaia sull'intera società, cresce contemporaneamente e conseguentemente l'esigenza di ridefinire in forme nuove il legame òrganico tra lòtte e organizzazione sulla base di una · struttura e composizione di classe. Se è vero che , l'esperienza storica e strategica del '45 entra in crisi verso la metà degli anni '50, il decennio '60 costituisce per -la classe operaia e per le sue organizzazioni il faticoso approccio ai nuovi livelli e dimensioni dello scontro di classe in una fase di crescita verso una situazione di capitalismo maturo. I nodi intrecciati dq_ranteil corso degli anni '60 giungono nel '68-'69 non a risolversi ma a riproporsi nella loro formidabile urgenza e necessità. Questo breve sguardo al passato sembra ·necessario per _individuareesattamente i ~aratteri e•i limiti delle ultime esperienze di lotta, senza indulgere ad atteggiamenti trionfalistici, ma senza neanche ripetere errori di sottovalutazione che avrebbero potuto essere evitati fin dagli inizi degli anni '60 con un minimo di attitudini previsionali. 2. AUTORGANIZZAZIONE OPERAIA. Le lotte del '68-'69 hanno messo in luce fra gli operai italiani una disposizione crescente e recuperare la toro interna autonomia ed unità di classe. Non si tratta di un processo ~t~fisico, calato dall'alto per virt~ divina, ma di un fatto estr~mamente - concreto, storico, materiale, che ·muove da precise esi,genze e mira a conseguire risultati determinanti passando a,traverso strumenti adeguati a tali scopi. Questo · discorso riguarda dunque sia forme sia obiettivi della lotta~Per quanto riguarda tali forme: accanto a caratteri distin~ iv·ta ~l'"n . ciel i'6 ,. a anch'essi pervenuti in quest'ultima fase ad un estremo perfezionamento . (massificazione e generalizzazione delle lotte, altissima comunicazione delle parole d'ordine), emerge fra il '68 e il '69 la tendenza a fissare i livelli più alti della combattività operaia in strumenti organizzativi stabili. Ciò in due direzioni diverse, non sempre fra loro integrate: da una parte, con la creazione di organismi unitari di natura fra sindacale e politica, che assumono· 1adirezione della lotta in nome della spinta di base specifica di quella fabbrica .o azienda (comitati unitari · di base); dall'altra, con la creazione di una rete organizzativa operaia, che sfrutta alla rovescia •i tracciati dell'organizzazione capitalistica della produzione per ricomporre l'unità della lotta a partire dalle unità' lavorative di base (delegati di squadra, di reparto, comitati di officina, ecc.). Nè in un caso nè nell'altro sembra possibile parlare di queste esperienze come dell'embrione del Partito o del Sindacato nuovo (ipotesi · spontaneista) o dello Stato socialista in costruzione (ipotesi soviettista). L'enorme importanza della cosa sta nella possibilità che essa esprime di creare nella fabbrica una linea fortificata e d'attacco, direttamente operaia e direttamente unitaria; contro l'iniziativa di riorganizzazione capitalistica della produzione. Come ha scritto un del_egatooperaio della Fiat Mirafiori: "I I delegato non è l'avanguardia politica. Il delegato è l'espressione del raggrupJl)amento ·organico degli operai e nasce in funzione di urr certo tipo di lotta interna" (Gaudenti, sul Manifesto, 1, 1970). Questo non significa che comitati unitari di base e delegati di reparto non pongano problemi strategici e di organizzazione. Certo ne pongono: ma esattamente nella stessa misura in cui ogni salto in avanti nella coscienza e nell'autorganizzazione operaia pone il· problema di trovare soluzioni politiche gli corrispondano. Dall'interno delle esperienze organizzative operaie riemerge perciò, ma enormemente arricchito, il vecchio probrema dell'avanguardia politica, che sia capace di generalizzare ed imporre a livello sociale generale il contenuto più avanzato delle lotte operaie stesse. Solo un salto di qualità sul terreno dell'avanguardia organizzata può permettere a questo punto il definitivo assestamento e la crescita ancl)e politica delle stesse esperienze di autorganizzazione operaia.. 3. LOTTA SUL SALARIO E SUL LAVORO. Le esperienze organizzative operaie non sono dissociabili in questa fase dalla natura dei risuttati che esse si proponevano di raggiungere. E la lotta è stata, innanzi tutto, sulle condizioni di lavoro e sul salario; sui diritti sindacali; in secondo luogo, esattamente come ricerca di una garanzia capace di stabilizzare quei primi due punti. Lotta sulle condizioni di lavoro come lot- · ta, forse per la prima volta, contro l'organizzazione -capitalistica del lavoro; lotta sul salario come ennesi7 mo ma più generalizzato episodio di quella lotta pluri-

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