La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 47 - 26 novembre 1961

LAFIERA LETTERARI Anno XVI . N. 47 SETTIMANALE DELLE LETTERE DEhhE ARTI E DEbbE SCIENZE Domenica 26 novemlire 1961 SI PUBBLICA LA DOMENICA Fondato eia UMBERTO FRACCHIA * Diretto da DIEGO FABBRI QUESTO UMERO L. 100 DIREZIONE E REDAZJONE: Rom a V la del Corso. 303 - Tel. 687645 • Ammlnlstraz:looe Te!. 673015 - PUBBLJClTA': A.mminJstraz.lone: e LA FIERA LETrE.RA.Rl.A • • Via del Cono. 803 - Roma - TA.RlFB'A L. l50 al m.JWmetro • ABBONAMENTI: Annuo lire 4.000 · Semestre lire 2.150 - Trimestre lire 1.100 . Estero: Annuo lirl' 7000 : Cnpla arretrata lire 150 Spedizione tn conto corrente c,oJtale (Groppo Il) • Cooto corrf"nte posta.le aumero 1l 31426 r e In esclusiva per• il nostro ;i;·iornale e \ Dal "Taccuino * delle ]etture,, PREZZO LINI: ~------------------~ 1912 Alessandro Mag Italia U N MIO AMICO residente a Perugia, Il pror. Gioac– chino Nlcolctti, ml avvcrlì che presso una libreria antiquaria In Roma si trovavano Ln , 1 endlta le bozze (con aggiunte e correzioni) d'un mio opuscolo del 1912 che non era mal stato pubblicato. Jncurioslto, le comprai. Eccole qui. Me n'ero dlmcnllcato com– pletamente. Non credo che queste pagine possano a,•cre Interesse per un lcttorc contemporaneo, ma la .. Fiera Lellerarla • pensa di sì; e a mc non ra nulla di male vederle pubblicate. Sono un documento. Ho rispetto del do– cumenti, anche quando ml riguardano, e posson essere rivolti contro di mc. Sono arrivato al punto In cui si acce11a tutto di se stesso. anche Il puzzo. Oggi, non so se debbo dire che ho • Ictio• o che ho • rilcllo • quelle pagine; ma scorrcndole con l'occhio mi tornavano alla mente giudizi cd espressioni che ave,•o pronunziati e dai quali dissento. E' un mio scritto non più mlo. Da una delle mie aggiunte appare che l'opuscolo r-u "'buttato giù• alla fine del man.o ( 1912). Non ml ricordo perché non lo pubblicai. Ma da brani di lctlere del tempo, parc che suscitasse oualchc obiezione da parte del miei amici de • La Voce •. che cercavano allora di mandarla a,•anll In mia assenza, essendomi lo recato a Parigi. e probabilmente fu per questo che lo abbandonai e così poco mc ne curai che rimase In bozze prcsso lo Stabilimento Aldino Il cui timbro parlano. Come poi passassero ad una libreria anliqunria non riuscii a sapere; il libralo non rispose quando glielo chiesi. Anche, da una nota, pare che ml sen,lrarono per una conrcrenza all'estero, credo a Lugano. Il lutto è veramente di scarsa lm· portanza per mc, e figuriamoci per Il pubblico. L'lntcn10 di questa composizione - evidentemente - fu quello di • far Il punlo • In un periodo di sosta dopo la guerra di Libia. La nuova Italia E , OR!\1AI un luogo comune: la guerra ha rin· novato l'Italia, ha 1ivel~to un nuovo stato della coscienza italiana alle nazioni europee ed alritalia stessa. Tanto ardore guerresco. tanta calma di fronte a possibili complicazioni interna– zionali, una organizzazione perfetta sotto quasi tutti i punti di vista. una fiducia e una disciplina profonda nei soldati, una cautela encomiabilissima nei capi, non erano stati possibili venti anni fa. non -erano possibili dieci anni fa. non sembravano ,possibili neppure all'inizio della ~uerra e non vi credevano. non dico gli avversari. ma nel fondo nemmeno gli entusiasti della conquista coloniale. Lll guerra e stata la rivelazione per tutti. tanto per i partiti contrari che µcr quelli favorevoli. tanto per gli stranieri quanto per gli italiani. che c'C una nuova Italia. Un tempo l"Italia dei briganti e del carnevale. più tardi ritalia degli organetti e dei figurinai. ieri J"Halia di Adua e dellél Banca Romana: queste ltalie, salvo che per pochissimi stranieri e per non molti italiani, erano ancora una. unica realtà allo scoppio dell:t ,t?Uerra. Gli italiani accentuavano il disprezzo degli stra– nieri. li nostro senso critico facile a portarci alla depressione ci faceva sentire vivamente ogni nostra manchevolezza. I paesi stranieri ci si presentavano tutti miticamente circonfusi di un·aureola di sanità fisica e morale, avvolti in un velario di ricchezza e di benessere: i popoli. poeli di una più viva e fresca arie. attivi di un'energia più sicura e più pronta. La politica estera ci aveva trovati indecisi: se n'era usciti gabbati: la politica coloniale ci aveva dimostrati ignoranti: se n'era sfuggiti vinti: la politica interna. condotta Ja gretti reazionari ci aveva dimostrati incapaci cli sviluppo e di pro– ~resso. L'emigrazione ci faceva giudicare i cinesi d·Europa: i delitti di sangue. barbari indomati da incivilire; l'arte gonfia e sgargiante. menestrelli del mondo. Uniche nostre esportazioni. le braccia a buon mercato, i fantocci di marmo e di bronzo da esporre nelle piazze del Sud America e degli Stati Balcanici. Ci attribuivamo i peggiori difetti: di fronte al francese. po\·eri: di fronte aJringlese. mal nutrili: di fronte al tedesco. indisciplinati. Si era giunti a sospetta:·e ,.:he le chiavi del brmessere italiano stessero nella costruzione di quel Canton Ticino che gli Ale:mmni e i Golli della Confederazione svizzera reputavano un paese di S('hiavi conquistati da tenere grassi e tranquilli come capponi natalizi. Erav~mo divisi all'interno: divisione tra governo e popolo: quello oppressivo per principio. questo diffidente per abitudini; divi– sione tra settentrionali e meridionali. quelli accu– sati quali predoni. Questi spregiati per fannullo– nismo: divisione tra alto clero e credenti. quello ancora temporalista. questi leali cittadini italiani: divisione tra esercito e nazione. il primo ritenuto op,e:etto di lusso improduttive. la secondo sentita ostile alle spese militari: divi.:iione tra maestri e s!udenti. gli uni morti nel freddo dell'accademia. J!li altri fiacchi allo studio e interessati soltanto al diploma: divisione tra deputati ritenuti inutili e man1?ioni. ed elettori assenti dalla dta pubblica e stimati merce da comprare. La concordia. la fede. la disciplina che la guerra ci ha rivelato sono state la nostra e sola vera conquista. Tutto il giovamento di questa guerra sàra morale poiché quello economico non e stato che una illusione. Ma questa rivelazione morale. che è una specie di fulmine a ciel se'°eno per il pubblico grosso. ha avuto invece UJla !unta e profonda prepara– zione della quale s·accorge chi :ibbia seguito l'Italia negli ultimi dieci anni di vit3. 1 ·essun fenomeno storico nasce cosi improvviso e scaturisce dal nulla. e il luogo comune Sulla ,R"Uerra J:{i Tripoli. col qual~ ho iniziato queste parole. se lo si rischiara con questa lucr storica. se lo si segue nella sua gen('si naturale. riprende vita di ,,erita e limitato da opportune ri.:ierve può formare il nucleo di un j!iuùizio sulritalia d'os:gi. li ,novìmPnfn ecnnnnico L'emigrazioTle L .4. PRESEXTE rinascita. d'Italia è stata pre· parata da due movimenti: uno agente sulla economia. uno sulla cJ~ienza nazionale, Il risveglio economico delJ'ItaEa ha avuto Je sue p:ime manifestazioni nello stes~o tempo in cui le correnti emigratorie aumentavano di intensità rag– JCiungendo ben presto il loro culmine. Di tutti JC1i or,R'anismi creati dal risoriimento le finanze erano il più dissestato. Dopi:, il 1890 la ricchezza italiana col lavoro industriale del settentrione e con l'emigrazione agricola del mezzogiorno s1 co· (co~llnua ~aglna 2) * Forse vi riecheggia Il tcntath•o d'una storia del prossimo passalo composta da Arturo Labrlola (•Storia di dicci anni•) che fu recensita dall'Amendola ne • La Voce• (18 agosto 1910) e che fu letta con mollo Interesse da tutti noi. di BONA JTENTlJRA TECCHI Guardando quelle lngiallilc bozze di stampa con I margini colmi di correzioni e di aggiunte, non sento nessuna voglia di scusarmi o di correggermi o di ri– farmi. E' lì, Il documento di quel che pensavo. Si vede che la guerra di Tripoli ml aveva sedotto e dato un concetto migliore del mio paese. Il mio giudizio su Giolitti può esser consideralo come precursore di quello di Ansaldo (che pure non conoscendolo ne aveva evidentemente sentito parlare, Perché quando scri,•cva Il suo cclcbrc "'Ministro della buona vita• (Longanesl '49) ml chiese dov'era che avevo dato un gludiz.lo favorevole su Giolitti e lo non seppi trovarlo, ta.nto profondamente m'era dimenticato di questo opu• scolo rientralo). Ma forse Ansaldo alludeva ad un mio arlicolo nella • Rcvue des N(llions latines (Flrent.t) •· Cl sono certamente dentro del punti di vista che la storlograrta posteriore ha finito per adottare. Lo scritto è pieno d'errori ma U maggiore consiste, secondo me, nel creder che un paese possa essere giudicato dal suoi mo,•imcnll lnlcllettuall o polltkl. L'opuscolo che ho sotto gli occhi è una prova della lmportanu che noi pennaioll davamo alla carta stampata. I movlmentl delle "'piccole rlvlsle • ml cran stati particolarmente cari. Ci avevo fondalo molte mie speranze, non di rinnovamento del paese, ma almeno di formazione di elette minorante. Quando venne, di foarl, Il temporale della guerra del 1914 l miei castelli di carta cascarono. Fu nel 1915 che Incominciai a conoscere li popolo Italiano, non quello delle riviste, ma quello reale. La prefazione del '912 Queste pagine sono state buttate giù ne9Li uLtimi giorni di marzo. e dovevano formare iL nucleo d'una conferenza che in paese ita.– Lian.o fuori del regno desse notizia del movi– mento itatiano negli ulthni dieci anni, come poteva vederlo un giovane che parlava in nome di giovani. Alla fine del mese io abbandonavo la Voce, e queste note si trasformavano così in una ;pecie dì testamento e dì memorie: e LJautore vorrebbe che come tali fossero considerate, con un po' di quel rispetto che si ha per la roba di un morto. Settembre 1961 H O LETTO in questi giorni Atessandro Ma– ano di Antonino Pa– gliaro. ERI. Torino, 1Q61. Mi sono accostato a questo libro non solo per il de– siderio di avere maggiori notizie su un mondo, quel– lo persiano. che mi inte– ressa mollo. in questo mo– mento. per i miei corsi sul tvest-Ostlicher Divan di Goethe, ma anche perché attratto da una grande fi– gura. quella di Alessandro Magno, che (come. in tem– pi ;::iiù moderni. la figura di Napoleone) ha sempre solleticato la mia curio– sità. Credevo di trovar sopra tutto un libro di larghissi– ma e severa erudizione. forse un poco difCicile per me che erudito non son::,. Invece ho av,uto, pri– ma di tutto, la sorpresa di una lettura allettante e in qualche modo facile. no· nostante si tratti di un li– bro lontanissimo dalla ten– tazione di ricostruire. sia pur sapientemente, quello che fu già detto (per la atmosfera mitica e avven– turosa che avvolge questo grande personaggio) .-il romanzo di Alessandro•. Tre impressioni hanno dominato su tutte le altre, durante la lettura: 1) la chiarezza dello esporre, quasi come fa un buon generale nell'ordina– mento delle schiere, fitte e diverse. delle sue mili– zie (e non sarà forse trop– po ardito affermare che nella descrizione delle bat– taglie di Alessandro, so– prattutto in quella ciel grande combattimento con cui si iniziò la conquista della Persia. all'autore so– no state utili le sue espe- rienze personali di com– battente in due grandi guerre), e l'abilità del narrare. Doti tutte e due, chiarezza e facilità di nar· rare. che confermano le qualità, già altra volta di– mostrate dal Pagliaro, co– me scrittore. 2) il gusto di congiun– gere l'acutezza psicologica - si v~da specialmente lo studio del carattere di Alessandro Magno - al giuoco. delle idee. Anche dalkl conoscenza delle lin– gue classiche il Pagliaro trae alimento per arrivare a una <Concezione intel– lettuale> che lo guidi nel suo lavoro: vedere. per esempio. l'interpretazione della parola poith6s • .-desi– derio. voglia•. o di arete, nel senso di «valore•. so– prattutto morale. Tale ca· ratteristica (congiungere la acutezza psicologica col giuoco delle idee) è visi– bile ad occhio nudo nel commento a una specie di rimprovero che Parmenio– ne. uno dei generali in cui aveva piti fiducia il grande re. foce ad Alessandro. a proposito del modo di ~ ,I pn,1. :J: G.COMI: "Incontro con l'eresia,, lF a n a [m ente tradotte , in }ta R n a H e * "P . sue oesie,, Gt•andezza di Kavafis I Costantino Kavafis D (nato ad Alessandria. d'Egitto nel 1863 e ivi morto 1lel 1933), .. ultimo dei 110ve figli di Pietro, un ricco commerciante, e di tra la introduzio,ie e le ac- Cariclea Fotiadis •, abbiam.o curatissime note illustrative il seguente espressivo rt· del testo e quelle bibliogra- cordo di Ungaretri, premes· fiche) di cui non si sapreb- sd alla edizione di .. Poesie be dire mai abbastanza tut- scelte » dello sresso Kavafis to il bene che meritano. stampata nel 1956 da Schei- La traduzione riesce in- willer: (( Cavafis. Di quanti ~~~~~ ; 0 ;:f!itt~:u~:o~~u~: ~:i;~ ~r ~ft~~v~~c;;~a;r~t~~ modo tale·che la storia. in– Non ero ancora ventenne ~~m~u!lia Q~~1~a ~~~ in a: ~~ta:i~:~o~~n~~b~ 1 ~ 91 t!t~!: averne, nel linguaggio che ria del Boulevard di Ram- ~~r~v~i~ ~~etci~~t~~n~~=~ leh, famosa per il SUO JIO· to che ci dà il senso del ghurt, si sedeva insieme ai tempo in cui nacque, delle coetanei che redigevano la condizioni che la generaro- rivista Grammata: e non di no, del destino che ha me- rado, quando potevo, mi ritato. piaceva. sedermi con loro. Siamo davanti a un pae- Cavafis appariva assorto ta di non dubbia grandezza, e sentenzioso, compassato che ,se in qualche misura ~~~~i~ie 1 ~ffa:i~e;·id;;~ss~1!: _appartiene • al de;adenti- * di tJA·RLO BE'l'O(;(;HI smo estetizzante inaugurato da Gide e da D'Annunzio• (Mario Vitti, introduzione a • Poesia Greca det · '900 •• Cuanda edit. 1957), e se • nelle sue confessioni più. dirette e personali ci ricon– duce atl'Antologia palatina, Wttavia non e spiegabile che in parte con simili ri– ferimenti: perché t'esteti– smo deteriore delt'epoca, e l'Antologia palatina non so· no assunti dal poeta come esclusiva misura di un gu– sta, quanto si trasformano e sostanzialmente consisto– no, 'invece, in lui e nel suo librò, in una sorta di. giu– dizio · della intelligenza e della coscienza del poeta che vi si ravvisa e confes– sa, ma non vi si lascia ir– retire, né lascia che vi si restt~irretiti. La. prospetti– va che egli d offre va dun– que al di là. di qualunque ambiguo e limitato esteti– smo: it suoiesistere. la sua quotidiana tentazione, U .suo dilettoso atibandonarsi ai ·•vietati amori,. (• quali be– vono i prodi del piacere •J si trQsformano i.n immagi– ni di ben altra grandezza, inesorabilitd e potenza, del– le quali gli assai più rari ritorni alla sua privata vi– cenda assumono a loro vol– ta inesorabilità di dettato, senso di fatalità inelutta· bile. Si esce datla lettura convinU che il peccato è più grande dell'uomo, e che l'uomo che pur se ne com– piace ,può meravigliosamen– te descriverlo ma non libe– rarsene. E in questo senso, più. d'un compagno, sebbe- ,------------------------------- ne ei fosse maggiore d'età e gid dagli int,enditori fosse salutato vero poeta. A vol– te, nella conversazione la– sciava cadere un suo motto pungente, e la nos<ra Ales– sandria assonnata, allora in un lampo risplendeva. lun– go i suoi millenni come llOn vidi mai piìt nulla risplen– dere ... •· Questo miracolo dell'anti– ca e nuova Alessandria che torna a risplendere lungo l'arco dei suoi mUlenni si ripete oggi per il lettore di ' questo volume del nuovo •Specchio• di Mondadori, cosr.ituito dalle •Poesie• uscite a cura di Filippo Ma– ria Pontoni, che ha tra– dotto più di 140 dei 154 componimenti formanti tut– ta L'opera del poet.a: lavo– ro condotto con un impe– gno éd 11nacapacitò di tra– du11ore e scrupolo di inJor motore (più dt 50 pagme Disegni U NA GALLERIA IIUOVQ per wt!l mostra ecce– ~ionalt!: queslo il rias-; sumo dell'av1•eni111e11to elle li verificherà a Roma il 27 1•ovembre co11 la i11augura– ~ione delln Galleria • La Nuo,·a Pes.'.\.., in via del Va11taggio,che ha ripreso la l'eccltia testata della Galle– ria di via Frtltlina. .. La Nuo– \'a Pes:1 • ha scelto una se- ,~~ 11i1;i a/~~if;~~on1!,apt~::~~ canre rom,110 direttame11te da Kamveil~r. che idealmen– te concludono le celebrazio– m di Vaflauris, durante le quali aL vecchio maestro è stata fatta recitare una par– te da mimo e da clown che non ci è pars~ dignitosa: Su questo argomento ,,arrebbc la pena /ornare con mag– giore precisioae e no11 ne mancherà l'occasione. I di– H'S?lli chr liiureraimo alla 11,c.Hlladl'l'a \uo\.'.\ Pci,,a ~OllO degli 11l1imi anni,. al- di Picasso a Roma czmi goyesclti per la poten– za e la sus:gestio11edel se– KIIO, altri classici per la lim– pidez.z:a e l'ellenica sempli– cità della scena, altri anco– ra brillanti e pieni di humor. Picasso è un artista im– prevedibile e favoloso; ltlt– ta la sua opera di questi ul– timi anni convo1lida la ri– cerca e l'indagine che du- 1ante la vita ita condotto in 'og111 campo dell'arte, im– personando il mito dell'arti– sta dispos:o e attento a tut– te le voci del!o spirito mo– der:10, clte 11ella sua opera diventano sinfo.1ia e ca1110 casto, inno di ribellione e 1i1mo di satira. Tra i grati– di della nos1ra epoca Picas– so è quello che lta operato in sùper(icie con la mag· giare aderenz'l ~i fatti del tempo e dello spirito. E se per ,m verso Kit.e è il mae– stro del prossimo secolo, P1- c,;asl0 è ·u documento più aderente- e preciso. il. sismo- grafo più sensibile· del no– $lro tempo. Gli. atteggiame111i e le posizioni assunte sono la dimostrazione del suo im– pegno d'arte e di vita; bi– nomio qu«sto che in Picas– so si identifica e si riassu– me i11 un senso che 11011 ha àncora finito di sorpren– derci. La mostra dei disegni alla Nuova Pesa è un avvemmen– to, perché se non ci sbn– gtia'rno è la prima volta che a Roma una mostra del mae– stro è tutt!l in vendi!a, e che 11011 vi figurano litogra– fie e linoleum. Son disegni originali, di ,,ari momenti dell'ultima produzione che forniranno all'o:i:servaloreat– tento una chiave ulteriore per la comprensione di que– sto personaggio. Picasso ha acceuato di fnre la mostrn a Roma con grande piacere t ha dello di amare Roma, di sentirsi a Roma come a (contlnu;-;- pag, 2) Avverte che questo destino ha. qualcosa. in sé di ben altrimenti universale: • LQ. vita che schiantasti in que– sta tana - breve in tutta la come in. tutta. la grande ~;;~ /hai persa, in tutti i ~~=sif~ c;~~s~~v~~e ~:ev;;; Posta dunque la poesia tocca i limiti metafisici del· :rtltt~:v~~:h~~:~ ,;~~r~o;;: ~~l~~~~~~~;e el;o;t::S~i i~: colo non potrà il lettore di tenzioni det poeta. ;dr1;:~~ra~ :ee:ib~la ~r:~~t~: Kavafis ottiene questo di- questa poesia di un uomo segnando con la 3Ua poe- che dopo • una. buona car- sia una sorta di grande, in· riera impiegatizia• nei Mi- dimenticabile allegoria di nisteri del Kedivè, vi de· quei mondo deLL' uomo, e dicò lo massima parte della dheallto,nsapsirtoitro,·adeelu!'nuaonl1eo,,,ecrho~ sua età adulta, • arguto e talora spietato nei frizzi: ttLTamillenaria, e una culla ombroso e collerico, ma in– vatale ben definita nella sieme come distaccato dalla ~rJ!~~e a;e~::i7"t:::u: ,::: contingenza: narcisista e diterraneo che ne seguì ~~!; ;~ 1 t~:~~i~~~i 0 ,i 1 ;:e 1 :i~~i;~ la sorte e la continuò d' esperienza. non risentire fra i travagli deU' Impero quanto di questa poesia d'Oriente: si tratta eviden- possa ed anzi debba anda- remente di un mondo e di re ricollegato al clima crea- una esperienza non disso- livo di altre fra le più frul- ciabili dalla più alta cultu- tuose esperienze novecente- ra e civiltà dell'uomo, e sche, da quella di Pound non solo netta sua specie alta ste.ssa e: The Waste occidentale ma assai piti. Land,. di Eliot; nella for- profondb:mente, perché il za allegorica del quale poe- lettore di queste poesie si ma, e fin. nei particolari, ad accorge che la verità del esempio, di quel brano in- male che vi si scopre lo titolato • Morti per acqua•• tocca fino alle radici del- sembra sentir riecheggiare Ca.nima, dove non è estin- qualcuna dette venture di lo H senso della colpa ori- marina.i delle poesie che ginale ed è presente la leggiamo. Incontri casuali? frantumazione doloro.sa del- Si, certamente, ma che as- l'antica unità nel travaglio sicurano at Kavafis un po- di ·tutte le esperienze, ri- sto di primaria importanza. schi, peccati. tra i grandi inventori della Kavafis ha sofferto questo poesia del nostro secolo, an- nei Limiti della sua città: che nel senso della sua ca· Alessandria è l'occasione, il pacitd vaticinante il futu- crogiolo di quella sorte par- ro: non piccolo segno, que- ttcolare di ascesi. che neUe sto, della sua grandezza, e sue poesie va tanto oltre i che sùbito colpisce chi teg- confini che il poeta stesso ga, ad esempio, i versi di gli Hntiva assegnati: e per- •Aspettando i barbarb (pa- ciò mentre scrive: «Perle g.na 63) o de • In una gran- vie girerai: - le stesse. E de colonia gTeca,. (pag. 405), negli stessi quartieri invee- che sembrano fatti per noi, chierai, • ti farai bianco oggi, nella situazione che nelle ste.sse mura, - Peren,. stiamo vive,t<lo, incerti, an- ne approdo, que.sta città.,. ___ siost comportarsi di quest'ulti– mo nelJa battaglia di Gra– nico. Ecco le parole del commento : " Parmenione rappresenta la razionalità. dell.1 tecnica, la logica del fallo. come si costruisce dalle sue accertate pre– messe. AJessandro rappre– senta un tipo del tutto di– verso di razionalità. sep– pure cosi si può chiamare quella deffintuizione che Si logicizza nell'atto in cui si compie, che porta. cioe, in se quella logica del fat– to vissuto. che Giambatti– sta \'ico chiama .-logica poetica•. Osservazione che a noi pare importante, anche perché apre come uno spi– raglio nel modo di lavo– rare del Pagliaro: quasi che. nel labirinto della sua fatica dotta e complicata. e~li stesso abbia scelto co– me bussola direttiva la 1 ~o~i\L~g~tica> di cui par- 3) forse da questa ca– ratteristica nasce anche la ricerca. che il Pagliaro per– seg~1e con tanta tenacia. delr<idea universalistica~, da cui Alessandro fu ispi– rato nelle sue imprese. e insieme rimpressione del tragico cozzare contro i li· mili della realizzazione di una tale idea. Partito ver– so la sua impresa in qua– lità di re maèedone. cioé di una regione che stava ai confini dell'ElJade. guar– data allora con diffidenza dalle altre regioni gre<!lte e eh~ pure. per motivi sto– rici, dinastici, di religio– ne e di le,e:,t?enda. oltre– ché di linguaggio. face· va parte legittimamente della Grecia quale entità morale e ideale, il grande Alessandro. appena posto piede in Persia. non senti più in se stesso il nemico tradizionale della Persia come volevano gli intellet– tuali di allora con a capo il suo grande maestro, Ari– stotele (quale stuolo di fi– losofi. di scultori. di scrit– tori si portò indietro - e non lo sapevo - Alessan– dro per la sua impresa!): non si sentì più l'opposito– re fra due mondi. quello greco e quello deì cbar– bari• persiani, ma il con– ciliatore fra occidente e oriente. Certo Alessandro fu attratto verso questo ideale dalla sua natura mi– tico·religiosa, ma sopra tutto. direi. dal suo genio. L'idea d'un impero uni– versale lo condusse, come è noto. verso l'India, e qui trovò il primo limite: l'In– dia, il vero Oriente, che si dimostrò. con le sue bar– riere quasi misteriose, ostile e inaccessibile a ogni conciliazione col mon– do greco. Ma nella mente di Alessandro, che a una idea di grandezza univer– sale non poteva rinunciare senza tradire la natura stessa della sua persona– lità. rimase vivo il sogno di conciliare se non l'uma· nita - come vorrebbe uno studioso tedesco - per lo meno la Persia. col mondo greco: la Persia di cui il Pagliaro mette giustamen– te in evidenza il patrimo– nio etico del suo ordina– mento, le fonti originarie di una religiosità come quella di Zoroastro, che aspirava all'idea di una divinità massima e in qual– che modo unica: e, dallo altro lato. il mondo greco, che era più esperto di quello persiano nel gioco lummoso. e insieme non lontano dal mito, della ra– zionalità. Quest'ultima parte . è quella che mi ha maggior– mente interessato perché più ncina ai miei studi sul West-iistlicher Divan e perché mi ha 'ricordato lo ideale che dopo tanti se– coli si ripresentò a Goe– the: nel desiderio di cono– scc,·e meglio l'oriente, di vedere, come in un giuoco d'altalena, le qualità del– l'occidente complementari a q_uelle dell'Oriente, per aprire, secondo i dettami di u!"~ dogica poetica•, la v1s1one di un mondo con– ciliato nella grande;za di orizzonti più vasti.

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