Via Consolare - anno II - n. 4 - aprile 1941

4 APRILE XIX PREZZO L. 3

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Dirella da PAOLQ SILIMDANI e ARMANDO HAVACLIOLI Direllore respons.: BRU!'<O M~SOTTI Comitalo di Redazione: Ezio Co. LOMBO • LIVIO FRATTI • IllACAMAllU Moo1rn - Tun1 VA;;ILE SOMMARIO ORIZZONTI :MAS: Gioventù i.11nrmi - BRUNO MAS01'fl: Grwule::a d'Italia - EZIO COLOMBO: l'an111so - \VAL· TER RONCHI: Appunti sull'umorismo ,/'og)'i -- GlUSEPPE VILLA, ROEL: Assalto al 1,alazzo - MAL- 'J US: /,'ultimo Via11i - P. ZVETE· REMICH: Introduzione al sog110 - llONA VENTURA TECCHI: 11 s<>- g110 delfo ferita (racconto) - RE-. NATO VER ;IZZI: Ai.tesa - GARIBALOO MARUS::ll: te do,111e fJÌ· sre (racconto) - GIUSEPPE ME- ~IRCA: Il pia110/orte - ECO: l're• testi sull'ot1oce11to. - *: Fau1<.1.sie ,li Morovich - GIUSEPPE SANTJA• NELLO: Gal,riele D'A11mwzio. Poesie di E. Pot-: - G,ust:PPE PuoJA . ARNAtno :Mo~rn - H. F. BtLTNCK • M'1c1n:1,ANCE1.o l\luRAHo - FttANco Lu1·An1A. • CINl!TEA'l'IW GIUSEPPE Ai\'TO~ELLl: Della pe11• toli,w, dell<> nme e di altre cose -- ;>,.: ''/ nostri ~Ggni'' di U. Betri -- VITTORIO BONICELLI: I dr«mmi ,ii O' Nei! - CARLO LIZZA 1: Con.siderazio11i vece/rie e nuove •·- GIA~NI SCOG AMIGLlO: Apvun• ti per ,ma 1>0/emica - GUIDO ARISTARCO: Idee e pro1x,ste - s. s. f. 1.•• ; Cesare Zavratirii. • CINETEATROGUI' ALBERTO PERR!Nl: Registi del Teatro-gu.f - /,ellerc <la/le JO,J .:Ìt• lfÌ - c. L.: le ottuflli1<ì <li 1.111 Ci. ue-guf. lJffiEZIONE-Al\1l\1INTSTRAZIONE FOHLI' . PAl.,\ZZO LITTOlll0° C/C ()ostale 8/6395 /\bbonamcnlo :111nuo Sosrenitorc e per Enti Bcncmei-iro L. 20,- L. 30,- L, 100,- RIVISTADEI GRUPPIUNIVERSITARI FASCISTIE, DITADAL GUF01 FORLI' Fondazione Ruffilli- Forlì GIOVENTU' 1·NARMI Di giovinezza sono permeati tutti i più nobili fermenti ideali e rivoluzionari della sl'oria del noslro popolo. In ogni epoca è stata la· giovinezza che. per virtu di quel divino dono deli'intmzione, ha precorso gli avvenimenti, ha anticipato le grandi ore della storia. Anche oggi la giov.:11tù è in prima linea, gioventù sana e q!iadrata dei campi; gioveniù operosa delle officine; gioventù dinamic1mente attiva degli A tenei e çielle palestre ~piritual1. Gli scapigliati goliardi, s11perando i confini di urra disciplina acquisita. pretendono, per soddisfare l'esuberanza dei loro sentimenti paJriottici, l'onore dei primi posti in cmnbattzmento. E di ieri /'episodio significativo dei goliardi pisani; in numero di trecento hallllo occupato il treno in partenza per Noma per andare a chiedere al Duce 1! privilegio di combattere. L'intervento er.ergico delle autorità li ha costretl'i q scendere. perchè il senso della disciplina ha dominato l'impulso istintivo del primo momento. Ma in un _fierissimo indirizzo al Fondatore dell'Impero essi hanno chiesto l'assegnazivfle a reggimenti in zona di operazloni, al di sopra e contro tulle le formalità t11rocratiche, gli ost'acoli del!' età e del consenso paterno. Bisogna levarsi tanlo di cappello a questa gioventù che freme e si agita nobilmente come al tempo di Curtalone e Montanara. Ma ,, perfettamente inutile ricorrere a/l'evidenza di riferimenti storici, se una storia in atto ci offre l'ispirazione di una poesia squillante. Via i detrattori, soliti a trovare nel/(' sfogo di un basso livore un diversivo alla loro viltà. Menti malate e irrimedia!-tlmente sfasate possono benissimo pensare che la fiammala volonlaristica derivi come effetto riflesso da un. superiorg indirizzo un ifa, io. No, mille volle no, non esistono nè coercizioni mora/, nÌ' cost-rizion: politiche. · E la forza trascinatrice del 'esempio che chiama a raccolta le energie fresche den'aristoèrazia pensanle per una prova, che deve costiluire il collaudo "d1iro" delle loro capacità; ~ la pote,~za della rede che scuole i cuori e li inebria nell'esaltazione dglla lotta, è la n:J"Ova misfica di combaltimento e di sacriftcfo che, attraverso un processo osmotico, permea i sentimenti e gli impulsi della nuova gi/lvinezza italiana. Se la mirabile intuizione del Vico vede nella storia motivi e momenti ritornanli, dobbia.mc dire che la passione goliardica è la ripresa insieme e la continuazione di una fioritura spirituale, che in ogni lempo ha condotto la migliore giovinezza italica sugli spalti eroici dell'anticipazione rivoluzionaria a preparare e volere col sacrificio le ere nuove.' Anche oggi le falangi goliardiche sorm in linea. pronte ad imprimere la loro spinta alla macchina formidabile che, sgretolando in un impel'o fatate le anacronistiche costruzioni ideologiche e politiche di un mondo corrotto, vuole purificare il terreno e prepararlo a ricevere i germi fecondi della nuova dvillà enropea. L'ondata va,rdalica ma necessaria della guerra spazza i residui di una incartapecori/a prassi polilica, avulsa dalla storia e dalla vi/a, frodatrice dei diritti piiì alti e più sacri dei popoli e crea nell'atto s/esso l'ordine nuovo, che dovrà dare i:n nuovo piedestallo più umano, più aderente storicamente e splritualmenle alla vita, sul quale prenderà corpo per miracolo di LLn sapiente cesello l'evidenza rcrzltnrea della nuova civiltà dei popoli. Gli lllliversitari ilalia11i hanno capito che la giwrra alluale è sostanzialmente la guerra più ricca di conlennro t'deale e materialmente più necessaria. che i! nostro popolo abbia mai intrapresa nelle sue vicende lrimil/enarie. f: una guer,ra . le cui scati,rigini non derivane, soltanto da u11 principio politico o da una neces• sità contingente, ma è una guerra che crea un nuovo diritto, un nuovo ordine spirituale dei popoli. E mentre il popolo della /erra e delle officine ha capilo tutto ques/1J per via del ,uo infallibile intuito, la gioventù studiosa lo ha capilo per via dell'inlel/elto, O meglio, ha saputo inlegrare la fede con l'acuta in/rospeziane del -ragionamento, dell'analisi e dall'a,ialisi ha saputo lrarre la sua sintesi piena di vita e di idealz. MAS

Grandezza d'Italia J I senso della storia è una forza spirituale che collega gli avvenimenti umani secondo l'ispirazione di una unità dinamica e progressiva, che accomuna le energie educate ad una stessa scuola, esaltate negli stessi ideali, che avvicina gli individui nella immediata percezione di una identità di sentimenti ,, di volontà. Questo profondo senso storico ~ stata la fiamma alimentatrice che, riassumendo i più alti valori attivi di una civiltà plurisecolare, maturati nelle inesauribili fonti ideali della stirpe, li ha iniettati come impulso e come programma nel ritmo della nuova vita imperiale. L'ascesa storica dell'Italia impersona un processo di sintesi e di unit!I, che ha avuto le sue scaturigini nei fe~- menti attivi di una stirpe biologica-- mente e spiritualmente superiore, il cui spirito si è plasmato attraverso una perenne rivoluzione ideale da Roma al Cattolicesimo, al Rinascimento, al Risorgimento e alla Rivoluzione fascista. Si sente dire qualche volta da menti malate e tardive che il continuo richiamo storico alla grandezza passata è una verbosità retorica in quanto i popoli valgono per quello che sanno fare. D ·accordo; ma nessuno può ignorare che le tradizioni migliori della latinità sono ancor oggi la quintessenza spirituale del genio italiano, sono uncor oggi le fonti di vita di un popolo, che attraverso tutti i secoli è stato un dominatore. Di un popolo il cui dominio, decretato per legge divina. ha subìto delle ir.terruzioni, mai e poi mai delle fratture irreparabili. Mentre molti altri popoli hanno pur creato fenomeni di Impero ma limitati ad un luogo e ad un'età, l'Impero di Roma ha sempre spaziato per i luoghi e per i tempi come un qualcosa di eternamente vivo e perenne. Mentre gli altri popoli hanno dominato in un solo modo il nostro popolo lo ha fatto in molti modi, imponendo la signoria delle armi e dello spirito, della autorità e della civiltà, della legge e della equità, con una integrazione armonica che denota il raggiungimento di un equilibrio e di una maturit:\ superiore. I! volo ascensionale di Ro:na si libra sulle ali del dominio quando le armi e il diritto creano in nuove formule di vita l'ordine dei popoli allora cono-- sciuti. Fino al quinto secolo le aquile cesaree dominano dall'alto dei carri del trionfo su un mondo, ove la superba costruzione giuridica della latinità portava i primi ordinamenti del viver<~ civile. Quando declina l'Impero delle armi F d . sorge ~llorslE\VD spiJ;ilo af/-!!rmato dal0 rJ azione Kum11-1rom Pag. 2 GUIDO PALLOTTA Patria Fascismo Giovinezza, Trinomio della tua fede, della tua vita. Gli _Universitari marciano com/Jatii dietro la tua maschia figura, con la tua voce nel cuore, alla luce del tuo sacrificio sublime. la Chiesa romana; dopo avere piegato le volontà Roma penetra gli animi e irradia la luce nuova della religione. La chiara divinazione storica e religiosa del Cattolicesimo porta un soffio di profonda umanità della realtà dell'Impero e vi porta !a coscienza di una missione ~niversale. Penetrando in pieno Medioevo i barbari invasori si avventano contro la gr~ndezza dell'Impero, ma sono domir.ati spiritualmente e attratti nel riflusso di una superiore maturità civile e sociale. Alla civiltà delle armi e del <liritto succede la civiltà delle coscienze e delle spirito, mentre l'idea della Cristianità ridà a Roma il primato occidentale. La tendenza potenziale dell'unità traspare nelle idealità dei nostro Grandi e assume valore concreto quando la Nazione si leva in armi contro il Barbarossa. gettando la prima pietra ideale del processo formativo unitario. La vita politica si libera dai diaframmi delle tirannie feudali e fiorisce la dviltà comunale. Gli It~liani si scuotono, sentono l'ebbrezza dell'avventura e della conquista, spingono le prore nel Mare M.'!-

<ltterraneo, centro di raccolta e di irradiazione di tu11a la vita italiana per una nuova egemonia mercantile e marittima. Genova, Venezia, Pisa e Amalfi S()no le se11tindle avanzate di una vitalit~ che, troppo a lungo contenuta, rifiorisce prepotente a creare i miracoli dei C:omini veneziani, a stabilire sui mari una rete di traffici nuovi ed intensi, che schiudono nuove possibilità alla vita delle genti. A partire dal 1400 trionfa lo spirito umanistico; l'arte -:rea i capolavori sublimi della Cappella Sistina; Michelangelo e Leonardo esplorano i regni irreali di una sublimazione estetica; dal l 600 al l 900 sono la musica e le scienze che trionfa.10 nel genio di Galileo. di Verdi e di Marconi. E la filosofia che trova sistemazioni potenti nel concreto realismo storico del Vico. Ali 'inizio del I 800 un altro italiano v~ole dominare nuovamente l'Europa con le armi e con le leggi come al tempo <li Augusto. F. '.'Japoleone, genio squisitamente italico, anche se le vicende della vit,1 I<' portarono a combattere per una Nazione straniera. ·Nei suoi profondi rivolgimenti ideali là Patria esprime intanto tm domin;itore dello spirito in Giuseppe Mazzi• ni, apostolo di fede, asceta di ideali, mistico della vita. Sorge Garibaldi, che ha la tempra del çondottiero romano. sorgono mille eroi e mille martiri, che accelerano il processo di redenzione politica. Dopo avere attinto le vette del! 'eccellenza in tutti i campi dell'attività umana, la Patria ripercorre le vie dorate della sua tradizione politica e militare. Si porta sulle ambe africane a dominare con le armi popoli arretrati ed a far rifiorire col lavoro terre, ove non era mai passato il solco fecondatore della civiltà. Si porta sulla cruenta terra iberica per porre una barriera di lronte al dilagare del disordine comunista. Ed infine scatena con un gesto rivoluzionario la lotta contro quell'Impero inglese, avvezzo da secoli a sfruttare i popoli ed a negare le loro aspirazioni in un regime di brutale asservimento. Per due millenni gli Italiani sono stati maestri e dominatori del mondo, servendosi volta a volta del ferro dell~ armi o della forza persuasiva del diritto, della potenza della fede o dello splendore del genio, della maestà del- !' aquila o dell'umanità della croce, dei miracoli della volontà o della luce delI'intelligenza, degli stimoli dell 'orgoglio o dell 'aitrazione dello spirito; sempre superiori, sempre dominatori per un destino fatale; sempre maestri dei popoli per una predestinazione divina. Italiane sono le grandi leggi spi0 i • tuali che hanno dominato la vita dei popoli. Le Regole di Gregorio Magno e di Gregorio V 11 sono i canoni eh,; hanno forza di orientamento per molti seculi. 1 Le leggi di Machiavelli inquadrano in un criterio meravigliosamente attuale i sistemi di governo; le leggi di Galileo danno un ordine ai movimenti òei corpi celesti; quelle di Vico danno un ordine ai movimenti delle ci• viltà; quelle di Muratori un contenuto alla potenza della tradizione. I: poema di Dante riassume le sublimità liriche della sJirpe; la Summa di S. Tomaso d'Aquino va alla essenza 1netafìsica con una profondità. che non si riscontra neppure nei grandi filosofi greci. In ogni campo l'Italia ha anticipato coi genio dei suoi figli, che aprirono nur,vi orizzonti all'Europa con Roma. ali' Asia con Marco Polo. ali' America con Colombo, ali' Africa con la luce dell'Impero e ancora una volta all'Europa col trionfo dei valori universali del Fascismo. Questa Italia. che il Fascismo Ila Una inqu.,ulrn1111·adellu attualità '· Fazzole11i cremisi" Fondazione Ruffilli - Fc51ffìCineguf dell'Urbe rinnovato. dalle radici, questa ltatia, che la fiamma rivoluzionaria ha purificato in un ardore imrr.acolaw di ascese e di progresso, è l'Italia che la tradizione storica ha posto come simbolo dell'idea imperiale, t l'Italia intera, concreta e perfetta, l'Italia di sasso f. di metallo, che respira orgoglio e volontà da tutti i suoi pori. è l'Italia dell~ armi e del diritto, che vive e tnonfa della sua influenza universale, è I'Italia dei cantori e dei poeti, dei fiori ~ della dolcezza, ma anche !'Italia della forgia che piega il metallo secondo il modello della sua volontà, delle macchine, che riempiono i cantieri col suono pieno di un infaticabile ritmo di costruzione, delle braccia nodose e tenaci, che sanno quasi violare le leggi immutabili dell'ordine .fisico per domare la materia nello sforzo di soddisfare una dura necessità, è l'Italia dell'arte e della vita, l'Italia degli ideali e delle conquiste, l'Italia maestosa e trio~ fale, cui lddio ha dato il privilegio di una rinascenza perenne, cui i figli ltann;:i dato l'ori:oglio di una insuperabile eccellenza spirituale. BRUNO MASOTTJ La partenza. volontaria per le armi di molti collaboratori non deve interrompere l'assiduo ritmo di vita di VIA CONSOLARE. Affidata ad una nuova redazione, la rivista continua il suo lavoro con la stessa passione e con aumentata fede. Preghiamo i vecchi abbonati e quanti altri intendono seguirci nel nostro lavor'J (non faranno un cattivo affare, poiché noi presenteremo quanto di meglio offre attualmente la letteratura, il teatro, il cinema in Italia, pubblicheremo commedie inedite, romanzi brevi, ecc.) di volere cortesemente trasmetterci la loro quota di adesione. L. 3 Y. 12 = L. 36 - Questo deve spendere il comune lettore nel corso dell'anno per comperare all'edicola la nostra rivista. LIRE VENTI - Questa è la modestissima somma per la quale invece offriamo l'abbonamento a dodici numeri di VIA CONSOLARE. Pag. 3

f.''1-,_··. Qualche anno fa capitò ad un critico autorevole di chiedersi pubblicamente: dqve va la prosa? Allora fu come un allarme in un accampamento addormentato; e all'articolo di Pietro Pancrazi tenne dietro una fiorita di risposte, note, postille, per cui - caso raro in un temperamento signorilmente schivo come quello dell'illustre critico toscano - fu necessaria una precisazione per collocare i punti sugli i. Il che sta ad indicare, oltre alla bontà dei problemi toccati dal Pancrazi, quanto la « prosa ,, s'imponga s4gli sviluppi artistici del nostro tempo. E' pur vero che dal momento in cui Dante diede ufficialitàal volgare eloquio, con più o meno lunghi intervalli, i letterati presero diletto a trattare della lingua nostra; ma è innegabile che il problema « prosa " come oggi è inteso ha ben altri significati, per esempio, di quelli del tempo manzoniano. Poichè è chiaro che oggidì si è arrivati quasi ad intendere per « prosa " non già un « mezzo " per i letterati, bensì un genere di letteraiura. Nei tempi passati s'usava differenziazione tra prosa politica, didascalica, storica, familiare e quella in uso per comporre cose d'arte. Oggidì la stessa prosa d'arte si suddivide variamente : e per ,il romanzo-fiume, e per il racconto lirico, e per l'elzeviro ecc. Giovino queste scissioni o rechino danno non si vuol qui, di proposito, discutere. Basterà notare quello che gli scrittori con le loro opere d'arte vanno, quasi inconsciamente, codificando. Certo ogni prosatore ha un suo stile, per cui potrà sempre recalcitrare nel lasciarsi collocare in una determinata categoria; tuttavia guardando dall'alto, a mo' di panorama, la • prosa nostra si vede divisa assai distintamente nelle sue zone. Fondaziornf~ulnfrt.'..of'odi" Agamç1111r>ne" di Eschilo Pc,g. 4 Si può affermare che a rimuovere la prosa dalla palude ove l'aveva precipitata il deteriorarsi del romanzo ottocentesco, abbia soprattutto giovato la prosa poetica ed il frammento. Direi anzi che mai rivoluzione linguistica fu tanto salutare se, oltre a svellere i cascami d'una prosa gallicizzante e obesa, servì a dettare nuove leggi, come quella d'un rigoroso controllo dei vocaboli, d'una meditata architettura di periodo e - legge complessiva - d'uno scaltrito e umbratile senso d'arte. Oggidl, mettere con pazienza a confronto scritture di un Rovetta, di una Serao, di una Neera, di un Barriti, di un Caccianiga, di uno Zuccoli e perfino di un Fogazzaro (e molt'altri nomi si potrebbero aggiungere) con quelle di Cecchi, Baldini, Linati, Cardarelli, Angioletti ecc., abissale apparirebbe il divario; come una brughiera vicino ad un giardino fiorito. Certo non sarebbe novità coraggiosa il cantare i meriti della prosa d'arte e del frammento, chè i vantaggi da essi derivati alla nostra prosa contemporanea sono alla portata di tutti. Vero è però che nel frammento e nella prosa d'arte taluno volle vedere i responsabili d'un intisichimento del nostro genere « romanzesco "· E' perlomeno da vent'anni che si ama dissertare sulla crisi del romanzo italia[Jo. Ogni tanto la polemica cala come in un braciere ormai incenerito; ma d'improvviso la scintilla si riaccende e le fiamme lingueggiano piacevolmente. Poichè negare al temperamento italiano attitudini al romanzo - con dietro il peso di un Manzoni, di ·un Verga, di un Fogazzaro ecc. - parve sempre soluzione semplicistica più che rischiosa, molti rimproveri vennero a cadere sulla sterile prosa d'arte. Una specie di peronospora per la nostra gran vigna romanzesca. Ma pur riconoscendo che la prosa d'arte è nata per un genere diverso dal romanzo, e quindi, applicata all'impianto vasto ed esigente di questo, ella si trova impotente e inadatta, bisogna pur dire che chi con tanto gusto attribuì la C(isi del romanzo alla prosa d'arte e la volle bandita ed osteggiata, il più delle volte trovava disagevole l'uso di una qualsiasi prosa, eccezion fatta per quella brodosa ed approssimativa di chi per ignoranza non sa crearsi uno stile. E qui valgano le parole che Enrico Falqui usava qualche tempo fa dicendo '.l'un libro di Moravia: « Chi ha mai detto che lo stile contrasta alla costruzione, alla oggettività, all'impegno di sentimenti e moralità proprio del romanzo e in genere della narrativa? E' che troppo spesso e con assurdo compiacimento, dietro la scusa di rifuggire dal lirismo e dal decorativismo, in molta narrativa si presume poter fare a meno dello stile "· (in « Oggi " 21 dicembre 1940). Sicchè, per tornare alla prosa d'arte, riconosciuta la sua incapacità a rinsanguare un genere per il quale - d'altro lato - non era nata, non sarà tuttavia lecito inveire contro di essa misconoscendo i meriti e accollandole responsabilità. Oltre all'aver dato vita alle prose di un Cecchi, di un Cardarelli, di un Baldini ecc. che sole basterebbero a testimoniare dell'utilità d'una stagione letteraria, essa ha - come sopra si accennava - sfrondato il frascame, ormai infracidito, dell'ultimo romanzo ottocentesco. E non si vuole sostenere che di punto in bianco - tutta la nostra produzione narrativa ne abbia risentito giovamento.(gente che scrive male o per pigrizia o per commercio o per ambizione dilettantesca o per imbecillità congenita, ce n'è stata sempre e ce n'è quindi tuttora); però va sostenuto che in generale dopo !'esperienze della prosa d'arte s'è scritto meglio - e assai - che nell'ultimo quarto del secolo scorso. Gli stessi che verso tal genere di prosa mostrarono

sempre indifferenza o aggressività ripigliando in esame - qualora ne valesse la pena - i molti fogli disseminati per vi'a, constaterebbero d'avere man mano conseguito una linearità e stringatezza non disgiunte a un vocabolario men corrente e più mondato. E' proprio tuttavia anche delle cose utili e belle di segnare il passo davanti al rifluire del tempo. Ciò che ieri piaceva, oggi è sostituito d11altra cosa, alla cui nascita il bello di ieri non è affatto estraneo. Guai se ci si accontentasse del trantran quotidiano, senza più sentire il desiderio di cose nuove! Così avviene che oggidì - a por bene in luce gli scrHtori che vertebrano di sè la narrativa nuova - si deve notare che la prosa d'arte sta man mano uscendo di stagione, per lasciar posto ad una prosa nuova che - pur nutrit::tsi alle sue fonti - si presenta più complessa di ossatura. La scuola nuova non r. più - per tornar all'articolo da cui s'è preso l'avvio - quella che il Pancrazi nel '36 isolava quasi come i più resoluti rivoluzionari della nostra narrativa (« si stacca una famiglia di scrittori che opera sulla prosa come nessuno ancora aveva fatto ;·e proprio sul romanzo, sul racconto, sulla novella, su quei generi della prosa cioè che, quanto ai modi espressivi, erano rimasti fin qui più immuni, quasi sottratti alle novità. In testa a tutti metterei Palazzeschi, e poi Comisso, Alvaro, Moravia... , e lascio i quaèlri aperti »). Questa nuova scuola, sempre al dir del Pancrazi, con la sua nuova prosa « così ricca di senso e di fantasia, ma quasi alogica, e scarsa di tessuto connettivo », avrebbe dovuto perlomeno trovar ardua la via del romanzo, se non addirittura sbarrata. E con velato rammarico constatava : « ora mi pare che alcuni giovani nuovi scrittori, tra i vari tipi sempre disponibili della prosa, mirino con troppa preferenza a quest'ultimo ». Resta da chiederci : hanno, dopo cinque anni, i giovani scrittori continuato per quella via o. prevenuti dall'avvertimento, si sono posti decisamente su una via più corrente e meno pericolosa? Avvenne multi e molti. anni lontnno, in wt regno sulfo riva del nutre, che una ·vergine visse, e il s1w nome potei.e co,wscere in A nnabell<• l~ee. E vergine visse con solo pensiero di arnart~ ed essere dli, m.e orna.tu. lo ero fanciu.llo, e f,mciulla lei pure, in qnel regno sull<l riva del mare: nta. il nostro ltmore ere, più e/re antore, l',mwre mio e cli Annabellci Lee. Un wle amore che volanti crcnlure ,I,,[ cielo ci spicu;a,r,, con desiderio. Questa fu [li, rll,gion.e per cui. nel regno snlla riva del mare, un veni.<>generato e/allei nube ghiacciò La mia dilPttll A111wbell,, Lee. E venne 1111 suo <lito congiu III o 11er 11orlllrmela via, lontano, pe,· porla in lllt grigio sepolcro, rwl suo l"egtw sulla riva del mare. Traduzione di Vittorio Ilonicelli. Fondazione Ruffilli - Forlì Prima di rispondere giova notare che questi ultimissimi anni sono stati tra i più prolifici per la nostra narrativa. Un vero stuolo di narratori s'è fatto al balcone della fama, e tutti in gamba e degni (si veda " Beltempo » di quest'anno, in cui - se ne togli pochissime eccezioni - tutti i narratori - e sono parecchi - hanno validità e speranza di restare in piedi). Si può iare qualche nome: Bilenchi. Mesirca, Morovich, Vittorini, Delfini, Dessi, Buzzati, Tofanelli, Bigiaretti, Q. Gambini, Emanuelli ecc. ecc... e. anch'io lascio addirittura spalancati i quadri. Non v'ha dubbio çhe la narrativa nostra è - fra le arti - quella che più ha rinvigorito i muscoli e lascia sperare quasi ad un periodo, se non aureo, certo prezioso. Quest'euforia non è per nulla sentimentale, chè le opere dei giovani citati sono aperte e pronte a convincere le persone in buona fede. Risulta che lo sganciamento dalla sterilità narrativa questi giovani lo hanno ottenuto proprio rinnovando la prosa, foggiandosene una assai più consona per andatura, costruzione e linguaggio, al romanze. Per questo si diceva che la prosa ,d'arte è al tramonto, ma non scacciata come un balocco ormai sgualcito, rispettata invece sempre come una madre che s'avvede, davanti al crescer dei Agli, dell'incanutire dei propri capelli. . E non direi neppure ch'era esatto l'avvertimento del Pancrazi di cinque anni fa. Chè i nuovi narratori stanno portando la nostra prosa su un piano di romanzo non moderan::!oe evitando !'esperienze di Comisso, Alvaro e Moravia (per usar degli stessi nomi del Pancrazi), continuando invece con coraggio e con intelligenza quei ritrovati e quei punti di. partenza. Dal che può venir anche l'insegnamento che in arte mettersi per la via più pericolosa non è sempre partito da capiscarichi. Basta soltar:ito- e il riferimento è di proposito fatto ai giovani narratori avere serietà d'intenti e fermezza d'idee. EZIO COLOMBO Cli angeli, non così felici nel ciclu qtu11tlo noi, ci invi<li,wa,w.: e quf'Sta fn lct ragione per cui il vento uscì dalla nube nollunw gelwuf-0 a 11wrte la mia Anna.beli« lee. il_1ail nostro runure fu più forte dell'cunore di quelli che sono più vecchi di 11-0i; di tanti che sono più snvi di noi. E nè gli angeli che sono nel cielo, n.è i demoni del /01ulu del nwre poterono slrnppare l« mict ,111i11wdall'oni11w della mia dolce A nnctbelfo l,ee. Nè mai risplendette ln lunct che ,wn in.i reccisse i sogni delln m.ict dolce An,wbella Lee; e brillaro,w stell:!, 11u1, più vivi i chi<tri occhi di Annabelfo Lee. E fui così lnttn la notte, accanto a,llct inia c<tra, 1nio aniorc, rnia sposa, nel suo sepolcro sulla riva cl:elmare, nell<t suct lombll presso il flutto sorwnte. E.A.POE Pag. . 5

l\\PPUNTI SULL'UMORISMO D'OGGI IL'umorismo italiano d'oggi è senz'altro il più intelligente del mondo, ed è riuscito a raggiungere e ad avere una sua spiccata caratteristica che non ha niente in comune con quell'umorismo anglosassone in cui l'elemento umoristico e comico sconfina nel ridicolo. Esso si basa principalmente su un dosato e sapiente miscuglio di motivi romantici, decadentistici; naturalistici. Possiamo considerare come pun • to di partenza del nostro umorismo che ha i suoi più validi campioni in Zavattini, Campanile, Mosca e qualche altro, quella tradizione romantica basar.te la sua drammaticità su elementi decadentistici ed improntata ad una vi. sione macabra della vita e piuttosto che a questa, ai problemi pseltdo-filosofìci e alle dissertazioni morali sul- ! 'uomo e sulla sua esistenza. Mentr~ i romantici-decadentisti manifestavano il loro tragico stupore davanti al fatto " morte » ed al suo mistero insondabile, gli umoristi trattane la questione senza i pianti e i µiagnistei degli scrit .. tori e dei poeti del tempo passato, osservandola da un punto di vista paradossale ed esteriore, dandole aspetti e scopi comuni. Chi non ricorda i " morticini » dei giornali umoristici riechi di piccole e candide alettè, como- <iamente sdraiati su nuvole e nuvoloni, placidamente conversare di quanto avviene sulla terra, delle loro abitudini, vizi e difetti che essi hanno mantenuto pure nell' « aldilà », anche loro indaffarati nella ricerca di una rac. comandazione e preoccupati per avere dimenticato il rubinetto del gas o del bagno aperti? Il.a morte alla portata cli tutte le borse ... Dunque una precisa reazione alle lugubri visioni di una tradizione letteraria di non molti anni fa; ma una rea• zione superficiale, t,n ~iso a fior di labbra : che in molti degli umoristi è evidente come il problema della vita e della morte li attanagli, e così pure tutti gli altri problemi dell'umanità; ma l'umorista. o che non voglia o che non sappia, decentra il problema, lo sdoppia, ne esamina il particolare, ne mette a nudo tutte le contraddizioni, ride sulla divergenza di idee, prende spur.ro da esse per mettere in ridicolo una situazione, un modo di pensare, di vedere. Dunque questa reazione piuttosto che di contenuto e di sostanza è superficiale, è una reazione formale. quasi per partito preso l'umorista si ri- , Di,;egno di Re,wto Birolli Fondaz~p~ Ruffilli- Forlì fiuta di vedere le cose nel loro aspetto vero, ma ne sòttolinea piuttosto le ombre deformanti. Mosca, nei più diffusi giornali umoristici italiani, hn creato un linguaggio astratto e co'lvenzionale, ha ambienta• to i suoi calvi ometti disegnati in serie in un paesaggio irreale (superreale). Ma quando Mosca non riesce a reprimere la sua istintiva " liricità », anzi quando ad essa tende come ad una compiuta forma d'arte, sacrificando così tutto il suo ben costrutto mondo umoristico, egli, partito in quarta contro il De Amicis, cade in un romanticismo-decadenti mo prettamente deamicisiano (vedi certi pezzi dei « Ricordi di Scuola » e della " Scuola Allievi Ufficiali »l non solo sostanziale, ma anche formale. E questo capita un po' a tutti i nostri umoristi. ❖ Il nostro umorismo ama soprattutto le tras.posizioni illogiche, l'avvicinamento di cose disparatissime. di concetti contrari per mezzo di una logica sconcertante, fantasiosa, esasperante come quella dei bambini. Ecco !ln brano da ,, L'orfano piccolissimo », romanzo di Mosca : « Venne il prete, grasso anche lui, saltellante, dagli occhietti vivaci. Agitò allegramente l'aspersorio, e allegramer.te benediss-:: la zia. -· È stata buona - disse. - Va in Paradiso. Come sarà il Paradiso? Grande grande. E la zia è già lassù? No, ci va adesso, con le ali. Padre, gliele mettete voi le ali? Rise, e agitò ancora una volta l'aspersorio, mandando nell'aria mille piccole goccioline d'acqua santa. È stata buona; gliele mette Dio. --- E si potrà vedere? Mi sarebbe tanto piaciuto vede• mettere le ali alla zia grassa. » Il capovolgimento delle situazioni. la paradossalità degli avvenimenti inconcepibili nella comune concezione della vita, assurdi nella logica economia degli avvenimenti, quasi l'introspezione psichica dei " tipi "• o delle marionette o dei fantocci (gli omini di Mosca), rappresentanti di date categorie umane ed umanizzate, il riso amaro, caricaturale. il grottesco avvicinano I'umorismo di Pirandello a molto di quell•J degli scrittori umoristici d'oggi. ❖ In un intelligentissimo scritto sull'umorismo contemporaneo italiano. apparso tempo fa su un nostro settimanale letterario, leggevamo : " Al Pi• randello del resto questo umorisnw attinge abbondantemente per quel che ~iguarda l'abuso verbale. l'amore delle trasposizioni realistiche, di cui si alimentava l'umorismo del Nostro. Si legga in Aequa amara nel primo volume delle Novelle per un anno : " Lei

mi vede cosi grasso e forse non mi suppone capace di commuovermi ad uno spettacolo di natura. Ma, creda, ho un'anima piuttosto mingherlina. Un'animuccia coi capelli biondi ho, e col visino dolce diafano e affilato e gli occhi color di cielo. Un'animuccia insomma che pare una ;nglesina, quando si affaccia alla finestra di questi occhia.:ci di bue ». Di Pirandello riportiamo quesu nota sull'umorismo (« Almanacco Letterario Bompiani 1938 .,) : . " L·umorismo nasce da uno stato d'animo più o meno diffuso. Oggi è diffusissimo pe; varie ragioni. Parte dal rornanticismo e dal naturalismo. Molti facevano il romanticismo o il natura!ismo, per moda; e oggi è l'umorismo. La moda, le idee del tempo, la varietà dei giudizi e degli apprt,zzamenti, I 'a11razione e i ·inquadramento. Uno stato d'animo si può crear~ in noi. e divenir coerente o rimaner fit• tizio a seconda che risponda o no alla speciale fisionomia dell'organismo psichico. Quando un 'espressione d ·ane riesce a cc,nquistare 1• attenzione del pubblico, ·questo si dà subito a pensare e a parlare e a scrivere secondo l'impressione che ha ricevuto, di modo che questa espressione, sorta dapprima dalla particolare ispirazione di uno scrittore. penetra rapidamente nel pubblico che la trasporta variamente e variamente la dirige. I pontili e h nave. Si fa dire all'autore ciò che non ha mai voluto dire. Un libro umoristico accolto da risate. Certi ammiratori! ·- Quanto mi hai fatto ridere! Importa che si abbia il se-ntimento del contrario, comunque; perchè, anche quando si ha un ideale. il transi• gere di questo ideale da chi è determinato? Dal sentimento del contrario, cioè dalle ragioni della realtà in contrasto col nostro ideale. E i! sentimento del contrario si può avere senza avere un ideale. L'effetto però allora non sarà così profondo come quando questo ideale c'è. t ,ero. Ma per poter vedere le ragioni della realtà (aj)- profondisci bene questo) basta che si abbia il concetto delle idealità. senza averne alcur.a "eramente a1tiva in sè. Un vero umorista, anzi, non ha m~i un ideale attivo in sè, può avere aspirazione a qualche ideale, un· aspirazio· ne dolorosa a qualche 'deale di cui conosce la bontà ma poi.... La sua tolleranza è frutto di scetticismo; non può essere d· indiffcrenza, perchè l 'indifferenza non genera contrasto e nor: può dare i ·effetto doloroso cbe dà 1'11morismo. L'umorismo è generato dal sentimento del contrario, ma genera anche il sentimento. del contrario. Il sentimento del contra~io, insomma, è causa ed effetto. Quando innanzi ,i una rappresentazione comica voi vi sentite commossi, cioè qùando in voi si genera il sentimento del contrario, siete innanzi ad una espressione umoristica. 11 Dunque l'umorismo è generato dal F stntiment9-,.del contrari\!>-dice chiara0ndaZI0ne Kuffilli- rorlì mente Pirandello : ed è evidente come i nostri s.cri1tori umoristici abbiano preso per prima loro ispirazione questo concetto. Il contrario della più comune realtà, il rovesciamento di tuae le normali situazioni; ed infine il contrario della vita : la morte. E la morte, come abbiamo già detto, è la protagonista delle. molte vignette, dei molti pezzi dei nostri più acclamati scrittori. ❖ Ancora Pirandello (dalla commedia Diana e la Tuda) : « Quando io sento parlare, quand0 io guardo e vado per qualche luogo, nelle parole che sento, in ciò che vedo, nel silenzio delle cose, ho sempre un sospetto che ci possa essere qualcosa d'ignoto a me, a cui il mio spirito, pur sì presente, rischia -di rimanere estraneo; e sto con l'ansia che, se ci potessi entrare, forse la mia vita si aprirebbe a sensazioni nuove, tanto da parermi di vivere in un altro mondo. 11 In questa frase, che secondo noi racchiude compiutamente tutta l'essenza del problema fìlosofìco ed artistico del grande Scomparso, problema centrale motore dinamico di tutta l'opera pirandelliana e da cui sbocciano tutte le situazioni paradossali, filosofisteggianti. che si avvicinano con insistenza al surrealismo. Queste doti noi le troviamo anche nelle opere dei nostri migliori umoPer virtù di stile, l'Assalto al Palazzo di (;a,ibaldo Marussi (All'insegna del Cònero Ancona) ci presenta trasfigurati, q11asi in personaggi di mito e di leggenda. popolo e /egiona11 nella Fiume di Gabriele d' An1111n.zio. Qui la je•de/tà storica ha un intere~-· se relativo; ciò che urge è il dramma di passione italica, il qr1ale accende audacissime gesta di eroi e rivela il cuore forte e stupendo della città. Com'·, facile intuire dal titolo l'assalto al Palazzo, riportante alla fine del racconl'o. /°episodio della liberazione fascista di Fi11me. ha in sè un significato e 1111 senso che va al di là ,1el/e contingenze reali. Ma l'arte di Marussi supera !,1. storia. Lo scrittore fa sua la matena t l'assoggetta ad una elaborazione fantastica che rifonde i fatti in esemplari n·arrafivi di straordinaria efficacia descriltil'u e rappresentafiva. Sottoposti a q11esto processo. diciamo così, di restauro inventivo, i dettagli vengono in primo luogo a quadri forti e vigorosi e l'avvenimento storico, con la sua astratta riflessione allegorica, resta dt sfondo. /Ifa dal punto di vista artistico, risti d'oggi; più o meno diluite, per le esigenze del « mestiere », ma con 'a stessa evidente paradossalità surrealista condita di qualche tentativo fìlosofìco. Occorre far cadere l'uomo da quel circolo chiuso che è la vita di ogni giorno, scavare dentro di lui, dare vita alle cose più i11signifìcanti, scoprire l'anima di tutte le cose, gli aspetti più reconditi : anche se i problemi sono posti superficialmente e non sono poi scavati in profondità : anche se sono solo accennati e mai risolti. Possiamo concludere che tutto il nostro umorismo contemporaneo è di netta, inequivocabile derivazione pirandelliana : anche nella. teènica di certe narrazioni, nel modo di presentarci l'uomo nel suo mondo, circondato dalle sue cose notiamo 11uasisempre i 'inAuema di Pirandello, del suo alone poetico e lirico. Quindi umorismo « a tesi ». Tesi che è presentata e che si cerca di risolvere, non importa come. Che ci si •iesca o no non contn. Non vogliamo arrivare ad affermare che " l'umorismo è un riso intriso di pianto 11. Certo è che esso tende a far pensare il lettore, a farlo soffrire sull:i sua realitività, dopo il primo sorriso. Abbiamo sott ·occhio : Parliamo tanto di me ed / poveri sonc: matt.i, di Zavattini. WALTER RONCHI è proprio questo che importa, quesfo vedere sbalzare in altorilievi tipi e ardimenti mirabili di legionari. i quali giocano tra In vita e la morte con lJ serena e virile semplicità dell'abitudine. Tutto, in quesro libro, è impresa omerica: /o scopo del cimento non conta, può talvolta essere persino futile o capriccioso; conia il cimento in sè; e tutto diventa s11blime in cielo, in terra.. in mare. La tecnica delle proiezioni dà al racconto una organicità più irreale che logica. più visiva che cronistlca. Il moJJimento di massa e l' im,pasto collettivo sono ottenuti a chiazze, più pittoricamente che interiormente; motivo per cui prevalgono le scene agli esposti e la natu-ra interviene con la sua incombent'e vita nell'azione stessa, quasi protagonista o antagonista dell'opera. !-, 'esperienza del prosatore è qui dùminanle; e d/1 ciò certamente deriva lo stupore magico e tragico che avvolge uomini e cose in un'atmosfera di trasognamento e di poesia vissuta. GIUSEPPE IVILLAROEIL Pag. 7

L'ULTIMO VIANI Veramente « Barba e capelli » non fu l'ultima opera di Lcrenzo Viani. Giacque il manoscritto - per forza di cose - in una specie di quarantena e si vide passar innanzi il romanzo « Il Bava », le memorie « Le chiavi nel pozzo » e quasi anche la raccolta di poesie « La polla nel pantano » (Il qual libro il fato si compiacque di spezzare a metà, quando all'improvviso Viani morì mentr'era al Lido di Roma ad affrescare le sale di certo palazzo). Che però « Barba e capelli » dia modo di rammodernare i panni del Viani già noto, non credo. Certo la sua stampa non è un'idea peregrina - e si potrebbe dir di peggio - come quella del " Solus ad solam » dannunziano. Anzi, a riveder sott'occhio le singolari doti di artista di Viani con tutti i suoi « pro » e « contra », si prova piacere e interesse; e rivengono alla mente le nodosità della sua arte e del suo stile che i critici - per quanto su Viani si sian gettati come sul miele - non hanno ancora faIlo passare pei loro pettini. Intanto " Barba e capelli » è un'opera del tutto vianesca. A scorrer pagina per pagina una raccolta di quei suoi disegni, scarabocchiati, tutti un groviglio di filamenti nerigni, si prova la stessa impressione. Una fila di gente sbertucciata, lanuta, a piedi nudi, brache e casacca a sbrendoli o bugnate di toppe, con certi visi illutati e seppiosi, ,da parer appena sciaguattati nei fondigli dei pantani. Viani a incider con la penna o con lo stilo o col pennello i contorni di questa ciurma di gente, ci diguazza felice come un generale antico sul carro del trionfo. Figuratevi ora che in « Barba e capelli » egli ci descrive la bottega di barbitonseria a Viareggio, aov'egli da ragazzetto passò più di un anno in qualità di garzone. Non occorre qui riferire che un tempo le botteghe di barbiere, in provincia, erano il palcoscenico della città. Sui seggioloni girevoli a farsi scuoiare le guance o dipennare la zazzera ci passavano tutti : dall'accattarotti al maresciallo imbustato e baffuto. Non ci voleva altri che Viani in quell'ambiente per scolpirsi nella materia ancor tenera dell'anima i ceffi di quella processione d'ogni giorn.o. (Si pensi per farsene idea - a « Ubriachi », a « I •vàgeri »). Sono rimaste - a dir vero - nella mente di Viani anche le barbe fatte a personaggi illustri: a D'Annunzio, a Menotti Garibaldi, a Giacomo Puccini, a Leonida Bissolati; ma il gran mare del libro è fatto di quei volti accartocciati, di cui parlavo poc'anzi. E non vi so dire che aire prenda la prosa di Viani quand'è nel vivo della descrizione di quei pezzenti... S'arriva a certi « crescendi » da aver poi le orecchie rintronate per lunga pezza. A un certo punto, per esempio, descrive le facce dei suoi avventori; e tra cartilagini, fosse orbitali, lardo di ganasce e pomi di zigomi il fiato gli si fa grosso ed eccovi la sbottata finale : " tutte queste teste le ho rapate, sbarbate, tagliate, sgranate, sforbiciate, tosate. tirate, sgrassate, digrumate, impomatate, truccate». . Tanti participi, uno alle calcagne dell'altro, paiono F d . _propri9-t'CO.PJl 0 jldi cqpercti~in una banda d'ubriachi. on azione l"'(UTTI1 - r-om Pag. 8 Ma sarebbe iniquo far di Viani un bozzettista incancrenito traente origine dalla tradizione ottocentesca toscana; e non vale per le sue ,matterie gergali raffigurarcelo antiletterato, silvestre, quasi analfabeta. La sua prosa - lo so - è un calvario pei critici e, a metterci le mani, è così spinosa, rubesta e acre che si risente poi un dolicchiamento per più tempo. Eppur Viani è artista sincero che ha l'anima sorgiva. Val quindi la pena che su di lui s'indaghi. Intanto di sicuro si può dare un'avvertenza (che potrà forse tornar sgradita a Krimer che fu intimo del viareggino per molt'anni ed or pone una prefazione a « Barba e capelli »).: i libri di Viapi a ruba sulle bancarelle non andranno mai. Il che significa che l'autore de « I vàgeri » di popolare o popolaresco non ho neppur la vernice. Ogni buon critico sulle pagine di Viani s'è infastidito, perchè ha arrischiato più volte d'inzuccarsi nel più cieco labirinto della prosa dialettale, arcaica. marinaresca, vernacola, arcindiavolata. Qui mi risovviene una frase letta nel « Sodalizio con Viani » di Krimer : a chi gli faceva osservar le difficoltà di capire la sua lingua, diceva: « non voglio essere uno scrittore con ottocento vocaboli, ma con ottomila ». Giustissima aspirazione, che ogni scrittore dovrebbe avere! Ma è lecito chiederci dove Viani andasse a scovare quelle migliaia di vocaboli... Si dice che egli leggesse moltissimo, i classici sopratutto; che andasse ore ed ore per le contrade, le callaie, le botteguccie, tutt'orecchi, a cogliere il suono d'una espressione originale. E fin qui non vi sarebbe nulla .di men che lodevole. Va però notato che molte sue frasi. passate allo staccio lessicale, non hanno significato .alcuno : o perchè si ha di fronte una parola ignota ad ogni vocabolario e sfuggente ad ogni etimologia, o perchè - e il caso è frequente - molte parnle hanno, prese a sè. un significato ben diverso che nel i:;eriodo vianesco. Eppure a leggerla tutta di getto la pagina, una sua armonia l'ha, ed espressiva anche. Questo, a me pare, più che imperizia popolaresca è raffinatezza di gran letterato che tanto ha studiato la lingua e lo stile, da arrivare con essi a fare il funambolo. Certo chi pone le proprie risorse nell'audacia d'una tale prosa. dà il brivido d'un motociclista a cento tra una selva di birilli. E a vederlo v'è chi si diverte, e chi invece si infastidisce ·e va a guardar i pedoni su una strada larga venti metri. La qual cosa nulla toglie· al merito di Viani, ma dovrebbe far manifesto a Krimer e amici quanto sia vano far· recriminazioni sulla sensibilità del popolo... Questo stile - ritornando a « Barba e capelli " - il libro nuovo non lo smentisce, l'avvalora anzi con esempi vieppiù probanti. A cercar poi i precedenti di siffatto diavolaccio di scrittore, più d'uno già s'è sbaccellato. Di frequente in quest'ultimi tempi s'è fatto il nome cli D'Annunzio. Ma è una via da prendersi con passo di felpo, chè l'abruzzese in molte cose - e non tra le più esteriori - è mille miglia discosto da Viani. Tutt'al più vale il discorso che fece - or è qualche tempo - quel finissimo critico ch'è Pietro Pancrazi: mettendo a lato certi temporaleschi e stravaganti eroi delle « Novelle della Pescara » alla ciurma vianesca. Vero è però che dalle « Novelle della Pescara » a fare appena un passo indietro, si cade nel verismo nostro provinciale e campagnolo che non è poi sempre schiarito, staccato e impersonale come in Giovanni Verga. Bisogna ad ogni modo convenire ·che Viani dovette un filone delle radici sue abbeverarlo alla fonte d'una qualche corrente di verismo. La materia l'avrà poi ri-

vissuta e rammodernata a modo suo (e in questo senso a dargli stacco da tutti i suoi confratelli scrittori servì molto la si.la vita randagia e perfìn picaresca...). lo però - e l'ho riprovato proprio in « Barba e capelli ,, a leggere le pagine dedicate a avanzi di galera - non posso non pensare a certi vagabondi russi, che potrebbero anche essere quelli di Massimo Gorki. Non si dimentichi, a questo riguardo, che Viani visse parecchio tempo a Parigi nella gora letteraria dove s'intrugliavano le matterie di mezzo mondo. Però resta una cosa assodata, che Viani - abbia con più o meno voluttà aspirato le correnti esotiche che gli alitavano intorno - s'è in fondo conservato artisia generoso e caldo, d'una umanità tormentata, ma pur sempre pervasa dal soffio della poesia. Forse quel giorno avevamo sentito pe,· l'ultima volta lo scadere delle ore. Evitando i sentieri pieni di sassi e la strada larg3, percorsa dalle carrozze che portavano le signore a prendere il tè in cima al promontorio, ci consegnav~mo ancora intatti il disrncco eh~ ci eravamo preparati nelle lunghe pause dell 'esisrenza corrente. Se mi voltavo vedevo il mare _luccic.,nte sopra i retti delle ville; il mare era pieno di fiori e di piante ed una nave lontana stava fer- ·m1 lasciando una lunghissima striscia di fumo. Ed arrivare in cima al monte, dov0 non c 'enno più gli alberi a proteggerci, ma invece un sole fortissimo, nudo e im~ placabile, dove io e Clara avremmo potuto correre quanto volevamo1 sarebbe stato raggiungere il porto atteso, mai rifiutato ai nostri sogni della vig;Jia. L'erba era bass:1 e per larghi tratti arsa dal calore di que1l 'estate che ci riserbava il privilegio di abbandonare finalmente la nosta spoglia terUna poesia che ha il sapore della nostra terra e il salso del nostro mare. rena sui cespugli percossi dal vento che saliva dalla valle immersa già nella penombra. Clara cantava su motivi inventati; per me bellissimi, per voi lenti e noiosi, e I~ p:1role strane. pe, voi quelle erano gricb scompoGte. Con i capelli lisci e neri, le labbra ben di$egnate dal rossetto e un vestito sbiadito e leggero sulla pelle scura. Poi cominciammo a scender" perchè il tempo era cambiato. Un fuoco ,ardeva sulla collina e fumava placidamente, quelle rosse torri che viagav:mo neH'aria del tramonto mi riportavano ai ruscelli traditi delh mia campagna, alle siepi polverose, lungo il cammino dei buoi e dei carri pieni di fieno. Là mi sare: acquietato per un momento contemplando le offerte di quel paesaggio, gli spigoli rosa della fattori.a, le pietre appena bagnate vicino al pozzo, quello calma in cui si spegnevano anche le grida dei contadini ed il rumore delle ruote sui ponticel!i di legno. Ora le nuvole si MALTUS muovevano in alto spinte dal vento, volevano sfuggire all'insidia dei cipressi ed al richiamo invitante del mare. Una goccia di pioggia mi cade sulla faccia, finalmente posso ridere di un moscone che mi pass.'l davanti, ma non è un mcscone: è l'estate che è morta. lo non la potevo vedere, non avrei più visto, lo sape,vo, il morire delle stagioni da quando ero disceso dalle rosse torri del mio paese, dove si udivano canti lontani ed i! sole batteva tutto l'anno; mi sarei seduto sui prati ed avrei atteso per un tempo forse troppo protratto. Ma la mia colpa era grande e meritavo anche I 'abban·- dono e l'assalto continuo di una memorht senza sollievo. Davanti alla spiaggia, sul1'\ strada lungo la costa, le automobili passavano con un piacevole fruscio e nell 'ari:i bassa e calma si sentivano odori eccitan~i di asfalto, di benzina e di pesci. Un soffio passav,i nelle ore sospese su!lo sguardo incerto di Clam e le su~ gambe apparivano nella ~bbia alla m'a evocazione ripresa. Così io credo al miracolo di una memoria ritardata e mi perd,:, nelle imr.-.agini tanto più belle di ogni realtà presente. Daile finestre delle ville giungevano canti " musiche, noi che camminavamo adagio provavamo tutte quelle sensazioni con stupore, per noi lutto era nuovo ed era la prima volta che andavamo per le stradè degli uomini. Al potere, di un ricordo docile e rantastlco. ancorato forse a remote impressioni, wno pervenuto attraverso l'ansia e la delusione più volte patita di un 'evocazione perdura. Ultimo rifugio di ogni possib;Je sollievo dai rimorsi quotidiani, solo talvolta colorati dagli inganni spesso graditi ,aJ nostro interno bisogno di giustificativi ; perdersi è forse una viltà non concessa, un tradimento alle esigeme dei minuti. M~ a questa debolezza è bello indulgere per un amore dovuto alle regioni senza confini che credevamo ci fossero precluse da quandr. abbiamo varcato la ~oglia inavvertita dell:i fanciullezza. a però il pericolo alle azioni più elementari e potrebbe condurci ad un oblìo dcli 'essenza ·uman.1 che ci riveste e di cui andiamo ancora orgogliosi, fino al decadere di un volto e di una persona. Ai colori del paese sognato riserviamo l'attesa continua ed il sacrificio del nostro domani, i rimpianti ci lamenteranno perduti per più definite ambizioni ma potremo servircene per riconfermarci nel destino di fantasia che ci ha avvolti. Dimentichiamo l'impossibile sorte di glcria ! Non consentiremo il nostro inammissibile perdono :ai legami più evi~ denti, nudi ascenderemo come angeli inn,- momti del sesso. Edificando sulla presun:a materia terre.na il nostro mondo creduto e sconfitti dalla realta su di lei penseremo un altro vero timidi sognatori senza ideali. Solo così ;i nostro cadavere galleggiante sull'acqua lucida dal sole estivo sarà strano per il bue nero che ha sete. .'' f,egiuni ro11u1ue'' . Xilografia di Pecorari P. ZVETEREMICH Pag. 9 FondazioneRuffilli- Forlì

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