Acpol notizie - Anno I - n. 2 - Dicembre 1969

Punto qualificante Da questa analisi emergono, mi sembra, due conclusioni: la prima è che nessuna di queste tre tesi giunge a negare la funzione "autonoma" del PCI come tale in un processo di ristrutturazione della sinistra. Non vi giunge Ingrao, ·per una considerazione storica dei processi necessari a u_ne' ffettiva ristrutturazione della sinistra; non vi giunge la "nuova sinistra", denunciando così il limite aporetico della sua elaborazione. La seconda conclusione è che un processo di "maturazione autonoma di forze cattoliche e socialiste" non è senza interlocutori all'interno dello stesso PCI: con il che forse l'ACPOL potrà sperare di inserirsi in· una dialettica di forze reali, senza restare nel limbo dei velleitarismi e degli intellettualismi in cui tanti fenomeni di dissenso si sono finora lasciati ,confinare. Perchè - e qui sta un punto qualificante della nostra iniziativa - noi non vediamo la ristruttJrazione della sinistra come aggregazione di forze nùove a un polo· preesistente, né lo possiamo ridurre all'esercizio, pure importante e determ.inante, della pratica sociale di massa: sia l'una strategia che l'altra, infatti, rimangono impotenti di fronte al problema di un rinnova·mento della strategia e della presenza della sinistra tradizionale (cioe, con tutto il rispetto per il PSIUP, del PCI), mentre la crisi politica che stiamo attraversando ~ a meno di non voler ricadere nel miracolismo del_destino cinico e baro, assai più pericoloso di quello della violenza - è frutto sia della prevalenza delle .forze moderate, sia della insufficienza della proposta alternativa delle forze della sinistra tradizional~. Lidia Menapace -sa che quando mi riferisco a una dialettica di forze real i non intendo riferirmi a un fatto quantitativo, come fece "Azione sociale" in un articolo in cui la si invitava a premunirsi di una cospicua dote prima di andare a nozze col PCI, articolo che insieme contestammo: mi riferisco, invece, a un fatto qualitativo, alla qualità pòlitica che deve assumere, nel confronto col PCI, la crisi dell'interclassismo cattolico e del riformismo socialdemocratico: a una qualità polìtica che coinvolga tradizioni storiche, culturali, equilibri di potere e quant'altro. Che questi fenomeni di aggregazione· culturale e poi itica si atteggino diaretticamente rispetto ad altri di radicalizzazione sociale, e con essi dialetticamente si intreccino, non dovrebbe né sorprendere né spaventare· eh i accetti un'interl)retazione integralmente dialettica del divenire storico. Per concludere sul terzaforzismo, infine, gradirei che Lidia Menapace mi indicasse dove, nella attuale situazione italiana, ella individua spazi agibili per una terza forza: personalmente, non ne vedo. Quanto alla prima perplessità, quella sul rapporto fra ACLI e ACPOL, frélncamente non so se interpreto bene il pensiero di Lidia Menapace: mi sembra che ella tema che la costituzione dell'ACPOL e la contemporanea "liberalizzazione_" del voto .aclista scarichi la tensione politica interna alle ACLI e renda queste più permeabili alle pressioni della destra democristiana ed aclista. Credo che una attenta lettura dei documenti adisti valga a fugare i dubbi che la Menapace esprime circa l'effettiva "liberalizzazione" del voto: le tesi congressuali sono molto esplicite nello escludere ,.'la eventualità di un impegno diretto vuoi in termini di presentazione di liste, vuoi in termini di sostegno di candidature"., e parlano di "eventu61i scelte itsJi; lisi '4ll~- rès'i>insa i ~ t cse dai singo_li adisti, con le l6 necessarie incompatibilità". Quanto al ruolo politico delle ACLI, sempre le tesi precisano che "l'interesse del movimento operaio per i problemi reali della società si\ traduce in una crescente presa di coscienza dei limiti e delle strozzature 'dell'attuale assetto e porta alla necessità per le ACL I di adempiere ad una funzione politica nei modi peculiari della loro natura e del loro ruolo", e affermano poi che '~lavocazione poi itica è distinta e diversa da quella dei partiti". Mi sembra che queste affermazioni spostino a monte la questione del voto aclista: non solo "liberalizzato" rispetto alle liste e ai candidati, ma nemmeno considerato una forma di espressione unitaria del movimento. La tendenza, invece, è quella di col locare la presenza unitaria del movimento aclista a un livello diverso, al liv~llo dell'azione sociale e della pressione di base nei confronti degli jstituti rappresentativi. Così, del resto, si èsprimeva il segretario nazionale delle ACLI, Gabaglio, parlando recentemente al Convegno nazionale del· settore città delle ACLI. Gabaglio, · dopo aver ribadito i concetti della "liberalizzazione" del voto e della fine del "collateralismo'', e dopo aver rilevato che "evidentemente, a nessun aclista - fatte salve le opportune incompatibilità esistenti e altre che potranno essereeventualmente stabili~e dal Congresso - 'sarà impedito di candidarsi al le elezioni amministrative sotto la sua responsabi Iità personale", affermava che "-il movimento dovrà invece accentuare la propria iniziativa sociale, la propria azione sociale. Azione sociale che significa innanzitutto organizzazione di momenti di partecipazione e di democrazia diretta; che significa non solo consultazione della opinione pubblica attraverso i'nchieste, dibattiti, convegni, ma anche organizzazione, mobilitazione, presenza, pressione sociale"; e concludeva: "Le ACLI, in altrì termini, devono avere sempre più come fine quello di dare corpo e voce alle istanze popolari, al controllo popolare• sugli organi di democrazia ~- delegata, nella convinzione, fra l'altro, che solo così sarà possibile· ridare potere a questi organi la cui funzione è sempre più svuotata dal verticismo del le decisioni poi itiche''. · Creatività poi itiéo - culturale Se queste affermazioni troveranno riscontro riel la pratica, non sta a me profetare: penso, tuttavia, che su questo I' ACPOL avrà ben poco da dire. Sarà la maturità dei lavoratori associati nelle ACLI - la cui evoluzione Lidia Menapace ha così bene descritto - a deciderlo e a garantirlo. · Vorrei s,olo aggiungere che sarà difficile che I' ACPOL serva a "liberalizzare il voto .acl·ista per portarlò al PSI", come teme la Menapace: sia perchè il voto aclista si liberalizza da sé, e non si. lascia liberalizzare dall' ACPOL; sia perchè, nella fattispecie, non si saprebbe, con questi chiari di luna, a quale PSI indirizzarlo; sia, soprattutto, perchè penso che I' ACPOL non sia nata per·dare indicazioni elettorali a chicchesia. L' ACPOL, come dice il docu·mento costitutivo, è nata per condurre "un lavoro culturale che affronti i nodi fondamentali del sistema che ci regge nelle sue strutture portanti", avendo presente che "un lavoro che fosse puramente di ricerca e di analisi avrebbe tutti •i rischi dell'astrattezza e dell'isolamento", per cui è necessario "creare una struttura associativa che sia in grado, con la sua .attività di approfondimento, di ricerca, di dibattito, di iniziati\(a, di stabi Iire UQ rapporto con i movimenti reali del paese, fuori da ogrii prospettiva partitica e elettorale''. L' ACPOL, quindi, cerca di sperimentare l'agibilità di uno

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