Via Consolare - anno II - n. 5 - maggio 1941

MAGGIO XIX PREZZO L. 3

D I T T A E.BARTOLETTI & Figli F OR LI VIALE CRISPI elel. 6657 6890 RIMORCHI CABINE FURGONI A U T O B U S AUTOLETTIGHE AUTOCISTERNE Tesorieri eeaznni F OR LI V I A RA VEG N A N A, 7 6 TELEFONO 610A Fondazione Ruffilli - Forlì I ~~.L. ~~ti~ri rn rn ~~~i~i F O R L I Viale Luigi Ridolfi, 16 Tolefono , UHici 6323 • Dl,uionc 6015 Impresa di costruzioni edilizie inscritta all'Albo Nazionale degli Appaltatori per importo illimitato. Il più importante stabilimento nazionale per la produzione di manufatti in cemento. . Coo~erativa l voraSnatriti SartoriaCivilee Militare ◊◊◊ ◊ Confezi~oinveisfeasciste a prezzmi o~ici ViaGiusepGpaeribaNld.2i3 a

RIVISTA DEI GRUPPI UNIVERSITARI FASCISTI EDITA DAL GUF DI FORLl Diretto do PAOLO SILIMBANI e ARMANDO RAVAGLIOLI Direttore resp.: BRUNO MASOTTI Copo redottore, NICLA VEGGIANI Redattori: LIVIO FRATTI • BIANCAMARIA MO ORE EZIO COLOMBO - TURI VASILE - NEVIO MA TTEINI VITTORIO BONICELLI • WALTER RONCHI • GARIBALDO MARUSSI • GIUSEPPE SANTANIELLO MICHELANGELO MURARO DIREZIONE - AMMIMIMISTRAZIOME FORLl - Palazzo Littorio C/C postale B16395 MILA HO • Via Monteverdi, 9 A OMA - Via Orazio, 25 SOMMARIO ■AS : Epopea eroica. : Il Patto d' Acciaio. : l'onore delle ermi ei soldati dell'Impero e al Duce di ferro. GIUSEPPESANTANIELL0: la leggenda di Bardie (coro 1egtonario). EZIOCOLOMBO NICLA VEDBIANI NICLA VEOOIANI : Un matrimonio per bene : Sogno {poesia). Il Pastore !poesia). : L' ermetismo : come lo vorrei. D'ARRIGO FORTUNATO : Parlano donne (poesia). BRUNO MASOTTI BIACOMO OIRIOELLI CURZIOCOSSA ENRICO ■OROVICH : Oro:zlo vate della rom11ni1tà. Carme secolare (traduz.) Apoteosi (treduz.) : I problemi dell' inter• prelazione estetica. : la madre (poesia). : 11 contadino e la camerista. CORRADINOCARELLA : Clisura (poesie). EDOARDOROSSI : viaggio per molti mari (racconto). O. •· : Le gloria degli Alpini. QARIBALDOMARUSSI : Che il destino non muti non importa. GIANNI TESTORE : lo scultore Broggini D. F. : Autori del teatro italiano: Ugo Betti. UGO BETTI I Une belle domenica di settembre. ■ANUEL SANCHEZ - CA■ARBO T.V. DIEQOFABBRI ALBERTOPERRINI WALTER RONCHI ARRA El Teatro ectuel in Espen•- · : Alessandro Briuoni. lettere d'oggi. : "Le Procura,. di Turi Vuila. : Gli attori del Toalro • G.U.F. : Una proposta. : Anche Il divismo. : Evviva le lucciole. lettere della 100 città. Fondazione Ruffilli - Forlì EPOPEA EROICA Segnata nei suoi limiti materiali ed impressa indelebilmente nel patrimonio storico e spirituale della razza, la zona sacra della no5tra guerra contro il nemico ellenico comprendente Quota 731 e l'altura di Monastero, resta la testimonianza viva e palpitante del valore italico. Il combattimento, aspro e ,lungo, ha avuto in questi luoghi le sue fasi più drammatiche, epicamente eccelse, degne di offrire la ispirazione più alta all' esaltazione poetica. Quello che hanno fatto i nostri soldati a Quota 731 e sul Monastero è talmente straordinario da sembrare più motivo di leggenda che di storia recente, vicinissima. Di fronte a simili gesta cade la preoccupazione della rettorica perchè non c' è rettorica laddove si cerca di esaltare con parole purtroppo inadeguate gli eroismi sublimi di cui sono stati protagonisti i fanti d' Italia, vinti e risorti ; piegati dalla dura legge della inferiorità materiale ma così generosi.e valorosi da riequilibrare con stremia volontà un divario numerico di mezzi e di uomini ; costretti per un lungo periodo ad una resistenza quasi impossibile, ma tanto esuberanti spiritualmente da potere alimentare nel dolore l' orgoglio della riscossa totale, travolgente, luminosa. Gli eroismi del Carso, le resistenze miracolose del Grappa, divenuto l'altare della Patria, gli sforzi titanici compiuti sul Piave, quando resistere significava sopravvivere, quando reagire significava dare all' Italia il suo nuovo e più grande avvenire, sono certamente uguagliati dagli episodi della guerra ellenica, guerra che pochi hanno sostenuto contro molti quando contingenze disgraziate- avevano · creato una delle situazioni più critiche e preoccupanti per il nostro prestigio, guerra che le nostre Divisioni hanno vinto superbamente qiiando gli squilibri sono stati resi meno sensibili. , Abbiamo tirato fuori a bella posta la questione del prestigio; allorchè le nostre forze, tanto esigue da creare un rapporto proibitivo con quelle greche, furono costrette a segnare il passo e a 'retrocedere, molti all' estero ed anche all' interno pensarorw che il fatto sarebbe rimasto come un' onta incancellabile del rw_stroesercito. La miopia cronica di questi tali, la loro maligna ipersensibilità critica hanno avuto la risposta secca che meritavano. Il soldato italiano non ha ceduto, 1;a resistito con un orgoglio smisurato ed in sei mesi di lotta furibonda ha logorato irrimediabilmente il nemico, preparando nei giorni più oscuri e dolorosi la grande vittoria. Bisogna riconoscere oggi che il prestigio del nostro esercito non è stato affatto scaljito, ma invece ravvivato da episodi sublimi. Quando si scriverà la st_oria di questa guerra d' Albania, e la storia ha il merito di cogliere gli aspetti veri, essenziali delle cose, trascendendo gli artifici momentanei della cronaca, si corwscerà che l'esercito ha scritto in Grecia una delle pagine più belle, se non la più bella. Anche l'Alleato, con quel suo stile inimitabile fatto di chiarezza cristallina, come deve essere fra amici che si stringono energicamente la mano e che si guardano negli occhi senza sottintesi° e senza mire nascoste, ha riconosciuto il prodigio del nostro sforzo, sforzo dal quale scaturiscono diritti indistruttibili. Giarabub, Bardia, Quota 731, altura di Monastero sono nomi che esprimono tutta un'epopea gloriosa. In questi nomi sta il pegno più sacro del nostro diritto quando sarà giunto il giorno della vittoria definitiva. l\lAS 1

ILPATTOD'ncc1n10 L' Asse Roma-Berlino attraverso il vaglio supremo della guerra è divenuto il fattore determinante del nuovo sistema politico europeo. La combinazione degli sforzi delle due grandi potenze proletarie, una delle quali protesa nel Mediterraneo, ove si concentrano gli interessi di tre continenti, e l' altra inserita nel cuore dell' Eurepa quale Stato-cardine, ha creato in potenza i nuovi più grandi destini di civiltà del vecchio Continente, liberato per virtù delle anni dalle impu•. rità della mistificazione democratica, della ipocrisia giudaica, dell' egoismo plutocratico. La genesi di questa Alleanza cristallina si ritrova nel desiderio di salvare il patrimonio spirituale dell' Occidente, nei comuni principi etici di due Rivoluzioni sociali, · nella identica volontà di ascesa ; è· un'amicizia che trova il suo fondamento nella vita e nella storia, un' amicizia scaturita da ragioni economiche, politiche e spirituali. Due grandi Nazioni si sono strette cordialmente, apertamente la mano per marciare insieme verso l' avvenire. L' unione è stata cementata indistruttibilmente nelle vicende di guerra, perchè soldati italiani e tedeschi hanno combattuto e combattono per una stessa causa, perchè essi hanno versato il sangue per uno stesso ideale. Quando sul fronte balcanico gli eserciti dell' Asse si sono venuti incontro dopo avere schiantato resistenze ed ostacoli, abbiamo avuto la netta sensazione che l' alleanza italo-tedesca usciva dal campo delle costruzioni create per opportunità o per contingenze particolari, e diveniva invece un fatto spirituale ormai insopprimibile. Lealmente, cameratescamente i soldati dell'una e dell' altra parte si sono divisi compiti, sacrifici, allori ; lealmente gli organi diplomatici hanno valorizzato le conquiste delle armi con la creazione di giusti spazi vitali, senza interferenze dannose, senza tentativi meschini, senza sopravalutazioni esagerate del reciproco contributo. Sulla via del nuovo divenire politico continentale si sono trovate unite la Germania del Nazionalsocialismo, risorta sulle rovine della Germania di Weimar, e l'Italia del Fascismo, riscattata dalla miopìa della politica del piede di casa e rigenerata da tre guerre luminosamente vittoriose. Su tale piano ideologico, morale e politico l' Asse Roma-Berlino si inserisce nella realtà storica del nostro secolo quale elemento determinante dei fattori politici e sociali della nuova civiltà europea. La realtà indistruttibile di questa formidabile alleanza condiziona i] destino politico del!' Europa odierna. La Germania, dopo avere realizzato il grande sogno unificatore riunendo in un blocco formidabile di 90 milioni di uomini le più fiorenti energie del. germanesimo antico e nuovo ; l' Italia, dopo avere tradotto il suo incoercibile diritto alla espansione nelle imprese miracolose delle armi, invitte ed invincibili nelle ambe africane e sul cruento suolo iberico, hanno affrontato con un gesto squisitamente rivoluzionario il blocco opprimente del sistema rivoluzionario plutocratico e lo hanno spezzato, superando tutti gli ostacoli di una evidente inferiorità materiale con lo scintillìo della intelligenza, la forza dello spirito, la durezza della volontà. Un volontà che è di acciaio, come di acciaio è quel Patto che lega due grandissimi popoli e due grandissimi Condottieri. La sorte delle armi è favorevole per una necessità fatale ai popoli che hanno lo spirito vergine, lo spirito purificato nei sacrifici e nelle rinuncie e non corrotto nella voluttà delle ricchezze. Questi popoli hanno diritto alla vita, alla vitt~ria, all' Impero, poichè per essi la vita è ardore di ascesa, la vittoria risultato di una disciplina unitaria, l' Impero mezzo di affermazione spirituale. * Fondazio2eRuffilli- Forlì

L'onore delle armi e soldati dell'Impero al Duca di Ferro I soldati dell' Impero hanno scritto una delle pagine più belle della nostra epopea bellica. Da molti mesi essi resistono contro un nemico superiore per numero, per mezzi, per possibilità logistiche, difendendo palmo a palmo il terreno che è· nostro e che ogni giorno il sangue versato consacra sempre maggiormente al nostro indistmttibile diritto. Le loro gesta sono procligio dei cuori, della volontà ; la loro resistenza è il risultqto di zuio spirito eroico, che va oltre tutti i sacrifici. Tale resistenza ha avuto capitoli superbi a Cheren, siilla frontiera sudanese, ai confini del Kenia, a Dessiè ed infine nel settore di Amba Alagi. Anche qudst' ultimo set.tore, dopo una dura, sanguinosa alternativa di attacchi ostinati e di miracolose controffensive, è ca.dato nelle mani del nemico. L' esiguo presidio è stato costretto alla resa ma soltanto dopo essere giunto allo stremo delle forze, soltanto dopo avere spremuto anche l' ultima sua stilla di energia. Ammirato per tanto valore sfortunato il nemico ha reso ai soldati del Duca d' Aosta 'l' onore delle armi, perchè ha compreso di avere di fronte non soltanto dei valorosi, ma degli eroi. Il Duca di ferro con generosità regale e con dignità di soldato ha segitito la sorte dei suoi uomini, piegato dalla dura legge delle contingenze, ma non rassegnato alla sorte momentanea. " Presto ritorneremo " : ecco il grido che il Còndottiero ed i suoi soldati hanno lanciato in una suprema sfida al dolore della resa. Sull'Amba, bagnata dal sangue di Toselli e dei suoi, sono state rinverdite tradizioni di epopea e di gloria, sono state ravvivate le virtù guerriere di una· stirpe, che conosce le vie della lotta, del sacrificio e della vittoria. L'Amba Alagi e le altre terre dell'Impero divengono nella storia d' Italia un duro ma eroico calvario ; in un mezzo secolo hanno richiesto tre volte un generoso contributo di sangue. Sono perciò nostre davanti a Dio e davanti alla storia. * Fondazione Ruffilli - Forlì .f!a leggenda di C'f3ardia Non passeranno, lnvictis et victuris jìnchè tanto vivido sa,,gue nelle vene a,,cor ci fa ressa. Di cnntro l'avversa ferraglia abbiamo l' acciaio dei petti. Se le cartuccie scarseggiano, se vu.ota è la bocca dei calibri, scagliamo il nostro rouo cuore. Più grande delle rocche montane, piµ. saldo dei graniti dell' Alpe, il cuore legionario, <f un colpo, ferina cin'goli e schianta cora:::e. No11, passa110 i carri nemici, !e il legio11ario scaglia il suo cuore, gran.de come le rocche dei moriti. Vogliori prenderci per fame o per 1ete? Non ci doma la rà.pida fame : se Bergonzoli ci guarda negli occhi, 1i sazia il 'sangue di orgoglio. Non ci doma l'acerrima sete: 1e ha sete, la carne si abbevera alle bianche e rosse fontane e gialle della mitraglia che canta, che canta dalla sua gola di ferro. Speravan domarci in un. giorno? Pel vermiglio coraggio legionario divetita ogni grano di sabbia saldo come tutte le pietre del mondo ; j,iù forte di tutte le mura resistono le ossa, agli eroi. Se crollar, le pietre e le mura, il sangrie ci serve di calce: rimpastiamo le pietre e le mura. Tutti eroi o tutti accoppati J A mattino, la morte è compagna e a sera siamo più pochi che a mattino, ma il cuore ci liévita sotto la morte; il cuore ci cresce. Tutti han fatto, a Bardi.a, comur1.io,ie : bia,ica è l' ostia e tutta d' acciaio vino è il sarigue rosso d' eroi. I vivi non ha,ino ceduto Bardia I Il piombo nemico dirocca U3ossa, squarcia i petti, fòlgora i muscoli, i tendini tesi a schiuntare come corde d' ariete romano la tempra al ferro britaru,o. La Morte ha ceduto Bardia. Il predone brita,uw ha occupato Bardi.a? lfa Bardia non si perde. Abbiamo segnato la via cori righe rosse di sangue. Fiammeranno le stille di sangue un giortio, a indicarci la via. Sarà vittoria quel giorno : e ritroveremo il cammino. . ...Così il mandorlo, a primavera, è scorza aspra e e fiore d'argento. GIUSEPPE SANTANIELLO 3

Un matrimonio per bene La signora Rosa - come ogni madre rispettabile - poneva premura e accorgimento per accasare in modo degno la sua Elvia. Come ragazza, si presentava bene : di statura alta, aveva un tronco snello che imprimeva all' andatura sua la falcata della· cavalla di razz'a. Una capellatura di seta, con due occhi stellari sotto una fronte spaziata. Peccato che il naso le si pronunciasse un poco nell' armonia del volto; ma sotto l' ovale del mento biancheggia va il collo latteo. Per quanto la madre, rimasta vedova troppo presto, tirasse avanti con una pensione molto limitata, pure 'la Elvia aveva sempre di che agghindarsi con buon gusto. Tanto più dopo i sedici anni quando ella s'ingegnò di togliersi dal vivere a ufo, frequentando come aiutante una sarta .del paese. Fu appunto in quel tempo che le si presentò la prima occasione di matrimonio. Da casa sua per andare al laboratorio della sarta occorreva eh' ella percorresse per buon tratto la via principal~ e poi, arrivata al sommo di una leggera salita, svoltasse per un vicoletto, che - similmente alla configurazione di tutti i paesi della riviera ligure - era stretto ed umidoso. La Elvia aveva presa l'abitudine alla sera d' accompagnarsi a un gruppo di compagne, le quali si divertivano a percorrere su e giù un paio di volte la via centrale. A quell'òra e' era gente e i pochi caffè erano pieni di giovinotti. Accadeva spesso che gruppi di diverso sesso - passeggiando - s'accodassero ; e pur 'limitando le schermaglie a qualche sussurrìo, riuscivano tuttavia a dar origine a una serie d' amori che alla bell'e meglio sostenevano la popolazione del paesetto. Capitò anche al gruppo dell' Elvia, una sera, di trovarsi alle reni un qµattrò o cinque giovinotti, che risultarono tutti essere impiegati dell' unica Banca del paese. La corte non si manifestò FondaziorieRuffilli- Forlì (RACCONTO) molto insistente, però il codazzo si ripetè per più sere. Le ragazze fe. cero capire in mille modi di divertirsi, regalando a tutti un bel soprannome ; e allora quelli si tennero per offesi e non le· guardarono più in faccia. Solo uno, il " Biondino ,,, tornò- alla carica. Senza farsi troppo notare, tenendosi alla larga, armeggiando tuttavia con insistenti oc• chiate. Il giovanotto non doveva avere passato di molto la ventina, ed era alto ed esile, bianco di car• nagione con uno sguardo chiaro e marino. Vestiva • di scuro con un abito non fresco di sartoria, pure ben stirato e pulito. Portava sempre camicie chiare aperte sul davanti, cosicchè la magrezza del collo risaltava quasi pungente. Come spesso accade nei temperamenti anemici e cagionevoli di salute, doveva essere dolce di carattere, schivo d'ogni gesto violento, amante invece delle effusioni sentimentali. Durando la cosa da più giorni, l'Elvia - che si vedeva oggetto di tanto interes• samento - cominciò a lasciare intravvedere per più segni di non essere indifferente. Non sapeva neppur lei precisamente a che cosa volesse giungere, chè dell'amore aveva un concetto tutto confuso. Le sarebbe piaciuto che l' innamorato le avesse regalato tante cose belle (cioccolatini, profumi, vezzi ecc.). La sua fantasia un poco chimerica la portava in un mondo di sogno, rappresentandole certi ambienti dolciastri dove il lusso è anima di ogni cosa. Non le venne neanche fatto di pensare - la prima volta che il suo " biondino ,, l'abbordò parlandole tutto concitato - eh' egli fosse un impiegato di banca a settecento lire al mese. Fabio si comportò con lei come tutti i giovani della sua età, infondendo ai rapporti quella sentimentalità un pò romantica, eh' era il punto debol~ del suo temperamento. Dapprima l'Elvia si sentì invasa da una gran contentezza e l' ore che trascorreva in labornorio l'·impiegava in fantasticherie èhe si concludevano poi ogni sera nella passeggiata a fianco di Fabio. S'avviavano pei vicoli che, data l'ora e la sta• gione, (s'era alla fine d'·ottobre) erano scuri e poco frequentati. Egli non osava prenderle il braccio ; le camminava però a lato vicinissimo e se accadeva che per schivare improvvisamente una persona, una buca, un sasso, si urtassero, chiedeva sommessamente scusa. Arrivavano così ad una spianata sul mare e - se questo era in bonaccia - s'avvicinavano al muretto e si sporgevano tutt'e due a guardare lo sciabordio delle onde. Parlava quasi sempre lui che aveva una voce acuta e assai aggraziata. Non dava però spicco alle frasi, sicchè la Elvia più che capire i concetti eh' egli le veniva esponendo, si divertiva a pensare ai propri sogni. D' altra parte non era il temperamento di lei portato alla furia dei sensi, per cui anche se Fabio non s'arrischiava a stringerla alla vita, o perlomeno a baciarla, ella non ne soffriva affatto. Anzi a sent-irsi vicino l'alito del giovane, provava un certo malessere. Ma la relazione, dopo il primo mese, cambiò improvvisamente la sua andatura inconcludente. Se in principio, restando i loro rapporti superficiali ognuno aveva appagato il desiderio comune di romanticheria, passando il tempo, le aspirazioni e le tendenze si facevano più pre• cise e meno vaghe. E concretandosi, purtroppo le une presero decisamente la via opposta alle altre. L' Elvia cominc10 a manifestargli gli incanti che provava davanti alle belle vetrine ; Fabio le venne enumerando le probabilità di migliorare la sua posizione alla Banca e i calcoli per la sistemazione di una casetta con tanto di luce, gas, affitto, vitto ecc. Cosa strana ognuno, senza il minimo risentimento, non soddisfaceva mai alle parole dell' altro. Anzi parlavano delle proprie cose. come se l' alt.ro stesse in ascolto e a sua volta non manifestasse de-

sideri personali del tutto diversi. E il colloquio si svolgeva con facilità senzl! che le voci si sovrapponessero. Stando così le cose, avvenne che una sera l' Elvia rincasando trovò la madre incnpidita, collo sguardo burrascoso come non le aveva visto mai. Si sa nelle cittadine di provincia qual sia l'ambiente. Le vie son poche e s'incrociano tutte; i volti, gira e rigira, son sempre quelli ed uno non può intraprendere cosa di cui il paese in massa non sia partecipe. E poichè l'andamento dei fatti altrui lo si discerne sempre con chiarezza e giudizio infinitamente maggiori di quello dei fatti propri, avviene di necessità che l' altruismo umano si manifesti in que• gli ambienti nel modo più commovente e, nello stesso tempo, giovevole. Vero è però che la signora Rosa circa il contegno della figlia non aveva necessità del consiglio altrui, essendo già di per sè stessa fin troppo inclinata a cambiar la piega degli avvenimenti. Ciò nondimeno chi aveva discoperta la trama, seppe chiarire certi particolari sulle condizioni del colpevole che ella non conosceva affatto. E poichè non era una persona sola che parlava, ma erano parecchie e di sesso femminile, ognuno si immagini la radiografia perfetta della vita presente passata e futura di Fabio. - Quel tisico, magro come una pertica avrebbe la pretesa di spo• sarti? Non è pane per i tuoi denti ! Ci vuol altro ! Abbiamo avuto la disgrazia del povero babbo, ma la nostra famiglia prima era molto su, molto su... - e la povera donna alzava leggermente la mano destra, soffermandola a mezz' aria, tutta compiaciuta. L'Elvia che appena entrata nella saletta sentiva una strana paura, man mano sotto l'infuriare materno, s' era calmata. In fondo tutti quegli insulti a Fabio, pur sembrandole ingiusti, non le facevano male. Le mettevano quasi allegria addosso. Avrebbe voluto dire allà madre di smetterla, di non parlare più di Fabio, di parlarle invece della sua futura vita di sposa, del matrimonio, della casa nuova. E invece, rimanendo zitta, offriva nuova esca allo sdegno della madre. Capisci o non capisci? - - Sì mamma - rispose allora Fondazione Ruffilli - Forlì la Elvia con la sua voce di sempre, queta e liscia - •h'\i ragione ; ma credi tu che mi sposerò presto ? - Al che la madre, sentendosi come schiumata dall' ira, si fece più naturale e cominciò ad avviare il discorso sul terreno che la figlia preferiva : abiti, casa bella, mobili di lusso, ·inviti a pranzo, conoscenze di rango, villeggiature, viaggi. • • Quasi un anno dopo che i rapporti con Fabio s'erano allentati e quindi disciolti, un nuovo avvenimento intervenne a rompere il trantran della vita di Elvia. Il merito fu in gran parte della madre, che presentò le cose alla figlia già combinate a mezzo. Non che la Elvia fosse all'oscuro di tutto, chè il nuovo pretendente, assecondando l' abitudini del luogo, le si era manifestato con qualche pedinamento. Ma le compagne di laboratorio, o non si fossero accorte dell'interessamento per l' Elvia o, sapendolo, vi trovassero ancor più gusto, · s' erano messe a raccontare di lui le più spinte ed amabili malevolenze. Si chiamava costui Spagnolo e teneva una piccola càlzoleria in una straduccia fiancheggiante la stazione. Una calzoleria con una vetrina di poche spanne, pochissime paia di scarpe, tutte di gran lusso, fatte quasi sempre a mano su misura. lo Spagnolo, a quel che pareva, viveva solo, e dal modo di vestire e dal contegno in paese manifestava una agiatezza quasi danarosa. D' estate sopratutto quando piovevano giù a sciami i bagnanti, il suo negozio era assai frequentato. Sicchè in paese, pur essendo d' origine forestiera, era tenuto in una certa considerazione, e benchè egli amasse circondarsi di solitudine e respingere, anche se con delicatezza e tatto, le amicizie pressanti, tuttavia trovava sempre sul suo cammino chi si compiaceva di togliersi vistosamente il cappello. Tutte queste cose però non entrarono per nulla nei discorsi delle compagne di laboratorio ; piuttosto esse s'accanivano sul fisico del po• vero Spagnolo. Egli non era brutto ; aveva anzi un viso molto ben fatto, con una carnagione chiara messa a fuoco da due occhi scuri e dai capelli neri ondulati. Le labbra vermiglie e piecole avevano una piega tutta femminea che alla sua fisionomia toglieva un poco della durezza virile per soffonderle un languore alla Nazzareno. La statura era invece quel che era: uno e sessantaquattro. Anche quando la relazione tra l' Elvia e lo Spagnolo fu avviata, le compagne non smisero affatto di parlare di lui con aperta derisione. Senza acredine offensiva però, piuttosto con una bonomìa burlesca come si foss~ veramente trattato d'un povero uomo incapace d'ogni difesa e perciò degno d' una pietosa accondiscendenza. Il bello si è che ·la stessa Elvia, presente a tal genere di· chiacchericcio, non si sentiva per nulla urtata e, sebbene non aggiungesse esca al fuoco, pure alle allusioni più drogate scattava anch'ella in risatine ingenue e cristalline. - Dì senti, ci arriva almeno a baciarli ? - le chiedevano, così svogliatamente come un ritornello, le compagne e l'Elvia, pur non rispondendo, si stringeva tutta nelle spalle invasa da una specie di compiacenza fisica. Se invece le compagne tacevano, trovandosi sedute in crocchio ad imbastire o a trafilare sottane e vestiti, allora era l'Elvia che si lasciava andare alla sua fantasia e riversava sulle compagne un ·fiume di sciocchezze chimeriche. - Quando mi sposerò, mi farò dieci vestiti ; tre da mattina, due per casa, tre da pomeriggio, due da sera. Andrò ad abitare in uua grande città. Lui mi ha già promesso nn salotto novecento con le poltroncine di metallo lucide ... - Si immedesimava tanto nei suoi sogni, eh' ella stessa non distingueva più la realtà dall'illusione e finiva per dire le più grosse fanfaronate con una semplicità davvero incosciente. Le cqmpagne - ragazze per lo più povere e ignoranti - avevano la scaltrezza di tutte le sartine, per cui si lasciavano andare a certe gomitate, che qualche volta si risolvevano persino in riso aperto. Così dopo sei mesi di fidanzamento, l'El via in un bel mattino di maggio tutta sorridente si presentò ali' altare per diventare la signora Spagnolo e poco prima di mezzodì tutta fasciata da un bell'a• bito sportivo grigio con scarpe ec• centriche si trovò in treno diretta verso il suo nuovo destino. 5

c5agno · Sorse la luna e le vaganti stelle nacquero a fiotti nell' azzurrino cielo. ,\,foto giaceva del vegliardo il cuore che sospinto nell' ampio mare del sogno infìnite vedea ninfe leggiadre. l' ore di ristagno, si faceva volentieri sull' ingresso e, acconciata e vezzosa negli abiti nuovi di sposa, se ne stava a lungo a riguardare la strada e i pochi passanti. Portava, di preferenza, sopra certe sottane strette ed arcuate, giubetti di lana o magliettine sportive che davano al suo corpo già di per sè sostanzioso, l'atteggiamento del frutto giunto a piena maturazione. Il marito dopo i primi mesi, in negozio, si vedeva raramente: viaggiava per affari (da quel che si poteva intuire dalla valigetta che portava in modo tutto particolare, sgambettando veloce sul lungo rettifilo della Sta• zioue). Dormi, dicean con silente voce, dormi nell'ora dolce, anteliicana, quando non più voce vivente rampe dei sogni la sottile trama. Ignoto è a noi, figlie di Dei, dei mortali il pallor mesto del volto, ma essenza immortal, lucente forma palpita in noi la divina Idea. Altrove era raro vederlo, chè amicizie non aveva contratto e gli era rimasto nel volto, leggermente ingrassato, quello sguardo malfido eh' è per gli estranei come un reticolato spinoso. Anche con la moglie non usciva mai: soltanto il primo mese di nozze qualche volta capitavano al cinema, ad ora tarda però, quando non era più possibile vedere lo spettacolo completo. La cittadina, capoluogo di provincia, oltre al gran vivai del porto, non aveva che una sola via frequentata; neanche tanto lunga, incorniciata però da una doppia fila di portici ariosi seppur vecchi, Alla sommità dell' un dei capi di questa via spiccava il nuovo negozio dei coniugi Spagnolo. Con una strombatura assai lenta le due parti della vetrina s' univano direttamente alla porta d'ingresso; e dentro su tanti ripiani di vetro massiccio erano posate le calzature. Per i primi giorni il passeggio sotto i portici della cittadina formò un ingorgo davanti alla vetrina: lutti volevano vedere ed anche i marinai forestieri che passavano di sfuggita diretti ad altri negozi, si fermavano incuriositi. Poichè guardare non costa nulla, la processione durò per più tempo, finchè a po.co a poco la gente diradò e rimasero i soliti quattro ganimedi di tutte le città, i quali al di là dei vetri sbirciavano la biondà capellatura dell'Elvia. Ciò, oltre ad essere più cha naturale, triieva una maggior giustificazione dal fatto che l'Elvia, nelFondazioijeRuffilli- Forlì NICLA VEGGIANI (contiriua) 9L 9astore EZIO COLOMBO Va il pastore col lento suo passo sotto il quieto raggio lunare. Passa un canto e s' ode d'abbasso il sospiro leggero del mare. Or la greggia si ferma esitante e s'atterra e bruca pian piano lungo il rivo d' un fiume sonante, su pel greppio d' un monte lontano. È il pastore felice d'andare nella quieta pace notturna. Tutto tace ed intanto gli appare il zampillo dell' acqua da un' u~na. Acqua· pura che scorre leggera giù pel verde, molle pendio, acqua pura che scorre più mera per portare il facile oblio. NICLA VEGGIANI

9arlorw donne COME LO VORREI Non una regola ma un dono di quanti gioiosamente si abbandonano alla vena di una fcmtasia pronta e vivace, ad ,ma perspicuità acuta e rapida, priva della preoccupazione di portare sopra la pagina questo o quel pensiero, capace invece di rivelare la vita interiore nella sua indistinta integrità. È per questo che io difendo la letteratura ermetica, non quella che entro l' estrosa architettura del verso o della frase racchiude un vuoto a cui l'autore invano si sforza di dare un significato simbolico, una potenza evocatrice, ma quella che, per dirlo col Flora è "estatica lievitazione dell' immagine,,, quella in cui "resiste, conte una fanciullezza la presenza del mondo visto,, , in cui anche " la scienza ass,ime gli aspetti ed i suoni e la ternperie e l' odore e il tatto che l' anima nostra serba dalla prima formazione poetica del mondo,,. Stile ellittico ed improvviso che dà ragione di un mondo fantastico, i cui contorni rotti e discontinui come perduti e rosi, si perdono in ,ina virtuale e scolorita atmosfera da c,ii germogliano fantasie vaghe e a stento emergenti dal flusso immaginativo e dal sangue. Vaghezza che non è difetto di serietà ma è fedele e sapiente inter- , pretazione di un naturale atteggia - mento fanta~tico, fluido e circolante atmosf erei intermedia fra il sogno ed il vero. Non è serio il vezzo di attribuire agli antichi scrittori gusti ed atteggicimenti della letteratura moderna; ma nell'intento di dare ad una forma estetica un battesimo legittimo e c~nveniente, parlare di un ermetismo leonardesco non è ingiustificabile. Affermazione questa che vale no" solo per i disegni, ma a"che per gli scritti ta1'to che, ricercando fra qucinto $i è detto e perisato di Leoriardo, niente mi è apparso più giusto di questo giudizio del Goethe: " Coriverte quasi la parola iri im- )nagirie pitto ricci,,, e di quest' altro Fondazione Ruffilli - Forlì di 1tida ~ani più antico del Castigliorie: "Ha così strani co1'cetti e nuo·ve chimere che esso cori tutta la sua pittura non saprà dipi,.gerle,,. Ma una grande distanza separa Leonardo dai moderrii scrittori. É come se pensassimo ad un' età di meravigliosa forza e bellezza, ad una età in cui, intorno al labile universo delle fantasie e degli istinti s' aggirasse illuminandolo un ,miverso scientifico di ugual forza razionale. Una visione più giusta olt;e che più bellci, perchè il duplice aspetto della scienzci e del mondo si fondeva agli occhi di quel- . le genti beate in ,mci armo1'ica ed essenziale unità. NlCLA VEGGIANI Ci rapivnno do,uie fastose rimenbrauze arcaiche. Ad ,,,,a ad una. in. sere di fortu.,,a di.leg1iava110, speranze portar1dosi via i.,uitilmente 11iswte, vite distrut.te i,,. bn,ccio al uaporare ,/elle ·lune, vergini seg,ii bruciati a sodclisfare gli lddii. (Le strade ,fol ritorno consumavau.o aeree impronte sul cam.millO, ri<levano città consnpevoli di iuesistettti i11di:i). La follia deBli an"i .ci smarriva nttgli orti e ,iei fiumi a m~z::.ogion10 rome cui i"gau."o at.roceme.1tte durato. O' ARRIGO FORTUNATO Luigi Servolini: Maternità tragica (litografia) Mostra Nazionale d'Arte• Milano l941-X1X 7

O.RAZ I O vate Orazio, vate e poeta, è il più genuino esponente di quella poesia lirica fatta di suoni armoniosi, di dolci sentimenti, di soavi bellezze, che egli aveva attinto nel1' ispirazione ai grandi lirici greci quali Alceo, Saffo, Simonide, B,acchilide e soprattutto Pindaro. Animo aperto alle più alte idealità della vita, egli si ispirava ad un concetto filosofico fra l'epicureo e lo stoico, nel quale sempre viva ed immanente affiorava· la consapevolezza deUe esigenze e delle finalità pratiche della vita. La fioritura lirica sorse nel suo spirito da un bisogno prepotente di vita nuova, da un profondo anelito ideale. Con essa creò un genere di poesia, che rimane luce e fiamma di un lirismo nU(?VO. Di ciò egli ebbe piena coscienza. Comprese di avere fatto qualcosa di .ammirevole iniettando nella poesia latina il ritmo, l'armonia, la squisitezza sentimentale di quella greca. Ed un orgoglio smisurato ma legittimo traspare nella sua ode "exegi monumentum aere perennius ,,. ·La lode e la derisione, la rampogna e la glorificazione, le armonie dei paesaggi, il fascino della solitudine, i piaceri dei conviti, tutta la sua vita ricca di metamorfosi sono tradotti con ricchezza meravigliosa di immagini, con ricreazione viva e fresca nelle sue composizioni liriche. È il poeta della vita, l' interprete sereno e preciso del poema delle cose. La critica iconoclastica dei profani credette di potere in lui disgiungere la personalità letteraria da quella dell'uomo, definito di costumi non chiari, sordo alle supreme armonie dello spirito, cinico e scettico, amante solo del piacere, privo completamente di qualsiasi aspirazione verso le più alte idealità. Niente di più sbagliato. Spesso ed in particolare nell'epistola " Gentium ,, si mostra scontento di sè e ciò ,significa che è sulla via di redenzione, che in lui è costantemente presente il pensiero dell' elevazione spirituale. In altre epistole esalta la saggezza, afferma che bisogna fuggire i piaceri e le cupidigie del mondo, insorge contro le miserie e i peccati dell' umanità, riconosce infine il bisogno di una fede religiosa e forse l'anelito cristiano scosse la sua anima fra una luce di tramonto e di aurora, Sia nelle satire che nelle odi la rappresentazione dei personaggi e le luci dei quadri acquistano una ineguagliabile efficacia. Lo stile è sempre sublime, conciso, profondo ; e sorge da una psicologia acuta e penetrante. Le odi contengono la lirica civile e patriottica. In essa c'è la chiaroveggente anticipazione dello spirito moderno. Pur attingendo ai testi greci di Alceo, Pindaro e degli altri lirici più grandi egli conserva sempre una impronta originale e caratteristica. F~mdazioseRuffilli- Forlì della romanità di 13-tcuw. 17tMO.tti La sua è lirica palpitante di vita vissuta; mai lo stile div.,nta palestra astratta di esercitazioni. accademiche. La lirica patriottica assume nel poeta di Venosa forme di toccante e sublime amore. Allora ·orazio diviene il vate dell'Impero, interpretando e sospingendo le grandi idealità di un popolo, destinato ad agitare nel mondo la fiaccola inestinguibile della propria civiltà. Nel Carme Secolare egli sembra raccogliere lo spirito millenario della stirpe, che si infutura perennemente nei secoli. CARME SECOLARE (TRADUZIONE) O Febo, o Diana, de l~ selve dea, del ciel decoro, "enerandi sempre, e "enerati, i nostri vo,ti udite nel tempo sacro, Che i sibillini carmi stabilirono, di "ergin scelte e giovinetti casti, ai canti per gli Dei, cui furon cari i sette colli. Almo sole, che col lucente carro dischiudi il giorno e il celi sempre novo, pur lo stesso, di Roma non mirar cosa maggiore. O Ilizia, che i parti già maturi a tempo tu disnodi, deh le madri proteggi, sia Lucina o Genitale chiamarti aggrada. Diva, la prole alleva, conserva anco i decreti dei Padri sulle spose e i mariti, che figli ci dara,1 nuovi e fiorenti. Onde il giro del secolo compiuto riporti i canti e gli affollati ludi per tre bei giorni ed altrettante chiare festive notti. E voi, Parche, del fato, che stabile governa, ogno·r veraci annunziatrici, ai già trascorsi apprestate felici fati migliori. Il suol, di messi fertili e d' armenti, Cerere cinga delle bionde spighe, nutrano i frutti l' acque e le salubri aure di Giove.

Ascosi i dardi, o Apollo, offri ai supplici preghi dei giovinetti aure benigno ; Luna bicorne, ascolta le fanciulle, astro regale. Se per voi sorse Roma e dell' Etruria il lido tennero le iliache schiere quelle elette a mutar Lari e cittade con lieto corso, che da Ilio ardente il casto e forte Enea, superstite alla Patria, trasse salve per un libero varco a conquistar cose maggiori. O Dei, probi costumi ai giovinétti, date pace alla placida vecchiaia,. potere e prole alla romulea gente ed ogni vanto. Con bianchi buoi da voi benigni impetri ciò che chiede di Venere e d' A nchise il chiaro sangue, primo in guerra e mite all' oste vinto. Le sue schiere potenti il Medo teme in terra e in mare e già l' albane scuri, già Sciti ed Indi, pur così superbi, chiedon le leggi. Già Fede, Pace, Onor, prisco Pudore, la negletta virtù' osan tornare e la lieta Abbondanza ancor appare col corno pieno. L'augure Apollo, dall'arco fulgente, i!ille nove Camene accetto, il quale con arte salutare pur ristora le stanche membra, Se riguarda benigno il Palatino il Lazio e la roman possa prolunghi di lustro in l~tro per felici tempi sempre migliori. Pure Diana, cui l' Algido è diletto e l'Aventino, i preghi dei Quindici ascolti e l' auri amiche dei fanciulli ai voti porga. Noi che lodammo Febo e Diana insieme riportiamo speranza buona e certa che il sommo Giove e gli Dei tutti i voti nostri udiranno. L'ode " exegi monumehtum aere perennius,, esprime in una sintesi sublime le aspirazioni ideali del poeta. Vi traspare quasi lo sforzo generoso di salire sempre più in alto, di toccare le vette della fama e della lode umana ; il vero ingegno non s' acqueta mai e tende sempre più in alto. Perciò è profondamente umana e perfettamente comprensibile la glorificazione che egli fa di se stesso in tale ode. E se prima aveva detto " Pindarum quisque studet aemulari, Inie, ceratis, ope dedalea nititur pennis, vitreo daturus nomina ponto,, nell' "Apoteosi ,, è tradotta la segreta speranza di avere raggiunto il grande lirico greco. Fondazione Ruffilli - Forlì APOTEOSI (TRADUZIONE) Monumento del bronzo più perenne delle regal piramidi maggiore Innalzai si eccelso e si solenne che pioggia edace, nè vento in furore, fuga di tempi e d' anni serie, fia che pur il franga o rompere il potria. Non tutto peri~ò, ma vitdl parte di me ingente da morte sarà salva ; sempre recente e nuovo di tal arte per poster laude gloria avrò non parva, fin che pontefice e vergin divina su l' aree ascenderan capitolina. Là dove d' acqua strepita violento il fier Aufido, ove su genti agresti Dauno imperò, d' onda scarso, potente d' umil fatto, dir assi prence resti dell' Eolio carmine, eh' ei alle genti trasmise primo in bell' itali accenti. Deh tu divina Melpomene, assumi pur la superbia, il vanto primieri dovuti ai merti e col voler dei Numi delficosacro lauro volentier i con lieto volto tu cingi a non doma e di fulgida aureola clara chioma. Apoteosi! Orazio è fiero e convinto di avere toccato una vetta eccelsa. Il canto scaturisce da un èntusiasmo incontenuto, limpido e sereno come una sorgente d' acqua perenne. Il monumento immortale che si è creato lo ricorderà ai posteri come colui -che " princeps Aeolium carmen ad italos deduxisse modos ,,. La consistenza di esso moi:tumento è più tenace delle stesse piramidi egiziane nelle quali sembra simboleggiata con ardita immagine lirica la poesia alessandrina, per mo• strare che la propria arte, dipartendosi dalla_ fonte originaria, ha assunto ritmi sublimi, sentimenti più umani e toccanti. Le proporzioni e l' eternità di questa gloria poe• tica Orazio ama piuttosto avvicinarle alla grandezza romana, di cui il pÒntefice, la vergine ed i riti religiosi sono la espressione più solenne ed austera e rappresentano una tradizione perennemente viva. Da ultimo l' invocazione ardente a Melpomene, musa della tragedia, che il poeta eleva a propria protettrice per :,vere egli tradotto i grandi sentimenti tragici nella fiorente espressione lirica, affinchè gli cinga il capo della corona d' alloro, significa la consapevole fiere:,;za e la calda convinzione di aver toccato le vette sublimi della bellezza. Ed insieme ricompare sfrenata e fervida la gioia del " non omnis moriar,, che neUa speranza, che è quasi certezza dell'immortalità, esalta l'animo di Orazio e gli rende la coscienza piena, legittima della propria grandezza poetica. BRUNO MASOTTI 9

J L'interpretazione scolastica di un poeta è uno dei casi estremi che si possono dare in questo campo: è quella cioè a cui manca ogni richiamo di suggestività, ogni apporto di tecnica esecutrice. Le esigenze tecniche dell' inter preta:ione scolastica sono principalmente, e quasi esclusivamente, d' ordine linguistico, poichè anche la necessaria integrazione storica delle circostan:::.e sentimentali da cui scaturì la poesia, è già, nei casi norrnali, un risultato, ,wn u,1 presupposto dell' interpretazione. Sicchè il lavoro del lettore scola.stico, insegnante o alu,rn.o, è esattamente qr,ell' integrazione di elementi o sentimentali o fantastici o d'altra natura, che dànn" con.cretezza al documento poetico ; lavoro identico nella sua natura a quello di qualun.que altro interprete, ma che si attua i11,circosta11ze caratteristiche. Oggi la tenden,za più diffusa nell' insegnameuto delle lingue classiche è di sostituire a quella più fine e capillare interpretazione eh' è la traduzione, una più generica comprensione dei fatti lessicali e sintattici, al fine di intendere il senso· e gustare la bellezza del poeta che si legge senza azioni intellettive mediate ; o in. altre parole rigettan.do la concezione dello stile come veste di u,i contenuto da scoprire attraverso o sotto di essa. Bella e vitale conce~ione questa, di gustare u,i poeta dalf interno del suo mondo espressivo e non getta11.do po,iti tra la propria sensibilità e quella insita nel testo; ma con quanti rischi d' insufficienza, con quanta dubbiezza di risultati è evidente. Sicchè non sarà u,i caso che la traduzione appaia mez:o insostituibile di ovvicinamento all'anima di poeti come Orazio, ritenuti i,uraduc1bili, perchè appare in questi casi danno.•issima l'approssima:ione. ftfa il caso dell'interpretazione cli un poeta classico, o anche di lingua scrariiera, è sempre più fadfe, e generolme11te molto più facile, del é,uo di un poeta nostro. Perchè qui le difficoltà linguistiche sbno meno palesi, e tanto più insidiose; le difficoltà storiche e le esige11ze ,Jel pensiero critito tanto più urgenti. Eff'ettiuamente 1i corrono i due pe• ricoli opposti: ,,ell' un cns,. di far servire la lettura di un poeta alla cost, uzione di una cultur" esterno, i,ue .t.a cioè come rapporti esterni di poeta a poet,,, di motivo a motivo, di moralità a moralità, e di formula letteraria a formula lett.e;a,ia; mentre nell' altro caso si trascurano tutti questi rapporti, e si incentra la lettura del poeta in un alone sentimentale - esterno anch'esso - co.uruito di romantichl! partecipazioni e simbologie. Qu~sto modo dà evidentemente luogo a storture nell'interpretazione, e a impossibilità di Fondaziori_~Ruffilli - Forlì di t}iacc.mo. 7Jiwiem valutazione; l'altro priva la lettura di og"i commozione e finisce col risecchire la poesia a puro documento. Certo la pos• sibilità d' incontro tra le varie esigenze consiste in un' approfo,ulita sensibilità linguistica, che pennetta di cogliere ie più intime risonanze tona li, come di svolgere ed equilibrare le vibrazioni del sentimento. Duuque l' i,iterpretazioue scolastica sarà, sia da parte dell' i,isegnante che del• l'alunno, una educazione di tale sensibilità. ft1a ci sono altri cnsi in cui l' i,uerpreta::io,ie non può limitarsi al valore di educazione, ma deve preseutare - uou. diciamo imporre - dei. risultati. È il caso dell' interpretaziou.e musicale, teatrale, cinematografica. S' i,uende che i casi sono infiniti: ma al confronto col caso estremo esaminato prima, questi tipi d'interpreta• ziotie ci appaiono assai meno capillari e più si,uetici. i.l1a si tratta di ,.ui meno e di un piiì, giacchè sostan::ialme,ue il lavoro dell'interprete è lo steuo: quello cioè di suggerire attraverso valori sensibili (siano essi di suono, o plostici, o fi· gurativi, o altri ancora • e sono infiniti) l'emozione che egli prova di fronte al testo interpretato: ciò che poi vuol dire semplicemente, di restituire attraverso i motivi particolari l'unità intuitiva da cui scaturisce la poesia. E si noti che no" è necessario riferirsi per ciò all' unità architettonica dell'opera d'arte ma basta riferirsi all' unità di una singola intuì• :ione tra quelle che costituisco,io appunto l'opera organica. Ciò che ho detto è me• glio visibile nel caso clell' interpretazione musicale; eh' è la più. vicina alla lettura poetica. Non ho la com.peten:a nemmeno per tentare un esame coucretamente storico di qualche interpretazione musicale ;. ma poichè è evidente che chiunque del pub• blico, se non è assoluta mente sordo alla intenzion dell'arte, rifà dentro di sè, particolarmente 11.ella memoria, il lavorio dell' interpretazione, posso accennare come ogni ascoltatore ritrova in sè, pur at• traverso l'inadeguatezza del ricordo, o peggio, della riprodit:ione. di euo, la sosta,iziale unità del frammento intuitivo: cioè del motivo. Questo costituisce per lui la gara11:ia dell'individualità dell' opera d'arte, il riconoscimento sicuro; sicchè, salvo il caso di vere e proprie forzature, che l'ascoltatore non ama, egli uon può riconoscere attraverso di esso la persona• lità dell' Ì,iterprete; la quale si rivela piuttosto tiella definizione dell' atmo!f[era, sia essa storica o sentimentale, tonale o ritmica o d'altri modi, di cui resta nell' attimo clell' ascoltatore un' impressione n.on richiamabile ottrav~rso un ricordo nettamente intuitivo. Se ora consideriamo l'interprete teatrale di fronte al testo osserveremo che la sua personalità resta d"fi,iita nella memoria dello spettatore non da una ricchezza sentimentale, l{ia,-chè egli cleve ririgorosamente immedesimare il proprio se,itimento con c1uello del persouaggio - con un lavoro che è massimamente di scelta e di semplificazione; - ma della ricchezza dei fatti iutuitivi - gesti, i,uonazioni - tra i quali egli può trascegliere qr,elli significativi per definire quel sentimento. l,1 certo senso, il testo teatra• le è assai più inadeguato cli quello musicale, e ha bisogno pertanto di assai mag• giare integrazione da parte dell' i,uerprete. 1lfa per ciò appunto, se è quasi impossibile all'ascoltatore comune giudicare dell' int.erpretazio,ie musicale, se non at• traverso il ricordo e il confronto, invece l' inter pretazio,ie di un testo teatrale (poetico, s• ititende) vive cli vita immediata, ed e,itra a dir così, in immediato contatto col sentimento cle'llo spettatore; per• ciò difficilme,ite questi ritrarrà ricordi chiaGuarda la madre l' innocente vita e tutta avvolge del segreto amore. Con romore di boccia capovolta sugge il piccino la fiorente poppa corsa da ghirigori di piacere. i I ! ! Così un tempo arabeschi misteriosi propendevan dall'ombra delle notti sui sogni suoi di timida fanciulla. Prova la madre grande gioia, intensa tanto che rassomiglia alla paura. ! CUR=:_J

ram.ente intuitivi, ma piuttosto impressio ri,i d'ordine sentimentale. Ciò elle dunque s'è detto unch~ per l' interpretazione nrn• sicale ; ma per una strada ,iettameute di versa. Una singolare riprova di quauto ho detto si ha nel caso di un nost·ro graude autore che dichiara di aver luugamente osservato, per costruire i propri persoriag• gi, gli attori che li avrebbero recitati. Il Goldoni dicliiara questo molte volte, ora come u,i, segreto del mestiere, ora come una dura esigen:a. Afa le conseguenze che ne traggo,io sono i,tterressanti; e parranno i,i,esplicabili e chi concepisce questo studio goldoniano come uria imitazio,te naturalistica. Per esempio, lo stesso otto• re (il Medebac) ha suggerito alla fantasia del Goldo,i,i i personaggi di Lelio il Bugiardo e di Don Afar:io. Quale diffèren• ;a! Afa l'analogia del suggerimento non. si rileva nelle caratteristiche del personag• gio, nè (ciò eh' è assai importa,ue) nello i,i,timo progressivo svelarsi di es.~o; ma piuttosto nella Juw;io,,e che, rispetto alla fantasia goldoniana, i due personaggi han• uo nello svolgimento delle commedie; delle quali i due persoriaggi sembrano ap• pruito suggerire e precisare l'atmosfera. Quella svagata, fi.tti:ia e iride.sceu te del BUGIARDO, che Lelio vie"e a co,iturbare: quellafortemerite chiaroscurata e movimeri· tata della BOTTEGA DEL CAFFÈ in cui Don Alar.zio campeggia immobilmente. Atmosfera, quella del BUGIARDO come quella del CAFFÈ, uscita da sugge• stioui sce,i,iche assai più che dalla con• tem.plazione della vita reale; ma che tro• va appunto la propria superiore realtà poetica attraverso la fmizionalità di quel certo personaggio - Lelio, Don ft1ar:io - cioè di quel certo attore - il A1edebac. Anche quest'esempio potrebbe esser moltiplicato, e inutilmente, giacchè è chiarito abbatrtan:a come l' osserva:ione degli attori abbia suggerito al Goldoni ,ion già una ricchezza di motivi, ma invece una precisa concretezza di suggetrtioni ambien• tali. GIACOMO DIRIDELLI e Da qualche anno, Luigi giocava al domino tutte le sere con la zia Genoveffa. Era stato mandato a finire gli studi nella città dove viveva Ja vecchia zia, arrichitasi d'improvviso per una eredità molto co• spicua. Luigi, oltre a dovere a sua volta raccogliere l'eredità, aveva il compito d' impedire ad altri d'entrare nelle grazie della vecchia. H giovane aveva un debole per le ca• meriste e con tutte quelle che s'alternava• no presso la zia, aveva ini~ato degli amo• ruccL Passioncelle che la zia, mandava al1' aria con rara abilità. Ritornava ogni sera Luigi e d' improv• viso trovava un altra ragazza al posto di quella corteggiata. Egli non chiedeva spiegazioni, nè la zia gliene dava. Resisteva qualche sera al desiderio di rivolg~re la parola o qualche comvlimento alla giovane che gli prendeva il cappello o gli appendeva il cappotto : e dopo poche sere ecco che il momento del1' arrivo e del com.iato, tornava ad essere il migliore della serata. Le due ore che trascorreva giocando con la zia erano me• lanconicbe e for2:ate. Il tempo passava e la zia non moriva. Il giovane entrava nell' e.tà adatta a prender moglie. Ma pareva non averne alcuoa intenzione. Parlandogli la zia toccava questo tasto. Egli obiettava di voler anzitutto fi. nire gli studi - se la prendeva molto CO· moda con gli esami - in secondo luogo sposando non avrebbe più potuto tenerle compagnia. Le partite al domino le sarebbero certamente mancate. Confessava lei Disegno di Guidone Romagnoli Fondazione Ruffilli - Forlì stessa di non trovar sonno fino alla mezzanotte. La zia apprezzò le ragioni del giovane e non insistette. Le sarebbe d.ispiaciuto non averlo più presso di sè tutte le sere. In città non aveva parenti: farne venire da fuori poteva causarle dei fastidi. A Luigi era abituata. Salvo il difetto di corteggiare le Sue ragazze di servizio - le quali non avevano che da lodarsi di lui, ma pure la vecchia, dopo un interrogatorio conciso e stringente sempre ugualmente licenziava - non ne mostrava altri. Da qualche tempo era in casa una ra• gazza povera di grazie e Luigi non le badava affatto. Perciò si sorprese la sera che, pur non avendo commesso nulla che gli potesse rimordere la coscienza, trovò in casa, al po• sto della cameriera bruttina, una ragazza veramente splendida. Luigi prendeva fuoco facilmente. Le fece subito un complimento. Gli brillavano gli occhi dall'entusiasmo. Ma la ragazza lo trattò freddamente, con senso acuto di noia, che, ali' occhio esperto di Luigi fece cadere molte velleità. La ragazza era bellissima, e come tutte le ragazze bellissime, doveva essere grn impegnata: tale fu il primo pensiero del giovine. Entrando nel salotto non disse nulla a.lla zia. E siccome giocando continuava a tacere pur pensando alla nuova arrivata, la zia gli chiese: "Che ne dici della nuova cameriera? ,, . Luigi atteggiò il volto a indifferenza. "Non e' è male,, disse "Non c'è male?,, chiese la zia riden• do "A me pare splendida, te lo confesso: difficilmente l'avrei assunta appunto per questa sua qualità: se non mi fosse stata raccomandata caldamente da una famiglia che le vuol molto bene,, Luigi era per chiedere : "Sarà fidan• zata con qualcuno,, ma si trattenne. Desiderava mostrare alla zia che !a ragazza non lo interessava. Durante il giuoco Luigi accennò alla zia che stava corteggiando con serietà una signorina, figlia di borghesi agiati, e che pertanto - qui fece un sorriso - le ca• meriste non lo interessavano più. La zia volle sapere il nome della ra• gazza, ma Luigi fece il misterioso: nomi pronti non ne aveva: dicendo il nome di qualcuna delle ragazze conosciute da lei, poteva creare dei guai. Quando se ne andò a mezzanotte, la beJJa ragazza lo salutò freddamente. Scen• dendo le scale Luigi pensò : ""Le sono poco simpatico. Forse la zia l'ha messa sul chi va là narrandole le mie gesta con le colleghe che l' hanno preceduta,,. 11

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